Gonzalo Quesada sa dare identità e solidità a squadre in difficoltà. Ci è riuscito coi Jaguares e con lo Stade Français, ci riuscirà anche con l’Italia?

Speedy Gonzalo

Nel mondiale del 1999, l’apertura dell’Argentina Gonzalo Quesada si ritagliava una fetta di notorietà grazie ai molti calci che lo portarono ad essere il maggior realizzatore del torneo iridato, e garantendogli il soprannome di “speedy gonzalo”. 38 caps in albiceleste, si è ritagliato una carriera di tutto rispetto da giocatore prima e da allenatore poi all’interno della galassia Top14. Narbonne, Beziers, Stade Français, Pau e Tolone le squadre in cui ha giocato.

Da allenatore, invece, passa prima tre anni come assistente in nazionale francese (2008-2011) e poi uno come assistente al Racing-Metro (oggi Racing 92). Nel 2012 la promozione a head coach, e nel 2013 il passaggio all’altra “milionaria” di Francia, lo Stade Français. Nella sua prima residence allo Stade Français (2013-2017) porta la squadra al titolo di Francia nel 2015 e alla vittoria della Challenge Cup nel 2017. Le prime esperienze da allenatore di Quesada sono sicuramente un successo, ma è in quella successiva che si consacrerà definitivamente.

Il successo coi Jaguares

Quando ha lasciato i Jaguares nel 2020, in Argentina c’è stato tanto rammarico. Quesada, ex-apertura dei Pumas a cavallo del cambio di millennio, è un personaggio che al rugby argentino ha dato tanto. Nel 2018, già da 4 anni head coach in Top14 (Stade Français e Biarritz) si prese la “briga” di tornare in patria per allenare la franchigia argentina dei Jaguares nel Super Rugby. Non è facile rinunciare ai lussi e agli agi della Francia ovale per allenare una squadra di rugby in Argentina fra mille difficoltà, ma lui quel ruolo lo ha accettato con sicurezza.

Nella stagione 2016/2017 l’Argentina si unì al Super Rugby con la propria franchigia: i Jaguares facevano il loro ingresso nella competizione rugbistica più importante del sud del mondo. Presero parte al girone che racchiudeva Sud Africa e Giappone, con le 4 squadre sudafricane che oggi calcano i campi dello URC. Dopo 2-3 stagioni di assestamento nel torneo, la squadra vide l’arrivo di coach Quesada nel 2018. Proprio nella sua prima stagione da head coach, i Jaguares riuscirono a raggiungere la finale del torneo battendo Chiefs e Brumbies nelle fasi finali, salvo poi perdere per 19-3 contro i Crusaders.

Il ritorno in Francia

La crescita strutturale del rugby argentino era evidente a tutti, ma i problemi finanziari erano dietro l’angolo e la pandemia non ha aiutato. La stagione 2019/2020 fu infatti l’ultima per la franchigia argentina e anche Gonzalo Quesada decise di tornare in Francia, dove aveva già allenato, di nuovo allo Stade Français. La squadra dei Jaguares del 2020 constava di nomi che ad oggi sono titolari inamovibili della rosa argentina. Più vicini a noi, però, è impossibile non menzionare Tomás Albornoz e Nahuel Tetaz Chaparro ora a Treviso, Emiliano Boffelli ora a Edimburgo, Sebastian Cancelliere e Domingo Miotti a Glasgow. Giocatori che, per due anni, sono cresciuti anche grazie al coach che ora verrà a Roma per rilevare il lavoro di Kieran Crowley in azzurro.

Al suo ritorno allo Stade Français, la squadra si trovava all’ultimo posto di Top14 nella stagione interrotta per il COVID. L’anno successivo sotto la sua guida chiusero al sesto posto, perdendo ai playoff col Racing, ma ritrovando una solidità impensabile 12 mesi prima. La storia si ripeté due anni dopo, quando chiusero al quarto posto e persero ancora ai playoff col Racing. Nel bilancio di 3 anni, però, sotto la guida di Quesada lo Stade Français aveva ritrovato smalto. Per sue stesse parole, però, la vita da coach di club aveva iniziato a pesare troppo al tecnico di Buenos Aires, alla ricerca di nuove sfide ma anche di un rapporto meno week in-week out con il rugby, e più incentrato sulla preparazione di competizioni ed incontri specifici. Insomma, era in cerca di un incarico con una nazionale; ed ecco che l’Italia si è affacciata alla sua porta.

Gonzalo Quesada alla presentazione con l’Italia – Six Nations Rugby

Una missione difficile

Da dopo il mondiale di Francia 2023, Speedy Gonzalo è il nuovo head coach dell’Italia. Un nome annunciato prima dell’inizio della competizione, gesto che forse ha mancato un po’ di rispetto per il lavoro di Kieran Crowley che nei due anni e mezzo di tenure ha saputo dare all’Italia gioco, identità e qualche soddisfazione. Nome però di assoluto valore e calzante per quella che è la situazione italiana. Molti talenti giovani (21-24 anni) da sviluppare in campioni di prima fascia per la prossima coppa del mondo, quella in Australia del 2027, quando avranno 27-28 anni e saranno nel loro prime.

“Quando ho iniziato a pensare a questa opportunità ho visto molte similitudini tra l’Italia e il mio percorso con i Jaguares. Un gruppo di giovani talenti che non avevano ancora vinto molto nel Super Rugby, ma che aveva una grande fame.”

Gonzalo Quesada, intervistato da Lorenzo Calamai per OnRugby

Lavorare coi giovani

I giovani giocatori sono come dei giardini zen: spesso il loro talento è composto da elementi che una persona qualunque potrebbe arrangiare in maniera caotica e disordinata, creando un guazzabuglio che vien solo voglia di cancellare. Una persona esperta, però, sa da dove partire. Sa come disegnare le righe sulla sabbia perché sembrino un tratto unico, come arrangiare le pietre in modo che diano la stabilità al tutto, e se tutto va bene, la composizione finale sarà un’opera d’arte. Già nel 2019 a Conor O’Shea pareva possibile che l’Italia emulasse il progetto Jaguares, e oggi a 4 anni di distanza forse si sta compiendo quella profezia. L’autore della stagione dei miracoli degli Jaguares approda in azzurro, ed è forse la persona giusta per preparare i nostri giovani a diventare rugbisti internazionali di primo livello.

La presentazione di Quesada – El Litorál

Cosa aspettarci?

Il lavoro di Franco Smith e di Kieran Crowley è stato volto alla creazione di un vasto gruppo di atleti “nuovi” da vestire d’azzurro prima, e a cui far fare esperienza poi. Giocatori che erano oggetti misteriosi nel 2019 oggi sono solide realtà come Lamaro, Niccolò Cannone, e per certi versi anche Edoardo Padovani e Federico Ruzza che seppur siano più avanti con gli anni hanno trovato continuità di rendimento in azzurro. Sono emersi giocatori generazionali come Tommaso Menoncello e Lorenzo Cannone, e starà a Quesada massimizzare il loro talento già in parte espresso. Dobbiamo, però, aspettarci prima di tutto una solidità difensiva che a tratti è mancata negli ultimi anni.

Come detto anche da Sergio Parisse, suo atleta allo Stade Français per molto tempo, Quesada è uno che alla difesa fa molta attenzione. Per attaccare bisogna prima difendere, e uno degli obbiettivi per l’ex-capitano azzurro dev’essere proprio quello di ridurre il numero di mete concesse. È dunque lecito aspettarsi, da questo cambio di rotta, che l’Italia passi dall’essere bella e perdente all’essere cinica, e capace di vincere qualche partita in più. Due degli aspetti di gioco in cui l’Italia ha sofferto di più al mondiale 2023 sono stati i sostegni ai raggruppamenti in attacco e i placcaggi dei trequarti in difesa. Aspetti fisici ma anche tattici, posizionali, errori che si commettono prima di tutto perché si è nel posto sbagliato al momento giusto (per l’avversario). In questo, siamo sicuri, Quesada porrà l’attenzione al suo primo Sei Nazioni da head coach.

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