David Odiase ha 20 anni ed è un flanker della nazionale italiana u20 e della selezione espoirs dell’Oyonnax, squadra di ProD2 che probabilmente vedremo in Top14 dalla prossima stagione. In questa intervista a cura di Marco Serraiotto e Luca Riva, abbiamo voluto scoprire il percorso di crescita di David e le differenze tra il rugby in Italia e Francia.

David una domanda per rompere il ghiaccio, se dovessero chiamarti per fare l’attore in un film di guerra e il tuo ruolo è quello di caricare l’esercito prima della battaglia, vorresti essere in un remake di:
. Il signore degli anelli
. Il gladiatore
. Il trono di spade

“(Senza esitazione) Il gladiatore.”

Parlaci delle tue origini, il tuo primo club e di come ti sei avvicinato al rugby?

“Ho iniziato a giocare a 8 anni con il Crema Rugby e allo stesso tempo giocavo anche a calcio, quindi ho sempre praticato 2 sport fino a quando sono entrato in accademia nel CDFP di Milano cominciando il mio percorso federale. Il secondo anno ho cominciato a giocare a Colorno in cui sono stato aggregato alla prima squadra e ho esordito in Top10 con un Man of the match. Successivamente ho avuto la possibilità di essere convocato con la nazionale u20 e giocare con gli altri ragazzi dell’alto livello che venivano dal top 10 e le accademie, alcuni avevano avuto anche la possibilità di giocare in Benetton. Sono state grandi stagioni tra Colorno e u20, con soddisfazioni sia personali, che a livello collettivo nelle squadre in cui ho avuto l’onore di giocare. In nazionale abbiamo raggiunto grandi obbiettivi vincendo contro l’Inghilterra due volte, contro il Galles e contro la Scozia, poi sfortunatamente non ho partecipato alle summer series per un infortunio. Attualmente sono in Francia e gioco con l’Oyonnax, una piccola città di montagna a 50 minuti da Lione, ho la possibilità di giocare con gli espoirs nel campionato giovanile francese.”

Raccontaci l’esperienza del 6 nazioni e il tuo momento più bello

Il 6 nazioni è stata la mia esperienza più bella, ricca di emozioni e allo stesso tempo di motivazione. C’è stata molta voglia di mettermi in mostra, di giocare bene e di essere con il gruppo u20. Abbiamo cercato da subito di creare un “gruppo famiglia”, un legame di fratellanza e amicizia. Questi sono i valori che ci permettono di fare squadra e di affrontare ogni singola partita al meglio. Durante questo 6 nazioni abbiamo avuto alti e bassi e mi porto dietro sia le vittorie, che le sconfitte a bruciapelo, queste mi hanno permesso di capire quanto durante la partita ogni singola azione sia importante e bisogna essere performanti dal primo all’ultimo minuto per stare sul pezzo. Il mio momento più bello è stato dopo la vittoria contro la Scozia, eravamo tutti insieme in hotel a guardare la partita dell’Irlanda, perché avrebbe condizionato il nostro posizionamento in classifica. Quello è stato uno dei momenti più belli, abbiamo vinto la partita ed eravamo li a festeggiare per un terzo posto che, si fa strano festeggiare per un terzo posto, ma per la nostra storia rugbystica italiana questa è una cosa realmente importante. Per il secondo anno consecutivo siamo riusciti a raggiungere un grande obbiettivo. Mi ha fatto sentire veramente appagato e fiero del lavoro della squadra. Le sconfitte ti permettono di crescere, conosciamo il sapore della sconfitta e non vogliamo più sentirlo.”

Come ci si sente ad essere il pack più dominante del torneo?

“Mi sento orgoglioso di noi avanti, nonostante il risultato di qualsiasi partita posso dire che abbiamo dominato tutti gli altri pacchetti di mischia a mani basse. È il secondo anno consecutivo che la nostra mischia riesce a distinguersi e dominare le partite, mi fa sentire orgoglioso di me stesso e dei miei compagni. Abbiamo avuto un ruolo notevole nel nostro gioco, prima di ogni mischia e touche eravamo nel nostro flow, nella nostra bolla, ci siamo motivati l’uno con l’altro, ci guardavamo in faccia e ci ricordavamo i nostri obbiettivi, i momenti in cui abbiamo mangiato la merda e le sconfitte. Questo è quello che mi porto dietro e che mi rende fiero di essere stato parte di questo gruppo.”

La mischia italiana – fonte Under20SixNations

Effettivamente tante volte prima delle mischie, ti sentivamo incitare i tuoi compagni dal microfono dell’arbitro e gasava anche noi a casa.

“Si questo è un lavoro che mi piace fare, cerco di motivare quotidianamente la gente intorno a me. Prima di ogni mischia mi piace motivare i piloni e tutto il pacchetto, per farli entrare nel loro flow, in quello stato di concentrazione. Avere un compagno dietro di te che ti incita costantemente nei momenti più duri è fondamentale, quindi cerco di motivare sempre i miei compagni per dare il massimo.”

A proposito di questo volevamo parlare di quel video di te che carichi la squadra nello spogliatoio a Treviso, come gestisci questo ruolo da leader e motivatore all’interno della squadra?

“Prima di tutto cerco di essere il mio leader personale e poi di conseguenza cerco di trainare e motivare il resto del gruppo. Questa cosa riesco a gestirla bene proprio perché con il resto dei miei compagni ho un rapporto di sincerità, fratellanza e trasparenza assoluta. Ci siamo trovati più volte per cercare di risolvere le problematiche all’interno della squadra, è importante gestire sia gli aspetti all’interno del campo che quelli fuori dal campo. Cerco di aiutare i miei compagni quando hanno bisogno di una mano, ma anche solo per parlare e risolvere le cose insieme. Per essere performante al 100% bisogna avere la pace interiore, la mente libera da ogni pensiero, questo è quello che ci permette di fari grande cose. Ho gestito questa cosa con l’aiuto dei miei compagni, all’interno del gruppo il nostro ego è limitato e non ci mettiamo i bastoni fra le ruote, sono i valori del rugby che ci trascinano. Anche gli allenatori ci hanno dato una mano mettendoci sempre a nostro agio se avevamo bisogno di parlare, sono queste cose che hanno permesso a me ed altri ragazzi di gestire questo ruolo di leader nel gruppo. Quello che avete visto nel video è venuto spontaneamente, ma alcune cose me le ero già immaginate da tempo, soprattutto quando sono stato infortunato, mi immaginavo questo scenario di essere li negli spogliatoi a caricare i miei compagni. È stato molto frustrante vedere i miei compagni lottare da uno schermo, volevo essere li con loro. Il lavoro della visualizzazione è molto importante per connetterci al nostro presente e di conseguenza al nostro futuro, questo mi ha permesso di gestire il nostro lavoro in campo.”

Qual è il fattore x di questa U20? Quello che stupisce tutti è che riusciamo ad essere competitivi contro ragazzi di altre nazionali che già giocano in Top14 o Premiership, mentre tanti dei nostri giocano in serie A o Eccellenza.

“Il nostro x factor fondamentale è l’unione che ci lega, la coesione e il cinismo. Rispetto ad altre nazionali, non siamo un gruppo di individui, siamo noi nazionale u20 italiana, mentre loro sono dei singoli. Questo è quello che ci distingue dagli altri, pensare che siamo la nostra famiglia, la nostra tribù contro gli altri. Grazie a questi valori siamo riusciti a fare grandi cose, anche se avremmo potuto far meglio, c’è ancora un pò di amarezza in me, saremmo potuti arrivare più in alto, siamo consapevoli del nostro potenziale sia individualmente, che come gruppo squadra.”

Qual è stata secondo te la terza linea più forte del torneo?

“Non lo so, mi concentro molto su me stesso e sui miei compagni di squadra. Rispetto l’avversario, ma non lo temo quindi non bado troppo a quello che fanno loro, ma penso a quello che possiamo fare noi.”

Come ti prepari alla partita? Che musica ascolti, hai un tuo rito?

“Ascolto della musica e da poco ho trovato un nuovo metodo per caricarmi mentalmente ed entrare nel loop grazie ai video motivazionali e i podcast. Ascolto musica trap, rap, Linkin Park, ma anche musica deprimente per creare quello scenario di rabbia interiore da poi sfogare in campo. Una cosa particolare è che devo sempre giocare con gli scaldamuscoli, anche in allenamento, poi una preghierina prima della partita, ma gli scaldamuscoli sempre, da quando sono piccolo, inverno ed estate. Solo una volta ho giocato senza in una partita di Top10 contro il Piacenza e abbiamo perso.”

David Odiase dopo la partita contro il Galles – fonte RugbyPass

C’è una terza linea della nazionale maggiore a cui ti ispiri?

“Negri si è distinto rispetto alle altre terze linee, ha fatto un gran 6 nazioni.”

E per le altre nazionali?

“Ardie Savea e Josh Van Der Flier.”

Qual’è la cosa che ti piace di più nel giocare flanker?

“Cosa mi piace di più? Beh.. placcare (ride ndr). Placcare e cercare di dominare il contatto, ultimamente anche cercare di portare il pallone. La cosa più soddisfacente è placcare il 10 in ritardo dal lato cieco e condizionargli tutta la partita.”

Oltre che per le prestazioni in campo, si è parlato di te anche per quella famosa intervista del “working hard, eating shit”. Cosa pensi stia cambiando del rugby italiano?

“La cosa che sta cambiando è la consapevolezza che si può davvero fare qualcosa. Noi nazionale u20 siamo bene o male il riflesso della nazionale maggiore, le nostre prestazioni e il modo di giocare si rispecchiano. Con quella risposta nell’intervista cercavo di premere sul fatto che noi italiani siamo sempre stati l’ultima ruota del carro, è stato sempre così fino ad ora. Abbiamo avuto tanti momenti difficili, come tutti i giocatori, ma noi italiani rispetto agli altri dobbiamo faticare di più per essere rispettati, ma le cose stanno cambiando. Dobbiamo attingere da tutto il male che abbiamo subito nel passato e riportarlo in bene. Questo è solo l’inizio di un lungo percorso di crescita del rugby italiano, è un percorso graduale ma piano piano stanno arrivando i risultati. La cosa importante è il messaggio che si sta dando alle generazioni future, cioè che per giocare nella nazionale italiana deve si esserci la motivazione, ma anche un senso di appartenenza immenso, bisogna essere fieri di essere italiani, avere una passione sovrumana per giocare con questa maglia, la voglia di mettersi in mostra e di guadagnarci il rispetto che non abbiamo mai abbiamo avuto. Queste sono le cose fondamentali che ci portiamo dietro e lasciamo alle generazioni che verranno a giocare in u20.”

L’intervista di David Odiase – fonte Youtube

Quali differenze hai trovato tra le giovanili del Colorno e l’accademia di Oyonnax dove sei ora?

“Proprio oggi ho capito come funziona il rugby in Francia e di come funziona a livello giovanile. Non ci sono più i poli di formazione che erano circa 6 in tutta la Francia, essendo così pochi erano meno i giocatori che potevano accedere all’alto livello. Ad oggi hanno deciso che tutti i club di Top14 e qualche squadra di ProD2 devono avere le loro accademie, costituite dai club limitrofi della zona. In Italia il bacino di giocatori è più ristretto, per questo loro riescono ad essere più performanti rispetto a noi a livello professionistico. Con questo sistema danno la possibilità di crescere anche a quei giocatori che magari nelle under non sono dei fenomeni, ma che poi grazie al lavoro in accademia crescono e lo diventano. In Italia non abbiamo questa profondità, se si infortuna il 10 titolare e poi anche il secondo, ci mettiamo le mani nei capelli perchè alla fine sono quelli i giocatori che abbiamo tra Benetton e Zebre e questo ci condiziona molto. A livello giovanile c’è molta più organizzazione in Francia rispetto all’Italia. A Colorno stanno cercando di lavorare in modo diverso con i giovani, danno molta importanza alle under, soprattutto dopo la vittoria del campionato u19 élite. Hanno capito l’importanza di investire sulla formazione dei ragazzi delle giovanili con un gran lavoro della società e dello staff tecnico. Ho avuto occasione di vedere come lavorano in accademia Benetton tra palestra e campo, posso dire che c’è un ottimo lavoro da parte della società, è difficile paragonarlo con quello che vedo in Francia perchè ogni cosa ha la sua sfumatura, ad esempio nella Benetton gli infortuni sono gestiti meglio a livello giovanile rispetto a qui con gli espoirs. Il problema principale è che in Italia sono giusto 2 o 3 accademie vere, mentre in Francia è tutto il top14 e qualche squadra del ProD2, quindi 16 o 17 accademie e questo ti permette di sfornare molti più giocatori rispetto a noi italiani. “

Odiase in campo con Colorno – fonte @Gazzetta

Colorno ha scalato le gerarchie negli ultimi anni diventando una forza del Top10 nonostante sia un piccolo paese vicino a Parma. Quale pensi sia il segreto del loro successo?

Colorno è piccola, ma si punta tutto sul rugby. Per come l’ho vissuta io, posso dire che Colorno è una grande famiglia, si cerca sempre di aiutarsi, le persone sono disponibili e c’è un’ottima accoglienza. Per quanto riguarda gli ultimi risultati, questi sono arrivati grazie alla nuova gestione della prima squadra con l’allenatore Umberto Casellato e il suo staff. Poi sono arrivati dei nuovi giocatori, ma se guardiamo l’anno scorso siamo riusciti a piazzarci in una buona posizione nel campionato anche senza chissà che giocatori, la vera differenza è stata la coesione del gruppo squadra.”

Brunello in conferenza stampa ha detto che ti sei già ambientato bene con la prima squadra dell’Oyonnax che è prima in classifica e molto probabilmente salirà in Top14, quali sono le ambizioni della squadra?

“Si adesso sono aggregato con la prima squadra, avrei dovuto cominciare prima ma a causa degli infortuni ho dovuto aspettare. Mi stanno integrando bene e mi trovo molto bene qui. Attualmente siamo i primi in classifica con un bel distacco rispetto alla seconda e con la vittoria su Grenoble, ci siamo classificati per le fasi finali del campionato. Per l’anno prossimo, se saremo in Top14, non penso si punti ad arrivare primi in classifica, è sempre un percorso graduale, ma è una società molto ambiziosa che vuole farsi rispettare e farsi conoscere.”

Odiase in campo con Oyonnax – fonte OyonnaxRugby

Ci hai detto che giocavi sia a calcio che a rugby, come te la cavi con i piazzati? Quante volte in partita dopo un piazzato sbagliato ti sei detto “caspita, questo calcio avrei potuto farlo anche io, mannaggia!” Magari non usando questi termini?

“Sarò sincero, a piazzare non sono male. Non allenandomi più chiaramente la cosa si perde, ma fino a 2 -3 anni fa io piazzavo in u18 a Crema e mi è rimasto un pó il piedino caldo. Anche l’altro giorno stavo facendo una sfida contro il 9 dell’Oyonnax dai 22 e io l’ho messa e lui no, quindi ce l’ho ancora il piedino e mi piacerebbe piazzare, ma non credo mi verrà concesso. Poi quando in partita si sbagliano i calci, dentro di me pensavo “cavolo”, però il feedback che ricevi dai tuoi compagni può condizionarti la partita, quindi piuttosto cercavo di non pensarci e concentrarmi sul prossimo lavoro, non mi permetterei mai di dire qualcosa anche perchè potrei essere io il prossimo a sbagliare.”

Odiase dalla piazzola con il Crema Rugby – fonte CremaNews

Qual è il tuo sogno rugbystico e quello non rugbystico?

“Come sogno rugbystico quello di essere competitivi come lo siamo adesso, vincere contro le grandi nazioni, vincere il 6 nazioni, vincere il mondiale e vincere titoli a livello personale. Voglio vincere con la mia nazione e con i club con cui giocherò. Fuori dal campo, il mio grande sogno è quello di lasciare qualcosa al mondo, condizionare le generazioni future e lasciare la mia impronta, fare qualcosa di concreto non solo per l’Italia ma per il mondo, essere un esempio. Il come, mi verrà nei prossimi anni della mia vita, ma anche al di fuori del rugby, mi piacerebbe essere influente in modo positivo per i ragazzi della mia età e per le generazioni future. Tante volte ci perdiamo dietro le cose materiali e ci dimentichiamo delle cose importanti, come correre in campo con i tuoi amici, tornare a casa e trovare la tua famiglia, stare bene e aiutare sempre chi ti sta intorno.”

Cosa diresti a un ragazzino che gioca flanker in un club in Italia e sogna la nazionale?

“Non smettere mai di credere nei tuoi sogni, tutto può succedere. Lavora duro, lavora più degli altri e fai fatica perchè il lavoro paga sempre. Ci vogliono un sacco di sacrifici quindi mai smettere di credere in sè stessi, non importa se si viene rifiutati a una selezione, un “no” adesso può essere un “si” domani, quindi bisogna perseverare costantemente.”

Qual è il tuo obbiettivo per questo mondiale u20?

“Io lo dico perchè sono ambizioso, anche se abbiamo un girone molto difficile, ma è proprio il difficile che poi rende tutto più apprezzabile, quindi io dico di vincerlo sto mondiale. Questo è l’obbiettivo mio individuale e di tutti i ragazzi, tutto può succedere, anche per noi che siamo italiani, possiamo prenderci quello che vogliamo.”

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Un pensiero riguardo “David Odiase: l’ascesa di un leader

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