La World League è un’idea emersa negli ultimi anni che ormai è data per certa dal 2026. Vediamone formato, pregi e difetti.

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Un ritorno di fiamma

Nelle settimane scorse è tornato alla ribalta un tema molto caldo degli ultimi anni, ovverosia quello di riorganizzare i calendari estivi ed autunnali delle squadre di rugby nazionali per farle giocare in maniera più strutturata. Una nuova competizione, insomma, come era stato tentato durante il Covid con l’Autumn Nations Cup, e proseguito successivamente con il brand Autumn Nations Series. Avremmo potuto scriverne prima, ma come redazione abbiamo preferito che i fatti fossero più chiari, i virgolettati più sicuri, i contorni più delineati. Volevamo, insomma, darvi un contenuto che poteste leggere con relativa sicurezza che non sarebbe invecchiato in una notte. Chiaramente non siamo sicuri che ciò che diremo in questo articolo sia ciò che vedremo nei prossimi 5-6 anni, ma sicuramente sarà qualcosa di simile.

Gli Springboks alzano la Webb Ellis cup nel 2019 (NBC News)

L’annuncio

Sabato 1 Luglio 2023, World Rugby ha annunciato l’imminente creazione di un nuovo torneo per squadre nazionali di Tier 1, denominandolo “World League”. L’annuncio recitava: “A new rugby union competition between tier one nations from the northern and southern hemisphere will be played every alternate year from 2026 to add a competitive edge to the July and November international windows, officials have confirmed” (più informazioni qui). Scomponendo il contenuto, si notano alcune cose:

  • Tier one: si parla solo delle squadre più forti a livello internazionale, delle “tier 2” si farà menzione dopo.
  • Every alternate year: Questa competizione inizierà nel 2026 e sarà ogni due anni, dunque 2026, 2028, 2030, ecc. I mondiali sono ogni 4 anni: 2023, 2027, 2031, ecc. I tour dei British & Irish Lions sono anch’essi ogni 4 anni: 2025, 2029, 2033, etcc. Si inserirà dunque all’interno di questo calendario senza soppiantarlo.
  • July and November: la competizione avverrà nelle finestre estive e autunnali, dove le nazionali già giocato 3+3 test match (a volte fino a 4+4). Non andrà dunque ad aggiungere partite al calendario.

Si parla poi di utilizzo della sessione estiva (Luglio) per giocare nell’emisfero sud dove fa più fresco, e di quella autunnale (Novembre) per giocare in quello nord. Cose, peraltro, che già avvengono più o meno così anche se senza una vera e propria strutturazione. Che cosa di questo formato ha scaldato gli animi, quindi?

I giocatori georgiani esultano sul campo del Principality stadium di Cardiff dopo aver battuto il Galles nel Novembre 2022 (Wales Online)

Dove sono le Tier 2?

Questa è stata la prima domanda. La risposta c’è stata: World Rugby si impegna a creare un torneo parallelo di nome “Challenger league” per le squadre considerate “tier 2” (talvolta a sproposito) che non prevederà promozioni o retrocessioni fino al 2030. Questo vuol dire che ben due edizioni del torneo (2026 e 2028) saranno “non comunicanti” col torneo parallelo, precludendo alle squadre di Tier 2 un confronto con quelle più forti come avviene spesso nei mesi di Luglio o Novembre. A prescindere da quali siano le vostre definizioni di Tier 2, sembra che per World Rugby le Tier 1 siano le sei del Sei Nazioni, le quattro del Rugby Championship, e due squadre invitate. Si è parlato di un transparent selection process che dovrebbe portare alla selezione di due squadre da aggregare alle 10 federazioni, ma la scelta con ogni probabilità ricadrà su due fra Giappone, Georgia, Fiji, Tonga e Samoa (probabilmente fra le prime tre). Per tutte le altre squadre, fino al 2030 non ci saranno grandi occasioni di test match contro le squadre di Tier 1. Non saranno completamente assenti, ovviamente, perché nel 2027 e nel 2029 non ci sarà questo torneo (che sarà ogni due anni). Saranno, però, molto ridotte come occasioni perché le federazioni di tier 1 in quei due anni avranno un mondiale da preparare o un tour dei lions da imbastire. Ergo, il risultato netto di questa operazione è un maggior confronto fra i soliti noti e un minor confronto con chi, a detta del vertice, non è altrettanto forte, e questo è ciò che ha fatto arrabbiare più persone (chiedete ai georgiani).

La gioia dei giocatori del Giappone dopo aver sconfitto l’Irlanda nei mondiali del 2019 tenutisi proprio in Giappone (Japan forward)

Non è una novità

Di World League se ne parla nel 2019 parlando di giappone e USA come squadre da aggiungere alle 6+4 dei due principali tornei per nazionali. Nel 2019 si parlava sempre 12 squadre totali, senza promozioni o retrocessioni, e all’epoca (prima di Batumi e Cardiff) la Georgia era stata esclusa tanto quanto le Fiji. Nel 2022 ne parlammo anche noi in un articolo mirato a ragionare su come includere gli Springboks nel calendario dell’emisfero Nord senza rompere gli equilibri del Sei Nazioni. Nel Marzo 2023 si è tornato a parlarne paventando già la formula del torneo che in questo mese di Luglio è stata confermata. 12 squadre, 6 del Sei Nazioni + 4 del Rugby Championship, 2 invitate, le quali dovrebbero essere Giappone e Fiji. USA e Georgia, in questo aggiornamento, probabili grandi escluse. Se per gli USA ci può stare vista la carenza di risultati roboanti, per la Georgia si tratta di un’esclusione che sà tanto di spocchia (almeno dal loro punto di vista, convidisibile). Hanno battuto l’Italia e il Galles nel 2022, e la loro U20 sta regolarmente competendo al massimo livello. Perché all’Italia viene dato accesso sicuro e a loro no? Sembra oggettivamente giusto dargli una chance ma la porta gli viene chiusa in faccia quasi senza spazio di dialogo. Nel Giugno 2023 dei reporter georgiani danno poi la World League per cosa fatta, con promozioni e retrocessioni dal 2030, e con Fiji e Giappone squadre invitate, confermando la loro esclusione.

Un’immagine della partita fra Italia e All Blacks avvenuta nel Novembre 2021 allo Stadio Olimpico (The 42)

Il formato

Sebbene non sia stato chiarito in fondo, si sà che ci saranno due pool da 6 squadre ciascuno contenenti 3 squadre del Nord e 3 squadre del Sud. Nell’anno successivo al torneo, ovvero quello in cui il torneo non avviene, ci sarà una finale fra le due vincitrici dei due pool (più informazioni qui). Immaginiamo due pool estratti a caso:

Pool APool B
EnglandFrance
ScotlandIreland
WalesItaly
New ZealandSouth Africa
ArgentinaAustralia
JapanFiji

Due possibili gruppi di nazionali che includano tre del nord e tre del sud, per facilitare la spiegazione del formato.

L’idea di fondo del torneo dichiarata da World Rugby è usare la finestra di Luglio per giocare nell’emisfero Sud e quella di Novembre per giocare in quello Nord. Inoltre, i confronti saranno solo ed esclusivamente di tipo Nord vs Sud. A Luglio, dunque, l’Italia dovrebbe giocare in trasferta contro tre squadre dell’emisfero Sud, mentre a Novembre dovrebbe ospitarle in casa (le stesse). Non è chiaro come avvenga la selezione degli avversari, ma è probabile che sia all’interno del pool e che dunque, fossero questi qua sopra i gruppi, l’Italia dovrebbe giocare contro Sud Africa, Australia e Fiji sia in casa che fuori. Le due squadre leader dei due pool a fine autunno 2026 (la prima edizione) si affronteranno poi nel 2027 in una finale. Il torneo successivo avverrebbe nel 2028, lasciando il 2027 per il mondiale in Australia. Curiosamente, la finale potrebbe benissimo essere fra due squadre dello stesso emisfero (e.g. All blacks vs Springboks) mentre tutto il torneo segue una logica di Nord contro Sud.

Uno dei famosi aerei che sorvolano lo stadio durante le partite del Sud Africa, un trend iniziato con la finale mondiale del 1995 e ripetuto spesso, anche alla prima del Rugby Championship 2023 con ben due aerei a sorvolare lo stadio (Lifestyle & Tech)

Un bene o un male?

Questo torneo rischia di stravolgere molto degli equilibri internazionali sportivi già precari. In meglio o in peggio non possiamo saperlo senza provare, ma intanto, per fare un esempio, nell’emisfero sud pensano già che forse non riusciranno a giocare il Rugby Championship d’estate come da tradizione e stanno pensando di spostarlo a Marzo più o meno come il Sei Nazioni. Sicuramente si tratta di una mossa “utile” per uniformare i calendari internazionali e sincronizzarsi tutti meglio. Tuttavia, ciò che noi chiamiamo primavera, per l’emisfero Sud ha i connotati dell’autunno, ed è una stagione in cui il Super Rugby è in piena attività. Siamo sicuri che ai tifosi dell’emisfero australe piacerà interrompere le partite di Super Rugby per vedere un torneo che prima riempiva un buco del loro inverno a Luglio?
Un secondo dubbio riguarda il pensiero poco lungimirante sulle squadre cosiddette di Tier 2. Quanto male può fare a una federazione in crescita come quella georgiana giocare ben due edizioni senza confronto con i migliori, dopo che hanno dimostrato più volte di poter competere anche al massimo livello? E non solo i georgiani: pensiamo alla quantità di talento a disposizione di Tonga o Samoa, che verosimilmente verranno messe nella “Challenger League”. Con questo torneo il rugby aggiunge sicuramente una competizione di grande valore a due momenti del suo calendario tipicamente “amichevoli” (luglio e novembre). Sicuramente farà più incassi e sicuramente avrà più ascolti e visualizzazioni che mai. Il prezzo da pagare, però, è il rischio di fare del gatekeeping eccessivo, bloccando l’accesso ai piani alti a chi se lo merita e rallentandone la crescita sportiva. Speriamo ovviamente di sbagliarci.

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