Giocare fra i grandi è sia un rischio che un’occasione per dei giovani atleti. Quanto aiuta a crescere?

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Uno shock. Ecco cosa hanno vissuto in molti quando l’Italia U20 ha perso contro la Georgia e successivamente contro le Fiji dopo la clamorosa ed epica vittoria contro i Junior Springboks. Le analisi sono poi state molteplici e molto differenti: c’è chi ha analizzato il game plan e chi le prestazioni dei singoli. C’è chi ha additato qualcuno di troppo eroismo e qualcun altro di troppo timore. Ma forse le cause sono un po’ più profonde di così ed in questo articolo proviamo ad analizzarle e capire realmente cosa potrebbe aver realmente causato questi risultati.

Tra noi e loro c’è un abisso. Anzi, le Alpi.

Sono i candidati alla vittoria del mondiale, sia quello di categoria sia quello dei grandi. I francesi hanno forse la filiera produttrice di giocatori di alto livello più prolifica ed efficiente dell’intera Europa, e forse anche del mondo. La struttura formativa francese è affidata completamente ai club, il cui apice a livello giovanile è il campionato federale Espoirs Elite a cui partecipano club professionistici e partecipanti almeno a livello Nationale. I giocatori che possono partecipare a questo campionato devono avere massimo 21 anni e fondamentalmente è la rampa di lancio verso il rugby professionistico. I club – ben 20 – che partecipano al campionato Espoirs Elite sono dotati di centri sportivi di altissimo livello e di accademie interne tramite le quali le giovani promesse vivono come dei professionisti, seguiti a 360° a partire dall’alimentazione sino al lavolo tecnico e di skills personalizzato. In più gli espoirs più meritevoli vengono spesso aggregati alla prima squadra – così come capitato a Mey e Odiase che ce lo hanno raccontato durante le interviste che trovate sul blog – ed hanno la possibilità quindi di confrontarsi con giocatori adulti ed esperti, per poi sperare di giocare qualche spezzone di partita e magari anche qualcosa in più. La Francia è quindi la nazione che fa maggiormente giocare i propri giovani anche al massimo livello di club. Dall’immagine qui sotto si può infatti notare come i giovani Under20 francesi abbiano giocato ben 273 partite in Top14, staccando nettamente i pari età inglesi – 55 match in totale per loro – e mostrando come gli azzurrini siano all’ultimo posto, con soltanto due partite all’attivo tra i grandi. Tra di loro spicca sicuramente il mediano di mischia Jauneau – di cui abbiamo parlato nell’articolo sui principali talenti di questo mondiale Under 20 – che ha fatto tutta la stagione di Top14 come prima scelta di un club come Clermont, giocando ben 30 partite tra tutte le competizioni, di cui 13 da titolare. Sicuramente il fatto che tra Top14 e Pro D2 – la seconda divisione – ci siano 30 squadre di alto livello aiuta nello sviluppo e nel game time dei giovani prospetti, soprattutto se comparato alla situazione italiana, in cui troviamo soltanto due compagini realmente professioniste e di alto livello come Zebre e Benetton Treviso, che fanno fatica a schierare molti giovani tra le proprie fila, e poi un campionato nazionale di soltanto 9 squadre – saranno 8 il prossimo anno – di un livello che non si avvicina minimamente a quello di URC nè tantomeno Top14.

La tabella mostra l’enorme differenza di impiego dei giovani al massimo livello tra Francia e altre nazionali. L’Italia fa meglio solo della Scozia, che però partecipa al Trophy – fonte Tier 2 Rugby su Twitter

L’eccellenza smeraldo

Se la Francia fa dei club la propria forza, affidandosi quindi ad una filiera più diretta, l’Irlanda si affida ad una struttura più piramidale nel cui vertice concentra i propri investimenti. Possiamo considerarle infatti due scuole di pensiero, due filosofie differenti che però garantiscono entrambe risultati eccellenti. In Irlanda i giocatori entrano a far parte di un percorso di selezione sin dalle scuole superiori, i cui club fanno parte di una delle quattro franchigie, che porterà i più promettenti a far parte delle Academy di Leinster, Munster, Ulster e Connacht. Una volta entrati a far parte delle Academy i giocatori iniziano ad allenarsi ad un livello superiore in cui vengono seguiti da uno staff di professionisti gestito direttamente dalle franchigie. Il sistema irlandese di accademie collegate alle franchigie permette di seguire un buon numero di talenti e di prepararli al professionismo sia fisicamente sia tatticamente creando una sinergia molto marcata tra il gioco espresso dal settore giovanile e quello della prima squadra. I giocatori irlandesi non hanno un grande minutaggio a livello di URC, ma il continuo allenamento in un sistema ben oliato e connesso permette comunque di avere giocatori competenti, ordinati e consci del compito che devono svolgere. Questo sistema è sicuramente più elitario, ed una volta perso il treno iniziale può diventare complesso recuperare terreno rischiando così di lasciare indietro talenti che sarebbero magari esplosi leggermente più tardi, a differenza invece del sistema francese, che risulta essere più democratico, anche se molto più competitivo. Un vantaggio invece a favore del sistema irlandese è quello di poter formare giocatori già pronti ad inserirsi all’interno di un sistema di gioco basato su principi che conoscono già da anni, e quindi riducendo effettivamente il gap tra giovanili e prima squadra. Come ben sappiamo anche l’Italia si è basata su un sistema simile, portato da Stephen Aboud e Conor O’Shea, che dispone di una serie di accademie federali (più info qui) e che ha permesso di produrre annate ed individualità importanti che ora ritroviamo come colonne portanti della nazionale maggiore più prestazionale degli ultimi dieci anni – ad esempio i fratelli Cannone. Due tra gli ultimi prodotti eccellenti di questa struttura sono Menoncello e Paolo Garbisi, ma anche terze linee come Manuel Zuliani o Giovanni Pettinelli.

Leinster Develpoment, la squadra giovanile della franchigia di Leinster – fonte Leinster Rugby

Com’è la situazione attuale in casa nostra?

Gli ultimi anni a livello di nazionale Under 20 – ma anche Under 18 e 19 – sono stati sicuramente ricchi di soddisfazioni e di traguardi importanti. Si è passati dall’essere costantemente in lotta per la retrocessione ad avere invece l’opportunità di arrivare addirittura a lottare nelle semifinali per la vittoria del torneo. Opportunità che quest’anno è svanita sotto i colpi d’artiglieria georgiani. Ma di questo ne parleremo più avanti. La federazione ha cambiato rotta recentemente – nel 2021, anno in cui Marzio Innocenti è stato eletto come nuovo presidente – passando da sistema centralizzato in stile Irlanda ad un sistema più di ispirazione francese (ne abbiamo parlato qui). Prima della nuova riforma infatti la FIR aveva creato 4 Centri di Formazione permanenti a Milano, Treviso, Prato e Roma a cui accedevano atleti under 18 selezionati in tutta la penisola, ed un’accademia – denominata “Ivan Francescato” in onore dello storico giocatore di Treviso e della Nazionale – a cui accedevano i migliori atleti usciti dai centri di formazione e non solo. La squadra dell’Accademia era iscritta al campionato di Serie A, permettendo così ai giocatori di accumulare game time. Questo sistema gestito ed ideato – come già detto – da Stephen Aboud ha portato ottimi risultati e lo sviluppo di molti giocatori che vediamo tutt’oggi vestire la maglia della nazionale e delle franchigie, raggiungendo l’apice con la nazionale under 20 del 2021 e 2022. Il 2022 è stato infatti il primo anno dei Poli di Sviluppo, ma la formazione dei giocatori facenti parte di quella rosa – dai 16 ai 19 anni – fu in mano ai vecchi Centri di Formazione, e quindi possiamo considerare quegli atleti come frutto del precedente sistema. Da luglio 2022 sono ufficialmente entrati in funzione i Poli di Sviluppo, che fondamentalmente delegano ai club la formazione di alto livello dei ragazzi under 17 e 18. Questi Poli di Sviluppo consistono in dei raduni di un numero importante di atleti presso le strutture di un solo club. Attualmente sono 10 e permettono, secondo la Federazione, di seguire un numero maggiore di talenti e di spargere maggiormente verso i club e la base le competenze raccolte negli anni di Accademie. Per i ragazzi di Under18 e Under19 vengono mantenuti soltanto 2 Centri di Formazione Permanente a Roma e Milano, in cui viene svolta un’attività definita Elite. I ragazzi all’ultimo anno di U20 vengono invece aggregati alle accademie U23 in seno alle 2 Franchigie di Zebre e Benetton. Non abbiamo ancora dati per poter giudicare questo nuovo sistema che sembra volersi staccare decisamente dal precedente ed avvicinarsi maggiormente ad uno stile più “francese” – cioè più incentrato sui club. Il problema che rimane da risolvere è però trovare modo di far giocare partite a questi giovani ragazzi in un campionato di alto livello, perchè in molti tra i convocati in nazionale hanno disputato poche partite tra gli adulti o in un campionato Under 20 di alto livello come può essere quello Espoirs francese.

Una slide esplicativa del nuovo progetto di formazione federale – fonte FIR

Formazione off-shore

L’Italia – sia a livello di Under20 che di nazionale maggiore – sente ora come non mai il fiato sul collo della Georgia. Una nazione che nell’ultimo decennio ha avuto un’evoluzione impressionante e che si può considerare oramai a livello di Fiji, Giappone, Samoa e tutte quelle nazionali nel limbo tra Tier 1 e Tier 2. La federazione georgiana non ha ovviamente il budget delle Union sopracitate, e quindi lo sviluppo dei propri giocatori viene spesso delegato proprio alla Francia ed alle sue importanti strutture accademiche. Questa strada è l’unica via che fino ad ora hanno avuto i giocatori georgiani per poter ambire ad avere una carriera professionista nel rugby. Inoltre, giocando per un certo numero di stagioni all’interno di centri di formazione riconosciuti, gli atleti guadagnano lo status di JIFF – Jeunes Issues de Formation Française – e possono così essere assunti più facilmente dai club più importanti. Proprio in Francia, tra campionato Espoirs, ProD2 e Top14, sono ben 15 i giocatori georgiani che calcano i campi da gioco. Di questi 15 ben 5 hanno già esordito a livello senior con Bayonne, Grenoble, Stade Français, Nevers e Tolone. Curioso notare come la maggior parte di questi atleti giochi in mischia, ben 12 su 15. Gli altri giocatori facenti parte della selezione georgiana U20 calcano ancora i campi di casa, giocando nelle squadre più importanti del Didi10 – il campionato domestico georgiano – mentre Kakhoidze è l’unico facente parte della franchigia dei Black Lion. Possiamo quindi già intuire quale sia la principale differenza tra i giocatori italiani ed i georgiani: il tempo di esposizione ad un gioco con giocatori esperti e quindi più veloce, più fisico e più tattico. Nell’ultima sfida tra le due nazionali nel mondiale U20 si è ben notata la maggiore precisione nei gesti, la migliore adesione ad un piano di gioco preciso ed un’ottima capacità di lettura delle situazioni e delle debolezze avversarie. Capacità che invece abbiamo potuto apprezzare soltanto a sprazzi da parte degli Azzurrini, incapaci spesso di correggere il tiro del match una volta scappato dalle mani e di cambiare strategia in corsa. Insomma, la Georgia non avrà il nostro budget e le nostre strutture, però ha trovato forse la via corretta per la formazione dei propri giovani: affidarla a chi sa farlo meglio di chiunque, e cioè la Francia. Non possiamo sapere se questo possa essere un percorso futuribile, è certo però che ad ora ha dato ottimi risultati e chissà cosa potrebbero fare qualora ricevessero più fondi in futuro. Insomma, dobbiamo guardarci le spalle, anzi dobbiamo guardarci affianco.

I festeggiamenti dei Lelos U20 dopo la vittoria contro gli Azzurrini al mondiale U20 – fonte OnRugby

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