Nell’afa torrida di quest’estate trevigiana ho avuto il piacere di fare due chiacchiere con Marcus Watson, ala inglese in forza al Benetton Rugby, che quest’anno è approdato in Italia dopo cinque anni ai Wasps in Inghilterra.

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Marcus Watson (Coventry Telegraph)

L’arrivo a Treviso

Marcus è una persona veramente piacevole con cui conversare, per cui abbiamo parlato per più di un’ora senza rendercene conto. Inoltre, si tratta di una persona la cui vita al momento è parecchio frenetica, fra matrimonio e laurea.

“La prestagione quest’anno durerà di più per via dei mondiali, si tratta di un momento bello per ogni allenatore perché possono costruire gli schemi per la futura stagione con più cura e calma. Per me però è anche un momento pieno di cose da fare perché c’è stato il matrimonio di mio fratello [Anthony Watson] e fra pochissimo ci sarà il mio sulle rive del Lago di Garda. Inoltre devo anche difendere la mia tesi di laurea in Business e Leadership management alla Northumbria University”.

Chiaramente le giornate di Marcus durano 36 ore. Gli ho poi chiesto come si sta ambientando a Treviso, in termini di città e di gente, venendo da Londra.

“Mi ci sono abituato abbastanza velocemente devo dire, non pensavo. Penso che una delle cose che hanno aiutato di più sia che i ragazzi italiani sono davvero delle belle persone e ci hanno inclusi subito. In particolare Marco Lazzaroni, lui è davvero una leggenda. Poi per come funziona il rugby tutti parlano abbastanza bene inglese dunque è facile ambientarsi, tralaltro conoscevo già Callum McRae oltre che i ragazzi dei Wasps e Masi”.

Le nostre esperienze di vita sono simili, anche io vivo fuori dall’Italia da ormai quasi 8 anni e quando ero appena uscito mi pareva tutto nuovo, eccitante, ma anche un po’ imprevedibile. Per cui per forza di cose mi sono rifugiato all’interno di gruppi di persone con cui lavoravo o che venivano dalla mia stessa terra. Gli ho dunque chiesto di come si trova con l’italiano come lingua.

“Almeno non è pessimo quanto quello di Scotty [Scrafton]” dice ridendo. “Comunque non sono molto bravo. Sam Hidalgo-Clyne è veramente bravo invece, e pensa che ha iniziato con Scotty! Vorrei essere più bravo a questo punto”.

Spostarsi di nazione non vuol dire solo giocare in un nuovo campionato ma anche spostare la propria casa, la propria famiglia, la propria residenza fiscale, molte cose che spesso richiedono un enorme sforzo. Gli ho dunque chiesto come è andato il suo arrivo in Italia.

“Da un lato sembrava andasse tutto bene, dall’altro però c’è stato un problema con il mio permesso di soggiorno che ha rallentato tutto. Avevamo già mandato la nostra roba dall’Inghilterra a Treviso ma non potevo prendere l’aereo finché non arrivavano le carte. Ho dovuto spostare il volo tre volte. Dovevamo andare a vivere nella casa che prima era di Marco Riccioni, per cui Ceccato [team manager] mi ha aiutato a far scaricare tutta la nostra roba in casa prima che io arrivassi, è stato davvero una leggenda”.

Marcus Watson in maglia Wasps (PlanetRugby)

Il passato fra Wasps e London Irish

Come tutti sanno, a causa di problemi finanziari i Wasps sono finiti prima in amministrazione e poi falliti, ed è iniziato un vero e proprio esodo di giocatori. Come Watson anche Minozzi, Umaga, Odogwu e Fekitoa (nonostante abbia giocato a Munster l’ultima stagione) sono arrivati a Treviso ricreando un piccolo nido di vespe fra le vigne del prosecco. L’ambiente e lo spogliatoio non sono elementi da sottovalutare per un giocatore professionista, perché possono influenzarne fortemente le prestazioni. E dunque gli ho chiesto se la presenza di amici di mille battaglie in spogliatoio sia una componente importante del processo di ambientamento per lui.

“Non ci avevano detto niente a noi giocatori” mi dice incupendosi un po’. “Pensavo che sarei rirmasto lì a lungo, poi all’improvviso ci hanno detto che non c’erano soldi e che dovevamo cercarci tutti una nuova squadra. A quel punto Treviso ha bussato alla porta. MIa figlia aveva tre mesi in quel momento, e sia io che mia moglie abbiamo visto la cosa come un’avventura eccitante invece che come un rischio. Poi ogni tot tempo qualche altro ex-Wasps si aggiungeva, il che ovviamente è stato bello per me”.

Marcus Watson è stato però un prodotto dell’academy dei London Irish, altra squadra finanziariamente inguaiata in quest’estate 2023, che ha dovuto rilasciare tutti i suoi giocatori ed essere esclusa dalla Premiership.

“Ho sempre pensato che un giorno sarei tornato agli Irish e avrei chiuso la carriera lì dove l’avevo iniziata. Avevo questo sogno romantico, che ora purtroppo so che non si realizzerà mai. Il mio pensiero va in particolare ad alcuni giocatori che ormai avevano un’età ma che potevano ancora dare qualcosa e che dovranno ritirarsi dall’attività professionistica anzitempo perché non hanno molto mercato”.

Marcus Watson scores a well taken try at the Madjeski Stadium (courtesy of Michael Paler, newcastlefalcons.co.uk)

Il rapporto con gli allenatori

A proposito di ex-Wasps, non mi sono fatto sfuggire l’occasione di chiedergli qualcosa riguardo ad Andrea Masi, che nella scorsa stagione ha allenato i trequarti trevigiani e che nella prossima allenerà quelli del Tolone.

“Ovviamente Masi era già nel coaching staff di Treviso e quando nel corso dei mesi ho visto arrivare tanti ex-Wasps sospettavo ci fosse dietro lui, credo sia stato proprio lui la forza portante di questo massiccio arrivo di ex gialloneri. Devo essere onesto, Masi è veramente un grande allenatore. Sono estremamente dispiaciuto che non ci sia nella prossima stagione. È un grande coach ma è soprattutto una bellissima persona. Alcuni ottimi allenatori sono pessime persone e alcune ottime persone sono pessimi allenatori; lui è un’ottima persona e un ottimo allenatore”.

A quel punto, ho dovuto chiedergli cosa pensa di Marco Bortolami e del rapporto fra coach a Treviso che, alcuni dicono, non fosse idilliaco. Forse anche visto che l’anno prima era partito Paul Gustard e quest’anno è partito Andrea Masi, facendo scatenare le malelingue in elucubrazioni complottistiche probabilmente esagerate su chissà quali faide interne. Io, personalmente, credo che Tolone sia una piazza a cui non puoi rinunciare, e non ci sia molto di più di questo. E lo pensa anche Marcus.

“Noi giocatori molto spesso non vediamo quel che succede dietro le quinte fra i vari allenatori. Ma credo che fosse un’opportunità irrinunciabile.”

Abbiamo poi parlato un po’ di campo in relazione a Masi. Come molti di voi avranno notato, Treviso quest’anno ha giocato abbastanza bene con i suoi trequarti ma lo ha fatto soprattutto nella seconda metà di stagione. Momento nel quale proprio Marcus Watson ha iniziato a segnare mete a go-go. Gli ho quindi chiesto se si è trattato di un cambio di mentalità della squadra o se si è trattato di un cambio di tattiche, e chi ne fosse l’artefice.

“Masi crea delle strutture solide che possiamo seguire tutti, ma poi ci lascia decidere all’interno di queste strutture come approcciare le varie situazioni. Per esempio abbiamo fatto molte mete da set-piece che erano tutte cose strutturate e non gioco rotto, ma all’interno di queste strutture abbiamo sempre potuto agire anche un po’ d’istinto. Prendi per esempio Jacob [Umaga] o Tommy [Albornoz], sono entrambi aperture a cui piace correre col pallone, dunque Andrea li lasciava liberi di farlo e pretendeva che noi trequarti toccassimo il pallone il più possibile per valorizzare i nostri punti di forza individuali, come gli 1 contro 1 o bucare la linea. Nei primi 2-3 mesi di campionato molti di noi erano nuovi e non avevano ben presente gli schemi, ci è voluto un po’. Eravamo frustrati che le cose non funzionassero, ma poi hanno cominciato a ingranare.”

Bortolami è chiaramente un allenatore molto attento ai dettagli, molto esigente ma anche molto preparato. Ho cercato di capire come si trovasse ad allenarsi con lui e cosa gli piacesse del sistema messo in piedi a Treviso.

“Marco ha dei game plan molto dettagliati dai quali non devia facilmente ma che spesso funzionano bene. Ti ascolta se hai suggerimenti, non è detto che poi sfrutti quel che gli dici ma è comunque interessato alla tua opinione, non sei solo una pedina nella scacchiera. Quando giocavo a Newcastle c’era Dean Richards come head coach, il quale sostanzialmente si occupava solo di fare le selezioni settimanali e il mercato. Non c’era mai ad allenamento, delegava tutto, e prendeva decisioni a un livello più alto ma senza interagire coi giocatori. All’altro lato dello spettro c’è Bortolami che invece ci tiene ad essere coinvolto in tutto e vuole avere voce in capitolo in ogni aspetto di ogni cosa. Ti dice qualcosa di quanto sia competente, oltre che attento ai dettagli. Poi in termini di comunicazione il suo inglese è eccellente quindi spesso le istruzioni di gioco sono date in due lingue [italiano e inglese] così da capire bene tutti cosa dobbiamo fare. Noi stranieri comunque ormai stiamo imparando le parole italiane usate per descrivere le giocate quindi comunicare non è un problema”.

Il prossimo anno i trequarti saranno allenati da Alessandro Troncon, nostra vecchia gloria e attualmente skills coach. Un personaggio molto diverso da Masi, molto sanguigno e molto “trevigiano”, per così dire. Gli ho chiesto cosa ne pensa e se si trova bene con lui.

“Chiaramente abbiamo un po’ paura di questo cambio repentino alla guida ma penso sia normale, ce l’han detto da un giorno all’altro. Tronky [Troncon] si è trovato per le mani questo ruolo di backs coach un po’ all’improvviso, e dovrà fare molto lavoro in poco tempo. Per quanto mi riguarda, visto il poco tempo, rischia di non riuscire a impostare le cose a meno di non costruire un approccio più di dialogo con noi trequarti, arrivando a delle strutture solide insieme in tempo per la prossima stagione, costruendo sul lavoro che è già stato fatto”.

Andrea Masi in maglia Wasps, allenatore dei trequarti per Treviso nella stagione 2022/23, è stato tra i fautori degli arrivi di ben 5 giocatori ex-Wasps: Watson, Minozzi, Umaga, Odogwu, e Fekitoa. (PlanetRugby)

L’arrivo di Fekitoa

A quel punto gli ho chiesto cosa pensasse dell’arrivo di un asso internazionale come Malakai Fekitoa, anche lui ex-Wasps ma con un anno di Munster in mezzo e un titolo URC vinto da protagonista. A tal proposito, un po’ per stuzzicarlo, gli ho chiesto se gli ha chiesto spiegazioni riguardo a una foto postata su instagram con scritto qualcosa tipo “boys back together”, nella quale c’erano solo Fekitoa, Odogwu e Umaga (la prima in alto a sinistra qui, ma era nelle storie per cui non posso reperirla).

Ride. “Si gli dovrò dire qualcosa quando lo vedo in spogliatoio, perché nè io nè Matteo [Minozzi] siamo stati inclusi”. Lo dice però in modo bonario, segno che non c’è alcuna animosità fra di loro e anzi sono effettivamente giocatori che andavano d’accordo in spogliatoio. E riguardo alla convivenza con Menoncello e Brex nel ruolo di centro, mi dice “molta gente fuori dall’Italia magari non conosce bene Nacho [Brex] o Tommy [Menoncello], e potrebbero pensare che uno come Malakai possa entrare nella selezione titolare dritto per dritto. Ma la realtà dei fatti è che Nacho e Tommy sono due giocatori internazionali di valore assoluto e ci sarà sicuramente della rotazione fra loro tre. Ogni squadra che punta a obbiettivi importanti ha tre centri di valore, e uno come Fekitoa può giocare sia 12 che 13 il che lo rende molto poliedrico”. Parlando di combinazioni di formazione fra i centri poi continua. “La coppia Menoncello-Brex ha funzionato bene, ma vedo bene anche Menoncello e Fekitoa per avere un running game migliore in attacco, come anche la coppia Fekitoa-Brex per difendere bene, entrambi placcano come degli assassini [ride] per cui avremo sicuramente modo di adattarci bene agli avversari di volta in volta”.

Marcus Watson scored two first-half tries for Wasps in their defeat of hosts Bath (GETTY IMAGES, via The Telegraph)

Sconfitte, vittorie, ma sempre massimo impegno

Treviso ha aggiunto al muro della sala una scritta che mostra come la Challenge Cup e lo URC siano due obbiettivi societari a medio termine. Società ambiziosa, economicamente capace, con obbiettivi chiari per il prossimo futuro e a lungo termine. Partiamo però dalle sconfitte più brucianti di questa stagione.

“Le sconfitte di Glasgow prima (37-0) e Tolone poi (23-0) sono state amare ma ci hanno insegnato tanto. A Glasgow eravamo frustrati perché non funzionava nulla, a Tolone invece abbiamo dato tutto e ottenuto nulla, pur mettendo in campo ogni goccia di energia che avevamo. E poi ci sono quegli 8 minuti coi Lions in cui abbiamo preso tre mete. Dopo la seconda meta ricordo che sono tornato dietro la linea e ho pensato ‘ma che cazzo sta succedendo’ e poco dopo ne hanno fatta un’altra. L’ho trovato inaccettabile, soprattutto in una partita dove avevamo giocato così bene, anche i nostri giovani, mi ricordo Pippo Drago in particolare fece una bella partita. Il rugby però si gioca per tutti gli 80 minuti”.

Lo URC è una nuova esperienza per lui per cui ho indagato sul suo ambientamento in termini di campionato e avversari, data la sua grande esperienza in Premiership.

“Secondo me è una lega competitiva e ben organizzata, ci sono un po’ più di pause il che aiuta i giocatori a riprendersi fisicamente. La premiership è più week-in week-out senza sosta, a volte è estenuante. Ho giocato tanti anni in Premiership e gli avversari sono sempre gli stessi, avevo bisogno di nuove motivazioni. Sono felice di confrontarmi con queste squadre a me nuove e imparare di più giocando contro di loro”.

Uno dei problemi che abbiamo avuto a volte con atleti dal mondo anglo-sassone e celtico è che non si sono ambientati bene in Italia. Forse un po’ di supponenza? Non lo sapremo mai, ma gli ho chiesto cosa pensa di questa cosa, se c’è questa supponenza fra alcuni, e se ha cambiato percezione sul club dal suo arrivo.

“No direi di no, nessuno al giorno d’oggi direbbe mai che lo URC è una farmers league come si diceva una volta. Ci sono stati alcuni giocatori in passato di cui mi hanno parlato anche all’interno dello staff i quali non si sono impegnati a dovere, ma non è più così. Poi quando uno arriva e vede gente come Menoncello e Zuliani, giovanissimi, giocare come giocano, non può che dare il massimo. Credo che solo gente come Dupont potrebbe permettersi di ragionare così, e comunque non lo farebbe.”

Marcus Watson (NewsChain)

L’esperienza nel circuito Sevens

Marcus Watson nel 2012 prese la decisione di uscire dalla Premiership per tre anni e inserirsi nel circuito Rugby Sevens con l’Inghilterra. Rapido e forte fisicamente, era una buona occasione per esaltare le sue doti ed infatti ha racimolato ben 35 caps con la maglia inglese in quei tre anni. Ricordiamo che in Inghilterra il Sevens non è una disciplina parallela dove alcuni atleti vanno a fare minuti quando non giocano a 15, ma una vera e propria carriera separata. Dato che recentemente Dupont ha detto di star pensando a fare un anno a Sevens per fare le olimpiadi, gli ho chiesto della sua esperienza nel cambiare registro.

“È ammirevole quel che sta dicendo di voler fare, è il miglior giocatore del mondo per cui penso potrebbe fare quel che vuole in ogni caso ed essere il migliore comunque, ma denota coraggio. Quando abbiamo giocato le olimpiadi di Rio 2016, dove abbiamo preso la medaglia d’argento, c’erano alcuni giocatori del rugby a 15 nel giro delle nazionali Sevens che parteciparono al torneo olimpico. Mi ricordo Quade Cooper e Bryan Habana. Non gli avevano però dato molto tempo per abituarsi al Sevens. Ci sono molte cose cui abituarsi, ad esempio giocare varie partite di knockout di seguito, brevi ma non una sola. Non è scontato, serve fisico e testa per rimanere concentrati e caldi. Poi c’è l’aspetto fuori dal campo, perché fai un po’ la vita da rockstar girando il mondo e quando hai 19-20 anni è bellissimo ma ti stanca. Tralaltro il covid ha dato una bella mazzata al Sevens in generale, prima era trasmesso su Sky e ora no, e si fatica a reperire partite e informazioni come un tempo”.

Il Sevens in Italia è molto bistrattato, spesso riceve giocatori dal rugby a 15 per due settimane di preparazione, c’è in generale poca intenzione di renderlo una carriera possibile. Gli ho dunque chiesto cosa ne pensa.

“Un po’ un peccato se devo essere onesto. Ti faccio un esempio, Douglas che ora è via con l’U20 ha giocato nel Sevens e ho visto degli spezzoni, non ho dubbi che sarebbe un campione assoluto in quella disciplina. Magari facendo 2-3 anni nel circuito Sevens e poi tornando nel rugby a 15 come fanno tanti. Gli farebbe un mondo di bene e lo farebbe a tante persone, soprattutto vista la scarsa densità di club che c’è in alcune zone, riducendo il numero di giocatori necessari per fare una squadra. Guarda in Nuova Zelanda, i campioni spesso han giocato a Sevens, tipo i due fratelli Ioane o Ardie Savea, o anche Beauden Barrett. E sfido chiunque a dire che non siano bravi giocatori di rugby a 15”.

Marcus Watson in maglia inglese durante una partita di Rugby Sevens. (Sky Sports)

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