L’Inghilterra arriva a questo 6 Nazioni con un grande punto di domanda sulle spalle. La partenza di Eddie Jones a Gennaio ha sconvolto la comunità rugbystica, soprattutto nell’anno del mondiale. La sensazione è che Jones si stesse preparando proprio a quel torneo, facendo vari esperimenti in questi mesi pre mondiale per aggiustare la squadra e finalizzare la lista giocatori da portare in Francia per il mondiale, se non altro per rifarsi della sconfitta in finale contro il Sudafrica dell’ultima edizione in Giappone. La nuova destinazione di Eddie Jones è l’Australia, mentre al suo posto l’incarico è stato affidato a Steve Borthwick, figura storica del rugby inglese con un passato da seconda linea tra Bath, Saracens, Leicester e i British and Irish Lions. Nelle settimane pre 6 Nazioni, Borthwick ha fatto un repulisti generale dello staff tecnico inglese, andando a sostituire alcuni dei profili tecnici ingaggiati da Eddie Jones, come Jon Clarke (preparatore atletico), Matt Proudfoot (allenatore della mischia), Brett Hodgson (allenatore della difesa) e Danny Kerry (coordinatore degli allenamenti). La preparazione a questo 6 Nazioni e l’adattamento dei giocatori ad un nuovo sistema di gioco, con i profili inediti ingaggiati da Borthwick è stata quindi una corsa contro il tempo.

Come stanno?
Lo scorso 6 Nazioni dell’Inghilterra è cominciato in salita, con una sconfitta per 20 a 17 in casa della Scozia, a cui sono seguite le vittorie contro Italia (0 – 33) e Galles (23 – 19). L’Inghilterra ha poi perso in casa contro l’Irlanda (15 – 32) e in Francia (25 – 13). Un 6 Nazioni disastroso, chiuso al terzo posto a pari punti con la Scozia penultima classsificata. Il bicchiere mezzo pieno è stata sicuramente l’ascesa di Marcus Smith nel ruolo di apertura, che con 71 punti è stato il giocatore a segnare di più in tutto il torneo. Nelle amichevoli estive di luglio, l’Inghilterra ha affrontato l’Australia 3 volte, vincendo 2 degli incontri. Le Autumn Nations Series sono state probabilmente il punto di rottura tra Jones e la RFU a seguito dei risultati deludenti: sconfitte contro il Sud Africa (13 – 27) e Argentina (29 -30), un pareggio contro gli All Blacks (25 – 25) e una vittoria netta contro il Giappone (52 – 13). Il parziale dall’ultimo 6 Nazioni conta dunque 6 sconfitte, 1 pareggio e 5 vittorie, risultati che hanno portato l’Inghilterra al quinto posto del ranking mondiale, dietro Sud Africa, Nuova Zelanda, Francia e Irlanda. La qualità dei singoli giocatori e il livello della Premiership non sono in discussione, ma sicuramente Borthwick e il suo staff sentiranno il peso delle richieste del pubblico inglese, affamato di vittorie e di riscatto internazionale, soprattutto nell’anno del mondiale. L’Inghilterra arriva a questo 6 Nazioni con una serie di infortuni importanti tra cui Dan Kelly (centro), Elliot Daly (estremo), Henry Slade (centro) e Courtney Lawes (seconda linea). A questi si aggiunge Jamie George (tallonatore) in fase di recupero dopo una concussion.

Doppio playmaker Smith – Farrell
Il dilemma principale nel racconto del rugby inglese in questo momento è quello della coesistenza fra Owen Farrell e Marcus Smith, entrambi talenti cristallini nel ruolo di apertura che sarebbe reato lasciare in panchina in qualsiasi incontro di rugby. Come ha scritto di recente Lorenzo Calamai in un bellissimo articolo, la coppia è sembrata funzionare bene sotto la guida di Borthwick contro la Scozia, sebbene il match sia stato perso. Owen Farrell è l’apertura dei Saracens, club pluridecorato londinese fra i top della Premiership, ma in nazionale si è trovato spesso a giocare come centro, prima al fianco di George Ford ed ora con Marcus Smith, fornendo un’opzione come secondo playmaker. Farrell e Smith sono due aperture molto diverse, con il primo più composto ed elegante e il secondo invece eclettico e imprevedibile. Il duo Smith – Farrell ha totalizzato 8 partite dall’estate 2022, con un bilancio negativo di 4 sconfitte, 3 vittorie e 1 pareggio. Questa convivenza ha sollevato polemiche tra i tifosi inglesi, fra i quali spicca Andy Goode, ex-apertura proprio dell’Inghilterra, che ha espresso il suo disappunto a riguardo tramite il suo podcast The Rugby Pod e il suo account twitter. I tifosi inglesi probabilemente avrebbero voluto vedere uno fra Farrell e Smith al 10,e in posizione di primo centro Manu Tuilagi o Dan Kelly, il primo scartato da Borthwick e il secondo purtroppo infortunato prima del 6 Nazioni. Sarà davvero interessante scoprire le scelte di Borthwick per la sfida contro l’Italia, sfida che l’Inghilterra non può permettersi di perdere dopo la sconfitta contro la Scozia. Un risultato del genere sarebbe storico per i nostri e di certo farebbe sorridere un certo Eddie Jones in Australia.

Ultime contro l’Italia
Inghilterra e Italia si sono incontrate 29 volte nel corso della storia del rugby internazionale, 29 partite vinte sempre dall’Inghilterra. La prima partita risale al 1991 a Twickenham finita 36 – 6 e ci sono stati risultati con margini molto larghi come il 80 a 23 nel 6 Nazioni del 2001, ma più volte siamo andati vicini alla vittoria come il 15 – 19 nel 2012, in uno stadio Olimpico innevato che ci ha fatto sognare con la meta di intercetto di Tommaso Benvenuti. Impossibile non menzionare la sfida a Twickenham del 2017 in cui l’Italia di Conor O’Shea, Mike Catt e Brendan Venter sorprese tutti con la “Fox”, una breccia nel regolamento di World Rugby poi prontamente aggiustata. La “Fox” ha giocato sulla regola prevista nei punti d’incontro: quando l’arbitro chiama una ruck, si crea una linea invisibile per la difesa dietro l’ultimo piede del difensore impegnato nella ruck, ma se la squadra in difesa non impegna nessun difensore all’interno della ruck, a quel punto la linea non esiste più, per questo abbiamo visto i vari Parisse e Gori andare a difendere direttamente tra le fila dell’attacco inglese, con i giocatori britannici completamente disorientati e confusi su quello che stava succedendo in campo. Portare a casa una vittoria contro l’Inghilterra, che del rugby ha dettato le regole, grazie alla “Fox”, sarebbe stata una soddisfazione immensa, ma durante l’intervallo qualcuno deve aver spiegato ai giocatori inglesi come arginare la strategia dell’Italia e la partita finì 36 a 15.

Stile di gioco
attacco
Non ci sono molte partite su cui giudicare l’Inghilterra di Borthwick: una per la precisione, quella persa contro la Scozia. Sarebbe un disservizio verso voi, gli inglesi e Borthwick stesso prendere una singola partita per trarne delle conclusioni generali. Grazie alla sua lunga permanenza ai Leicester Tigers, Borthwick è noto per il suo massiccio utilizzo del gioco al piede per risalire il campo e portare la pressione difensiva nella metà campo avversaria. Dopo pochi minuti nella partita con la Scozia questo era già visibile (guarda qui). Per gli amanti del calcio, questo vi ricorderà senz’altro il gegenpressing dei laptop-trainers tedeschi come Jürgen Klopp. Se la difesa sale velocemente, un calcio ben piazzato diventa una patata bollente per chi lo raccoglie, che si trova improvvisamente di fronte flanker e centri lanciati a palla di fuoco e pronti a placcare per riconquistare subito il pallone. Aspettiamoci dunque una partita in cui il duo Farrell-Smith le proverà tutte per mettere il pallone nelle mani del non gigantesco Ange Capuozzo o delle ali. Proveranno inoltre sicuramente a infilare delle 50-22 alle spalle del nostro triangolo allargato, quando esso salirà. Servirà grande abilità tattica, che porterà verosimilmente Tommaso Allan a giocare più basso rispetto alla linea degli avanti per dare una quarta opzione nel contest aereo. Palla in mano, invece, l’Inghilterra attacca molto spesso con due pod da tre avanti associati ciascuno ad un playmaker (Smith o Farrell). I dettagli, se siete curiosi, li trovate in questo bell’articolo su OhVale. In brevissimo, i pod guadagnano terreno sfondando mentre Farrell e Smith testano la capacità della difesa di muoversi da un lato all’altro delle ruck che si formano. Appena si crea una crepa, è tempo di assestare un bel calcio all’ala, come nel caso della meta di Malins contro la Scozia.
difesa
La difesa dell’Inghilterra è un cantiere aperto. Con i grandi cambiamenti nello staff tecnico, difficile pensare che abbiano meccanismi già rodati e funzionanti su cui fare affidamento come ad esempio l’Italia con le salite rapide di Brex e Lamaro. Sul talento individuale dei giocatori, però, non si discute. Itoje è una delle seconde linee più temute per la sua abilità di bloccare box kicks e disassare maul. Ellis Genge è un pilone molto mobile e intelligente capace di leggere bene le giocate e placcare in modo strategico. Questa superiorità tecnica sarà particolarmente visibile contro l’Italia, dove proveranno a farla valere in ogni circostanza. Una cosa emersa dalla sfida con la Scozia è stata la volontà di togliere il respiro e il pensiero al loro primo violino Finn Russell, giocatore geniale, eclettico ma anche umorale. Contro l’Italia probabilmente proveranno a fare lo stesso su Tommaso Allan e Stephen Varney, quest’ultimo spesso sensibile alla pressione e talvolta colpevole di alcuni ritardi nei boxkicks che hanno portato a situazioni di meta (e.g. Dupont al minuto 2′ contro la Francia). Un punto debole della difesa inglese è a volte la disciplina al placcaggio di alcuni atleti, su tutti Owen Farrell. Nessuno si augura di vedere un placcaggio alto, chiaramente, ma non sarebbe la prima volta e potrebbe lasciare gli inglesi con l’uomo in meno. Infine, gli inglesi fanno largo uso del placcaggio doppio, anche se spesso li porta a sacrificare un uomo in più in ruck rispetto alla linea della difesa. Questo aumenta le chance che il placcaggio sia dominante e che uno dei due giocatori (o un terzo, spesso Itoje) possa tentare di mettere le mani sul pallone per rubarlo. Contro l’Italia dovranno stare attenti su questo aspetto, perché gli azzurri contro la Francia sono stati particolarmente bravi a ritenere il pallone, cosa che ha mandato in crisi i francesi, come si è visto dal discorso di fine primo tempo di Fabien Galthiè e Shaun Edwards ai suoi. Gli inglesi, però, non sono altrettanto fallosi in ruck, per cui questa tattica potrebbe pagare.
Cinque top players
Marcus Smith
apertura, harlequins
23 anni
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Marcus Smith è un’apertura inglese di origine filippina, è stato il secondo più giovane esordiente della Premiership (dietro a George Ford), quando fece il suo esordio a 18 anni in Harlequins vs London Irish nel 2017, per poi prendersi il primo cap con l’Inghilterra nel 2021. Smith è un talento puro, in grado di trovare spazi tra la difesa e inventarsi giocate che sembrano venire dal rugby a 7 o addirittura dal rugby touch. Le sue skills e la sua visione di gioco gli hanno fatto prendere la pesante maglia numero 10 dell’Inghilterra, sorpassando prima George Ford e poi Owen Farrell nelle gerarchie e meritandosi una convocazione con i British and Irish Lions nel tour del 2021.
Maro Itoje
Seconda linea, saracens
28 anni
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Oghenemaro Miles “Maro” Itoje è uno dei giocatori cresciuti nella accademy dei Saracens, squadra di Premiership con la quale ha debuttato nella stagione 2013 – 2014. Nello stesso anno ha capitanato la selezione u20 dell’Inghilterra fino alla finale della Junior World Cup. Nel 2016 debutta contro l’Italia al 6 Nazioni e vince il titolo di European Player of the Year. Nel curriculum può contare anche 3 caps con i Britsh and Irish Lions. Itoje è un giocatore fisicamente importante, una seconda linea leader della touche inglese e in grado di rompere la linea di difesa avversaria con le sue cariche.

Ellis Genge
Pilone, bristol bears
27 anni
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Ellis Genge detto “Baby Rhyno” è un pilone in forza al Bristol. Genge è un pilone dinamico in grado di farsi sentire sia nelle fasi statiche, che in mezzo al campo, dove riesce spesso a battere i difensori grazie alla sua prepotenza fisica. Ha esordito con l’Inghilterra nel 2016 nella vittoria contro il Galles, nello stesso anno ha vinto il “Land Rover Discovery of the Year” grazie alle sue prestazioni. Durante il college ha sempre giocato n.8 e ha fatto parte di quel famoso Hartpury College da cui sono passati anche i nostri Jake Polledri, Sebastian Negri e Stephen Varney.
Max Malins
ala, saracens
26 anni
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Maxim Hugo Malins ha cominciato a giocare a rugby a 6 anni ed è stato scoperto da uno degli scout dei Saracens durante una partita fra scuole. Si è unito all’accademia dei Saracens a 16 anni e, a parte un prestito a Bristol (19 presenze e 90 punti), non si è più spostato dalla squadra nero – rossa di Londra con la quale conta 29 presenze e 109 punti. Il talento di Malins gli ha permesso di entrare nel giro della nazionale inglese già dalla u18, nel 2016 vince il campionato del mondo u20. È un giocatore poliedrico, in grado di giocare anche apertura, centro ed estremo, questa capacità di leggere il gioco gli permette spesso di farsi trovare al posto giusto nel momento giusto. Lo dimostrano le due mete segnate alla Scozia nel primo turno del 6 nazioni 2023.

Owen Farrell
apertura/centro, saracens
26 anni
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Owen è il figlio di Andy Farrell, il quale fu centro dell’Inghilterra, stella del rugby league coi Wigan Warriors, ed è l’attuale capo allenatore dell’Irlanda. È cresciuto seguendo le orme del padre nel rugby league a Wigan, per poi spostarsi al rugby union quando suo padre venne selezionato dai Saracens e la famiglia si dovette trasferire a Londra. È entrato nel giro della nazionale inglese a partire dalla U16, nel 2012 esordisce con la nazionale maggiore contro la Scozia. Dal 2019 è il capitano della nazionale e si è alternato nei ruoli di apertura e centro, prima con George Ford e adesso con Marcus Smith, offrendo così la possibilità di avere un doppio playmaker in campo. Farrell ha fatto parlare di sè per la sua tecnica di placcaggio che lo ha visto in più occasioni impattare gli attaccanti utilizzando solo la spalla contro la parte alta del corpo. Per questo motivo, viste l’alto numero di eventi che lo hanno coinvolto e un ban di 3 settimane dai campi, a Farrell è stato ordinato di seguire una vera e propria “scuola di placcaggio” organizzato da World Rugby. Owen Farrell è il vero leader dello spogliatoio inglese, un vero e proprio comandante etichettato talvolta da alcuni come dispotico ma senza dubbio capace di tenere la nave a galla quando il mare è in tempesta.