Il Rugby Club Toulonnais è senza dubbio un club che fa dell’attaccamento alle proprie tradizioni e ritualità, anche attraverso un’efficace strategia di brand marketing, un carattere distintivo.

Tempo di lettura: 15′

Fonte: RC Toulonnais

Scena 1 – Esterno giorno: panoramica urbana

Nel palazzetto sportivo un gruppo eterogeneo di persone, intente a passeggiare e scambiare quattro chiacchere come tra vecchi amici. Sonny sfoggia un arrogantissimo doppio taglio e la forma di chi ruba l’occhio in spiaggia; Delon anche lui super in forma, ma, come dire, più sobrio; Bakkies qualche chilo l’ha messo su, ma si sa che il biltong non è per le diete povere di sodio; Bryan sempre uguale, sorrisone e pacche sulle spalle; Drew e Matt qualche capello l’hanno perso e qualche ruga è spuntata, ma si sa che i biondi invecchiano; Johnny è pure biondo, ma è buddhista, fa una vita sana, non beve, si tiene in forma e non invecchia; Juan Martin si concede una chioma leonina e la barba più lunga di qualche anno fa, ma trovane di quarantenni così; Johann, ma per tutti è Joe, gli dai 10 anni in meno e tra tutti i sudafricani che conosci è sicuro il meno boer, con quella camicia non stirata fuori dai jeans, abbraccia e ride con tutti, perché comunque lui era il capitano, e che capitano. Poi ci sono Sergio e Mathieu che fanno da padroni di casa: Sergio come fai a non conoscerlo, Mathieu ai tempi era uno dei piccolini della gang.

Scena 2 – Esterno notte: panoramica stadio

15 Leigh Halfpenny; 14 Drew Mitchell; 13 Mathieu Bastareaud; 12 Juan Martín Hernández; 11 Bryan Habana; 10 Matt Giteau; 9 Sébastien Tillous-Borde; 8 Chris Masoe; 7 Steffon Armitage; 6 Juan Smith; 5 Ali Williams; 4 Bakkies Botha; 3 Carl Hayman (c); 2 Guilhem Guirado; 1 Xavier Chiocci; 16 Jean-Charles Orioli; 17 Alexandre Menini; 18 Levan Chilachava; 19 Juan Martín Fernández Lobbe; 20 Virgile Bruni; 21 Rudi Wulf; 22 Frédéric Michalak; 23 Romain Taofifenua. All: Bernarde Laporte.

Questa la formazione di una squadra che nel 2014 chiudeva un filotto di tre Champions Cup consecutive vinte partendo da zero. Questo momento ha rappresentato l’apice del RCT del magnate dell’editoria fumettistica tolonese Mourad Boudjellal, ambizioso, esplosivo, arrogante e vincentissimo. I tre volte campioni d’Europa, solo nel 2008 tornavano in Top 14 dopo un biennio di Pro D2. E solo l’anno prima, nella stagione 2013-14 si erano regalati la doppietta Top14-Champions Cup, con al numero 10 quel Jonathan Peter Wilkinson, per tutti Johnny, che fra le altre cose è Commander of the Order of the British Empire.

Tolone festeggia la Champions Cup del 2015 vinta contro Clermont – World in Sport

Tolone: la città della baia e dei mughetti

Per scendere in profondità nella storia e nella mentalità del rugby francese è necessario accettare un processo di sospensione dell’incredulità o, ancora meglio, farne propria la dimensione magica. Questa magia ci permetterà di capire l’attaccamento del tifoso alla propria squadra, il radicamento della presenza, avrebbe detto De Martino, soprattutto in una realtà fragile e instabile, com’è il Top 14. Nessun campionato al mondo ha la capacità di essere così barbaramente competitivo e sollevare un anno il Bouclier de Brennus non implica minimamente che la stagione successiva non si eviti la retrocessione all’ultima giornata. Non dobbiamo quindi stupirci se esistono miti fondativi e ritualità conosciuta e reiterata.

I colori della maglia, ad esempio: c’è un’aneddotica molto ampia sul tema, ma parrebbe che le maglie rouges et noires siano dovute a un match di campionato a inizio degli anni ’20, quando la squadra affrontò lo Stade Toulousain (forse l’unica certezza nel panorama della palla-ovale francese, prima o poi vincono loro). Si era agli albori del rugby e i giocatori non avevano maglie per giocare contro Tolosa: in puro spirito De Courbertiniano gli Haut Garonnais regalarono un set di maglie da gioco e da quel momento i colori furono rosso e nero. Verità? Finzione? Di sicuro una bella storia contando che una delle storiche rivalità dei tolonesi è con i rossoneri di Tolosa. Saranno così legate queste due grandi del Sud da arrivare a vincere contemporaneamente un trofeo, il Challenge Yves Manoir, nel 1934 (0-0, vincitori ex equo, ma uno 0-0 di quei tempi ti lascia in bocca il sapore del sangue mentre te lo immagini).

Il Rugby Club Toulonnais nel 1930 – Wikimedia

Di che riti parliamo invece? “Nous sommes les terribles guerriers du Pilou Pilou, qui descendons de la montagne vers la mer, Pilou-Pilou!” scandito prima delle partite allo Stade Felix Mayol. Un coro reso famoso da un’operazione di marketing di Boudjellal, che lo istituzionalizza come fattore identitario “ufficiale” dall’anno della sua elezione, una sorta di haka mediterranea per fare presa in un mondo del rugby molto sensibile alle danze di guerra pacifiche. In questo caso la leggenda vuole che questo coro, che riprende il nome di una danza tradizionale riservata alle grandi cerimonie claniche (religiose e sociali) dell’etnica Kanak della Nuova Caledonia francese, sia stato lanciato tradizionalmente, a partire dagli anni ’80, dalle squadre giovanili in caso di vittoria.

Diventa però il grido di guerra della tifoseria del RCT quando nell’estate del 2000, la squadra viene retrocessa in seconda divisione: ci pensano i circa trecento membri dei “Les Fadas”, gruppo di tifo organizzato tolonese, che dalla tribuna Bonnus partono con il coro che contagia il resto dello stadio. Quando la Ligue Nationale de Rugby vieta l’utilizzo dei megafoni negli stadi nel 2005 Eric Champ, presidente del club, ufficializza il Pilou-Pilou come inno del club, permettendo l’uso del microfono per lanciarlo: quando si dice essere contro il rugby moderno.

Lo stadio e il simbolo del club, poi, sono degli omaggi all’illustrissimo tolonese Félix Mayol, celebre cantante francese sui palcoscenici da fine Ottocento fino agli anni ’40 del Novecento, che fu mecenate del club della Rade. I fiori di mughetto emblema della società? L’artista era solito portarne un mazzetto sempre all’occhiello della giacca.

Tutti questi simboli formano il codice identitario del Rugby Club Toulonnais, una delle grandi di Francia, ma mai fino in fondo, con una storia fatta di allori (primo Bouclier de Brennus nel ’31, poi attesa di 56 anni fino al 22 maggio 1987, poi 1992, poi 2014), di cadute in ProD2, di finali e semifinali perse (per decenni la bestia nera faceva di nome Lourdes), di risalite e di speranze tradite. Se La Rochelle con il suo spirito protestante fatto di programmazione rappresenta il nuovo che avanza, se lo Stade Toulousain è quella squadra che sai già che se per caso non vince è solo questione di tempo, se a Castres e Montpellier a volte va bene, ma altre no, se Clermont è sempre lì e se le parigine quando decidono di mettere mano al portafoglio fanno saltare il banco, Tolone ha un carattere fumantino e individualista, fatto di grandi passioni per grandi giocatori. E pochi hanno saputo incarnare il genius loci della Rade come Mourad Boudjellal.

Lo Stade Felix Mayol – Ville de Toulon

Gli anni d’oro del grande Toulon

Lo RCT vive una stagione gloriosa tra le fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90, portando sulla Rade due Bouclier e frequentando i quartieri più alti del Top 14. Con l’avvento del professionismo nel 1995, Tolone, come diverse altre società storiche dell’ovale dell’Hexagone, affrontano grossissime difficoltà nella gestione di questa nuova dimensione, che porta alla retrocessione de jure del club nel 2000 (a fronte di un deficit di bilancio di circa 10 milioni di franchi, poco meno di 2 milioni di Euro). Seguono anni di ProD2, una promozione nel 2005 con contestuale retrocessione a fine stagione.

In questo contesto psicodrammatico, almeno per i tifosi, si fanno largo i due imprenditori tolonesi: Stéphane Lelièvre e Mourad Boudjellal. Il secondo, in particolare, terzo editore francese di fumetti con le Editions du Soleil, ha una visione quasi americana dello sport: inietta nel club una montagna di soldi portandolo a definire Tolone (in quel momento in Pro D2) “le 15e club de Top14” e crea un instant-team di stelle in grado di riportare i rossoneri alla massima serie nel tempo in cui di solito un cliente ti chiede un servizio qualsiasi: entro ieri. Per avere successo recluta spesso giocatori sopra i trent’anni pronti subito, capaci con il loro know-how rugbistico di portale a casa nel bene e nel male. Il primo anno vede la promozione sfuggire per un soffio nonostante in squadra ci sia gente come (tra gli altri), Tana Umaga e Santiago Quesada. Nel 2007 Mourad acquista anche le quote di Lelièvre, diventando l’unico presidente del club, festeggiando con un bouquet di nomi che avrebbero fatto spavento in Top 14, e invece siamo ancora in seconda divisione: George Gregan, Victor Matfield e Andrew Mehrtens. L’impasto lievita bene e a fine stagione il club ritorna definitivamente in Top 14.

Dal 2008 al 2015 Boudjellal costruisce un all star team senza precedenti e successori nel mondo del rugby, andando a mettere sotto contratto i migliori giocatori di entrambi gli emisferi. Sarebbe abbastanza sterile e anche un po’ noioso procedere anno per anno con la lista della spesa di tutte le stelle che hanno calcato il palcoscenico del Felix Mayol in quell’ordalia che l’imprenditore tolonese di origini algerino-armene ha imposto al rugby europeo. Per dare la dimensione di quel team di Galacticos è invece interessante osservare la guida in panchina: Monsieur Bernard Laporte. Laporte arriva sulla Rade il primo dicembre 2011 per sostituire Philippe Saint-André (che diventerà allenatore della Francia) con un curriculum che recita: otto anni alla guida della selezione nazionale, quattro Sei Nazioni di cui due da imbattuto (i Grand Chelem in francese, Grand Slam per i poveri mortali). Dicevano i francesi: bravo si, ottima la fase difensiva si, uomo di governo e di carisma si, ma non vediamo più quel “french flair” di una volta, quel “Jouez! Jouez!” quell’approccio alla fantasia amato moltissimo Oltralpe.

Ma non ci può essere nessuno meglio di Laporte per una squadra del genere. Come un allenatore di una nazionale seleziona i migliori nel ruolo e nel poco tempo che ha impartisce dei principi che gli atleti sono in grado di assorbire in breve tempo, così in una squadra di internazionali Laporte ha la capacità di gestire i migliori. Alcune linee guida (indiscutibili) e tanta legna: tre, quattro, anche cinque fasi predeterminate, superiorità fisica e atletica di un pacchetto di avanti a trazione sudafricana (oltre a Van Niekerk il vero totem era Danie Russouw, ma come non citare Bakkies Botha e Juan Smith) e l’uso di un set di bussolotti per creare il mismatch. Steffon Armitage e Mathieu Bastereaud formano una formidabile coppia di apriscatole. Il lavoro degli avanti è consumare ricevendo palla in velocità la difesa avversaria, per poi aprire le praterie a dei trequarti come Giteau o Mitchell. Piccola chicca: per velocizzare il gioco strutturato il mediano di mischia viene spesso sostituito da un altro trequarti più vicino al raggruppamento per dare più ritmo alle martellate degli avanti. Sulla base di questi principi, infinite variazioni di spartito, potendo approfittare del bagaglio tecnico delle singole individualità, ma tenendo sempre presente un punto fermo della “filosofia Laporte”: “Le rugby, c’est toujours pareil. C’est un – le combat, deux – le combat, trois – le combat”. Nella macchina da guerra messa in piedi dal duo Boudjellal-Laporte trova anche spazio un pezzo di Italia ovale: Martin Castrogiovanni, arrivato da neo-campione di Inghilterra con i Leicester Tigers, aggiungerà al suo palmares un Top 14 e due Champions Cup tra il 2013 e il 2015 (ne abbiamo anche parlato in passato).

La domanda viene quindi spontanea: il Tolone, nel suo regno della paura durato un triennio, è stata la squadra di rugby più forte di tutti i tempi? Tra le più forti sicuramente, ad ogni modo una squadra fortemente iconica a ogni livello (dirigenziale, manageriale, dei giocatori). L’idea di un instant team capace di atterrare come un asteroide sul rugby europeo e vincere tutto ha una dimensione anche romantica, se si vuole, e le indubbie capacità di Boudjellal a non limitarsi a creare una “supersquadra”, ma bensì un brand RCT che coinvolgesse anche il territorio della Provenza in una dimensione di rugby d’élite, sono stati dei veicoli verso un enorme successo. Ma come dicevamo qualche riga fa il Top 14 è un campionato che logora, dove un’innocua trasferta si può trasformare in un bagno di sangue, dove avere in rosa molti giocatori negli ultimi (spesso splendidi) anni di carriera alla lunga incide in termini di infortuni. Il gioco di Laporte abbiamo visto essere estremamente logorante, alla lunga, e la mancanza di un investimento continuativo di passaggio tra i giovani, i Crabos (nonostante una vittoria nel campionato Espoirs 2015-1016), e la prima squadra obbliga il club a investire sul mercato, a risultati alterni. Quando Laporte se ne va, si succedono una brevissima parentesi Diego Dominguez (un paio di settimane estive, parrebbe per non aver gradito il ruolo troppo protagonista del Presidente nella scelta dei membri dello staff tecnico), Mike Ford, Fabien Galthié (ex pupillo di Laporte ai tempi della nazionale francese e attuale selezionatore dei Blues), Richard Cockerill e, a partire dal 2018, quel Patrice Collazo che in sette anni aveva portato lo Stade Rochelais dall’essere una sana realtà del Pro D2 a giocarsela con le grandi di Francia e d’Europa. Molte fasi finali, vicende societarie discusse, necessità di nuovi capitali per gestire il monte ingaggi non più supportato dalle vittorie in campo: il viaggio di Mourad Boudjellal si conclude, non senza strascichi polemici tra dicembre 2019 e l’11 febbraio 2020, quando rassegna le dimissioni da presidente del RCT.

Mourad Boudjellal sul campo del Tolone – Actu.fr

Parce que Toulon: la nuova era

Il post-Boudjellal è un tempo di ricostruzione per una serie di ragioni. Pur rimanendo il terzo budget del Top 14 (38,290 M€) subito dietro ai colossi Stade Toulousain e Stade Français, gli investimenti del club si sono orientati anche su un rinnovamento infrastrutturale, in primis con la ristrutturazione del Campus RCT, un centro sportivo ultra all’avanguardia che ospiterà gli Springboks sudafricani durante la prossima Coppa del Mondo in programma per questo autunno in Francia.

A livello sportivo l’esperienza Collazo è stata fallimentare, complice un naturale ricambio generazionale delle rosa e le vicende societarie a monte. La linea del presidente Bernard Lemaitre, il cui fondo di investimento ha rilevato la proprietà del club, è quella di investire in modo più sistematico sulla formazione di giocatori dalle giovanili inserendoli in prima squadra. Rispetto agli anni ruggenti della presidenza passata questo rappresenta un passaggio fondamentale, che si colloca in continuità con le politiche della maggioranza dei club francesi, vuoi anche solo per una questione di minimizzazione dei costi. I quadri di questa squadra si trovano principalmente tra gli avanti dei rossoneri: il capitano Charles Ollivon, Mathieu Bastareaud (figliol prodigo dopo un tour geografico che l’ha portato a Lione e negli Stati Uniti prima di tornare convertito da centro a numero 8), Sergio Parisse (che in piena continuità con la tradizione della Rade di donare una terza/quarta/quinta giovinezza ai campioni dati per bolliti che indossano la maglia cittadina) e l’argentino Facundo Isa. Le maglie rossonere, per certi versi, sembrano che sulla riva della Costa Azzurra cadano sempre a meraviglia sui campioni over 30: su altri campi al di qua delle Alpi ne sappiamo qualcosa…

L’era Collazo si interrompe a causa di un gioco troppo orientato agli (termine tecnico) autoscontri, con uno scarso coinvolgimento degli avanti e risultati di conseguenza deludenti (oltre a sgradevoli esternazioni di diversi giocatori che chiedevano un game plan diverso). Al suo posto viene chiamato a prendere le redini della squadra, a fine ottobre 2021, Franck Azéma, enfant prodige di Perpignan, dove cresce da giocatore prima, da allenatore poi (vincendo un campionato come allenatore dei trequarti nel 2008-09) e dove, per nostalgia, tornerà la prossima stagione come capo allenatore. In mezzo, un Bouclier de Brennus nel 2017 (contro Tolone) e una Challenge Cup sulla panchina dell’ASM Clermont. A partire da questa stagione si affianca Pierre Mignoni, il quale, da tutta la sua vita rugbistica, intreccia il suo percorso con quello del RCT, prima come giocatore, poi come allenatore dei trequarti sotto il regno di Bernard Laporte dal 2011 al 2015 (con i titoli che sappiamo). Sette anni come allenatore principale del Lyon Olympique Universitaire (per gli amici LOU), portando “les Loups” dalla Pro D2 alla vittoria in Challenge Cup (contro Tolone). Dalla scelta della coppia è possibile aggiungere un tassello alla visione del nuovo corso di Lemaitre: nomi esperti a livello internazionale, tendenti a un gioco più arioso a maggiormente orientato al coinvolgimento dei trequarti della manovra e, indispensabilmente, con lo scalpo di Tolone preso in una finale.

2022-23: la risalita?

Il lavoro del duo Azéma-Mignoni in questa stagione ha dato indiscutibilmente i suoi frutti in termini di risultati. Forti anche di una campagna acquisti estiva molto importante, che ha visto arrivare a Tolone quattro quadri dello Stade Rochelais neo campione d’Europa (Danny Priso in prima linea, Mathieu Tanguy in seconda, l’apertura Ihaia West e il centro Jérémy Sinzelle), il giovane tallonatore Teddy Baubigny dal Racing 21, il centro internazionale fijano Waisea Nayacalevu dallo Stade Français e un cadeu di nome Dan Biggar a metà stagione, gli allenatori hanno condotto la squadra alle semifinali di Challenge Cup e in piena lotta per i barrage del Top 14. Invero la mano di Azéma si era vista già la stagione precedente, con un ottavo posto in campionato, ma una finale in Challenge Cup persa proprio contro il LOU di Mignoni.

Riguardo poi alla valorizzazione dei Crabos dell’accademia del club la svolta è evidente. Durante tutto il corso della stagione giovani come Warion, Halagau, Le Corvec in mischia, così come Domon e Dréan tra i trequarti hanno accumulato partite sia in campionato, sia nelle coppe.

La strutturazione del gioco varois elaborata dalla coppia di allenatori ha innanzitutto un macro-obiettivo: raggruppare il più possibile la squadra avversaria attraverso le cariche degli avanti per poi creare la superiorità a largo, dove i rossoneri possono godere di una mix estremamente pericoloso di ball carrier (Nayacalevu e Duncan Paia’aua) e opzioni esplosive al triangolo allargato, al netto degli infortuni: Kolbe, Villière e Wainiqolo, oltre ai sopracitati prodotti delle giovanili. In termini statistici non stupisce quindi che la maggior parte delle mete sia da ascrivere ai trequarti. Il gioco viene così declinato secondo alcune macro linee di sviluppo, delegando poi all’iniziativa del singolo un certo tasso di libertà.

  • Difesa: viene applicata sistematicamente una difesa rovesciata con l’obiettivo di tagliare la linea di passaggio avversaria. Altrettanto spesso sale una spia con due sostegni formando un triangolo in avanzamento; bloccato l’attacco avversario la ruck viene contesa rallentando l’uscita del pallone e permettendo alla difesa di stringersi, aumentando la densità per contestare il possesso. Se gli avversari superano la linea di difesa tramite calci trova spesso la squadra schierata con un 12+3 o anche un 11+4, mantenendo l’occupazione di tutta la larghezza del campo e permettendo a una transizione difesa-attacco molto rapida.
  • Attacco: Isa, Bastareaud, Nayacalevu in prima fase, apertura ai trequarti dopo. Che si tratti di una fase di gioco in campo aperto o una ripartenza dai set pieces Facundo Isa viene utilizzato sistematicamente come apriscatole contro le difese avversarie grazie a una grandissima aggressività e nella capacità di assorbire due o anche tre difensori. Bastareaud (quando schierato a numero 8) viene utilizzato pressappoco allo stesso modo come grinder sulla difesa (andando a riprendere quello schema di gioco molto utilizzato dal Tolone di Laporte). Contrariamente però ad altre squadre (su tutte La Rochelle) il ball carrier difficilmente cerca l’offload dando continuità all’azione. Questo tipo di attacco è funzionale a far metri e assorbire difensori/creare un break in profondità. Quando la palla supera il limes del mediano di apertura (e l’innesto di Biggar ha sicuramente portato maggiore imprevedibilità dei calci nel gioco aperto) il canale di attacco preferito è quello del secondo centro, che ricopre il ruolo assorbire la difesa lasciando spazi alle ali o al primo centro (non a caso Wainiqolo e Paia’aua sono i metaman della squadra con rispettivamente 13 e 7 segnature).
  • Set-pieces: in questa fase il RCT ha una mischia sicuramente performante, ma non dominante contro avversari che possono vantare dei pacchetti di avanti egualmente competitivi. Per quanto riguarda le touche, invece, vale la pena soffermarsi. I nomi da annotarsi sul taccuino sono quelli di Ollivon e, quando in campo, di Sergio Parisse. Sergio ha un’interpretazione completamente diversa dagli altri 8 presenti in rosa: chiaramente ha un livello meno abrasivo di ball carrying, ma in cambio apporta un playmaker ulteriore nel gioco aperto e la prima opzione al salto nei lineout. Nei propri 22 vengono schierate touche a quattro con un lancio sul secondo blocco di salto (presidiato da Ollivon) che scarica al mediano di mischia il quale, a sua volta, apre a una unit da tre avanti per fissare il punto. L’opzione di attacco in questo caso è un calcio dal box in profondità o, più spesso, un attacco sul canale del secondo centro, a cui è affidato l’avanzamento. A metà campo l’opzione è di touche a sei o un sei più uno inserendo il mediano di mischia al primo blocco: in ogni caso viene tenuto un avanti (Isa o Bastereaud) come primo ricevitore per attaccare la linea. Nei 22 avversari si privilegiano i sette uomini sviluppando una maul avanzante facendo entrare gli avanti in meta, strategia che ha portato a due segnature contro il Lyon nei quarti di finale di Challenge Cup. Per stessa ammissione di Azéma, la rolling maul dovrebbe essere uno schema maggiormente utilizzato anche in Top 14, potendo anche approfittare di un tallonatore come Baubigny (capace di segnare 9 mete nella stagione 2020/21).

La squadra è nel mezzo di un percorso di rinnovamento, sia in termini di organico, sia di filosofia di gioco. Nel corso della stagione, a un cammino di sole vittorie in Challenge Cup sono corrisposti alcuni alti e bassi, soprattutto durante la prima parte della stagione. Con 57 punti la classifica in patria recita quinto posto, con 12 vittorie, un pareggio e 10 sconfitte, in un torneo dove per tre posti per accedere ai barrage si affrontano almeno cinque squadre (assumendo che ormai Tolosa e La Rochelle sono irraggiungibili e, a meno di suicidi, anche lo Stade Français ha la qualificazione in tasca). Al quarto posto l’Union Bordeaux-Bègles (per gli amici UBB) è a 58, ma al sesto il LOU e il Racing incalzano a 56.

Le ultime tre partite (La Rochelle e Bordeaux in casa, Racing a Parigi) non sono sicuramente in discesa per la formazione varoise che, in un’ottica di crescita, ha l’obbligo di tornare ai playoff che mancano dalla stagione 2017-18 (in panchina un certo Fabien Galthié e un RCT con una rosa farcita di internazionali). Il cammino in Challenge vede in confronto con il Benetton Treviso al Félix Mayol come un anno fa e, almeno sulla carta, i francesi si presentano favoriti. Un finale di stagione quindi molto frizzante, anche per un Sergio Parisse che questa volta si ritirerà (purtroppo) veramente, ma rimarrà sulla Rade come allenatore, probabilmente della touche.

Lo speaker dello stadio intona il Pilou PilouRC Toulonnais

Il Rugby Club Toulonnais è in definitiva una squadra che non si può non amare, pur pieno di contraddizioni e di alti e bassi. Difficile immaginare che possa risuccedere un contesto di lucida follia come gli anni di Boudjellal, quando sulla Rade potevi vedere passeggiare le stelle del panorama rugbistico mondiale in successione continua. Le nuove campagne acquisti sembrano orientate a un approccio più francofilo (la prossima stagione arriveranno dallo Stade Toulousain le terze linee Selevasio Tolofua, fratello del tallonatore del RCT Christopher, e Yannick Youyoutte) e l’integrazione dei Crabos procede con ottimi risultati (segnatevi il nome di Marius Domon per i futuri fantarugby). Tolone ci insegna che all’improvviso è sempre capace di tornare sulla cresta dell’onda, coi suoi guerrieri che scendono dalle montagne al mare al grido: Pilou! Pilou!

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Un pensiero riguardo “I guerrieri del Pilou Pilou stanno tornando

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