Nel 2020, con l’avvento di Franco Smith, l’Italia ha fatto un repulisti generale di senatori in spogliatoio svecchiando notevolmente una nazionale che aveva problemi di età. Al Sei Nazioni successivo, gli azzurri erano fra le squadre europee con l’età media più bassa, circa 23 anni contro i 25-27 degli altri. Da allora sono passati due anni, nei quali la banda di ragazzini di Franco Smith e poi di ragazzi di Kieran Crowley ha perso molto ma anche vinto partite importanti, e in generale ha giocato in maniera più soddisfacente. Su tutte, inevitabilmente la prima della lista è Galles-Italia di Marzo 2022 al Sei Nazioni, seguita da Italia-Australia vinta a Novembre per 28-27. Non vanno però sottovalutate anche le vittorie di larga misura su Romania in estate e Samoa in autunno. Durante questi due anni sono emersi nuovi talenti come Paolo Garbisi (di cui abbiamo scritto un profilo), Michele Lamaro, Lorenzo Cannone, Tommaso Menoncello (autore di una grande scorsa stagione), Stephen Varney e Danilo Fischetti, solo per citarne alcuni. Ci siamo talmente abituati al fatto che questi sono i nostri giocatori da non renderci conto che si tratta di campioni giovanissimi per la media internazionale. Se è vero che l’età e l’esperienza vanno a braccetto, è altresì vero che l’una è necessaria per l’altra, e che i traguardi raggiunti da questo gruppo di giovani atleti è già notevole visto lo stadio della carriera in cui si trovano. Diamo uno sguardo più analitico alla questione.

L’Italia di oggi è un battaglione di ventenni
I giocatori nel mondo con meno di 23 anni e più di 10 caps internazionali si contano sulle dita di una mano. Beh, di tre-quattro mani, a dirla tutta, ma il concetto non cambia: si tratta di una cosa rara riservata a veri talenti generazionali. Circa un anno fa, RugbyPass ha provato a fare un XV con giocatori internazionali U23 di livello. Nessun italiano figurava in questa lista, composta effettivamente da nomi molto grossi che adesso, ad un anno di distanza, fanno parte del racconto quotidiano. Paolo Garbisi ha collezionato già 21 caps con la nazionale maggiore all’età di 22 anni, a cui vanno affiancati anche un Bouclier de Brennus con il Montpellier, una Rainbow Cup con il Benetton Rugby, e svariate prestazioni da protagonista assoluto. La sua capacità di leadership non deve però distrarre dal fatto che ha 22 anni: a quell’età molti giocatori dalle parti di Leinster stanno assaggiando il campo per la prima volta da titolari, figurarsi con la maglia dell’Irlanda. Stesso discorso si può fare per il Sud Africa: non è per nulla comune vestire la maglia degli Springboks prima dei 25. Tommaso Menoncello ha 20 anni ma già 4 caps con l’Italia ed è un titolare del Benetton Rugby. Manuel Zuliani, che ha solo due anni di più, sta avendo un arco narrativo simile. A 24 anni Michele Lamaro e Danilo Fischetti sembrano quasi dei senatori rispetto a loro, ma hanno più o meno lo stesso numero di caps di Garbisi (19 e 23), e più del 25enne Marco Riccioni (17). Lorenzo Cannone (21 anni), che ha debuttato con l’Italia in questa finestra autunnale, è stato uno degli atleti più sorprendenti del gruppo azzurro per tanti tifosi. Ange Capuozzo (23 anni), è stato premiato in questo novembre come World Rugby Breakthrough Player of the Year, un premio mai vinto da un italiano da quanto si assegna (dal 2015). Per fare un confronto alcuni nomi che l’hanno vinto nelle precedenti edizioni: Maro Itoje, Romain Ntamack, Will Jordan, Rieko Ioane. Fra i finalisti al premio negli anni passati anche atleti come Marcus Smith, Damian Penaud, Ardie Savea, Louis Rees-Zammit, e Herschel Jantjies: non roba da nulla. Questo discorso si potrebbe fare per quasi tutti gli atleti dell’Italia, fatta eccezione per una manciata di elementi di maggiore esperienza, fra i quali Tommaso Allan (29 anni, 66 caps), Federico Ruzza (28 anni, 34 caps), Edoardo Padovani (29 anni, 38 caps), e Ignacio Brex (30 anni, 16 caps). Fra i 27 atleti listati su Allrugby per la nazionale italiana, lista che esclude i last-minute call-ups e gli atleti invitati, ci sono ben 9 atleti di 23 anni o meno. Allargando il conteggio agli atleti fino ai 27 anni, si tratta di 16 atleti (59%). Ben 4 atleti hanno 20 o 21 anni, segno che il ricambio generazionale operato da Franco Smith è continuato con Kieran Crowley.

Il confronto con le altre nazionali
Basandosi sui dati disponibili su Allrugby, l’età media di questa nazionale italiana è 25.4 anni. Per confronto l’età media del Sud Africa (sempre tramite Allrugby) è di 29.4 anni, e quella dell’Australia è di 27.5 anni. La maggior parte delle nazionali forti nella top 10 mondiale hanno un’età media dai 2.5 ai 5 anni superiore alla nostra, il che si traduce in un maggior numero di caps, esperienza, abilità tattica, conoscenze sportive, e abilità nel decision making. Non è un caso che una delle caratteristiche dell’Italia degli ultimi anni sia stata l’incapacità di giocare allo stesso livello tattico per 80 minuti, compromettendo partite in cui si poteva anche vincere. Si tratta di saper prendere la decisione giusta, di saper controllare il gioco e i suoi tempi, tutte cose che si imparano giocando tanto, sbagliando tanto, e imparando dai propri errori. In quest’ottica, i risultati della nazionale italiana che sta finalmente dopo anni tornando ad appassionare il pubblico vanno visti con speranza e soddisfazione: ci sono stati grandi momenti come a Cardiff, Padova e Firenze, ma anche grandi tonfi come a Batumi. Da ciascuno di questi momenti il gruppo squadra è uscito sicuramente rafforzato, più consapevole dei propri limiti, dei propri mezzi, e delle proprie capacità. Un esempio è stata la capacità di reggere per 28′ contro gli Allblacks a Roma, difendendo strenuamente uno 0-0 che per gli ospiti sarà sembrato un compitino, ma che per noi ha significato prendere consapevolezza del fatto che la nostra difesa sa essere determinante anche coi migliori.

Dove abbiamo più esperienza?
Analizzando le età e i caps internazionali, i tight five del pacchetto di mischia sono un reparto dove siamo abbastanza esperti. Ceccarelli, Ferrari, Ruzza, Fuser e Sisi sono giocatori di 28-30 anni con esperienza da vendere, che possono insegnare molto ai più giovani come Fischetti, Nemer, Cannone e il nuovo arrivato Rizzoli, senza contare Marco Riccioni che al momento non è disponibile. Al tallonaggio abbiamo al momento i soli Lucchesi e Nicotera, il secondo 26enne ma non così esperto a livello internazionale. Sia Nicotera che Lucchesi, però, si stanno dimostrando ottimi tallonatori sia in URC che in nazionale. La terza linea è un reparto dove abbiamo svecchiato tanto, portando dentro Manuel Zuliani (22 anni), Lorenzo Cannone (21 anni), Michele Lamaro (24 anni) e l’esperto Toa Halafihi (28 anni). Ad essi si aggiunge Giovanni Pettinelli (26 anni). Proprio i nuovi Cannone e Zuliani sono fra i giocatori più interessanti della terza linea, segno che le nuove generazioni stanno apportando qualità al gruppo della nazionale. La speranza è che in futuro questo gruppo di terze linee venga popolato anche di giocatori delle Zebre come ad esempio Giacomo Ferrari dell’Italia U20. Il ruolo in cui siamo meno esperti è il mediano di mischia, con Stephen Varney, Alessandro Garbisi e Manfredi Albanese tutti sotto i 22 anni. Similmente, all’apertura abbiamo Paolo Garbisi e Leonardo Marin (22 e 20 anni) con il solo Tommaso Allan (28) a fare da chioccia. La mediana dell’Italia è però di qualità, con un Garbisi formato top player già a quest’età, e un Varney che ha mostrato un ritrovato smalto contro Samoa. Bisognerà però fare esperienza al numero 9, per gestire meglio certe fasi di gioco e diventare più imprevedibili. Ai centri siamo invece molto esperti, con Morisi (31 anni), Lucchin (27 anni), Brex (30 anni) e Menoncello (20 anni). Nonostante l’età, Lucchin ha esordito questo autunno in nazionale, ed ha dunque meno caps del giovane Menoncello. Si tratta però di quattro opzioni tutte di qualità alle quali si può aggiungere anche Marco Zanon (25 anni). Al triangolo allargato abbiamo il determinante Monty Ioane (28 anni), affiancato da Pierre Bruno (26 anni), Edoardo Padovani (29 anni) e Ange Capuozzo (23 anni). Ad essi, potenzialmente, si potrebbero aggiungere Federico Mori (22 anni), Mattia Bellini (28 anni), Jacopo Trulla (22 anni) e Matteo Minozzi (26 anni). In questo reparto possiamo mettere in campo sicuramente molta esperienza con Padovani e Ioane, creando i presupposti per provare molti giovani in un contesto dove al loro fianco ci sono giocatori più esperti. Nel complesso, la maggiore esperienza del gruppo sta nei tight five e nei centri, seguiti dal triangolo allargato. La mediana, invece, è affidata a dei ragazzinin dal talento eccezionale.

Trovare una cosa in cui siamo speciali
Il Sudafrica mette in campo una fisicità quasi impareggiabile. La Nuova Zelanda porta un free flowing rugby fatto di offloads, rapidità, gioco situazionale, e tantissime skills di base. L’Argentina è una bestia difficile da domare, con un carattere irreprensibile. Non puoi battere il Galles in Galles, puoi al massimo fare più punti di loro. E noi? Cosa definisce l’Italia, e qual è la sua caratteristica unica? È difficile da dire: un tempo era la mischia, temuta al Sei Nazioni anche quando la vittoria contro di noi era assicurata. A nessun pilone piaceva legarsi con Castrogiovanni e compagni, e facevamo affidamento su questo. Nella finestra autunnnale abbiamo sperimentato un nuovo modo di attaccare, descritto abbondantemente in questo articolo di OnRugby. Oggi ci sono altre caratteristiche che stanno emergendo nel gioco italiano, che sembrano essere punti in cui possiamo fare la differenza. Non si tratta di caratteristiche sviluppate a tal punto che sono chiari punti di forza, ma ci sono segnali incoraggianti. Il Benetton Rugby, ad esempio, è fra le squadre di URC con la maggior abilità in rimessa laterale e nel jackalling. Giocatori come Ruzza, Zuliani, Halafihi e Lucchesi fanno la differenza in questi aspetti. Ad essi si aggiunge Fischetti, pilone dalla grande mobilità e autore di un fetch che ha deciso la partita contro il Galles a Cardiff nel Marzo 2022. Siamo arrivati a un punto in cui Federico Ruzza è riconosciuto a livello internazionale per le sue abilità nel leggere la rimessa laterale avversaria, rubare il possesso, o semplicemente difenderlo. Un altro aspetto del gioco in cui non siamo da sottovalutare è il gioco al piede. Sempre la partita di Cardiff ha mostrato come potessimo mettere in campo ben 4 opzioni al piede di pregevole qualità: Garbisi per la tattica in gioco, Padovani per la lunga gittata, Marin come primo centro, e in quell’occasione anche Braley con i suoi box kicks. Nel test contro Samoa abbiamo provato a schierare Tommaso Allan come estremo, un po’ per costrizione, ma i risultati sono stati migliori del previsto e la doppia opzione al piede con Garbisi, senza però rinunciare a un primo centro di spessore (Morisi) ha dato i suoi frutti. Sarà dunque importante che nei prossimi mesi e anni l’Italia cerchi di sviluppare il suo gioco, quello che la rende unica.
Un pensiero riguardo “Quanto è giovane l’Italia rispetto alle altre nazionali?”