Come ogni anno l’estate porta con sè non soltanto il caldo, il bel tempo, il mare e le zanzare, bensì il mondialino Under 20. Una competizione interessante e di alto livello per tenerci incollati al televisore ed al fresco della propria aria condizionata anche in questo periodo. La vitamina D è sopravvalutata, meglio un bel Georgia-Italia per il 9° posto che una nuotata in piscina. Andiamo a scoprire qualche talento da tenere d’occhio in questa fase finale del torneo iridato.

Uno sguardo sul girone dell’Italia
Il girone degli azzurrini alla vigilia era visto come uno dei più competitivi del torneo, viste le prestazioni delle quattro nazionali sia allo scorsa rassegna iridata sia ai vari tornei e match a cui hanno preso parte. Italia e Irlanda al 6 Nazioni di categoria hanno infatti avuto una partita combattutissima, risolta dall’Irlanda soltanto a pochi minuti dalla fine ed in bilico sino al fischio finale. L’Australia ha ben figurato nella scorsa rassegna iridata, dimostrando di avere al suo arco molteplici talenti con un profilo di atletismo di altissimo livello. La Georgia invece è in vertiginosa crescita, tanto da battere l’Inghilterra in una specie di warm-up match pre-mondiale. Della crescita georgiana ne abbiamo pagato le conseguenze dirette sia lo scorso anno che questo, subendo due sconfitte abbastanza nette nei gironi iridati, anche se c’è un’altra occasione domani (19/07, ndr) per vendicarsi delle due sconfitte passate. L’Irlanda partiva ovviamente come favorita nei pronostici, e li ha rispettati, battendo gli Azzurrini – per 55 a 12 – e la Georgia per 22 a 16 in una partita decisamente più combattuta. Con l’Australia il match non si è potuto disputare a causa delle condizioni meteo proibitive, ma sicuramente i giovani trifogli partivano da favoriti anche in quel match. Oltre allo strapotere irlandese il girone è stato molto equilibrato, con l’Australia che all’esordio ha sconfitto la Georgia per 35 a 11, ma che ha poi successivamente perso con gli Azzurrini per 12 a 17 in un’altra partita giocata in condizioni quasi apocalittiche, che ha ricalcato un po’ il successo che l’Italia ha avuto contro i Junior Springboks nella scorsa edizione. La Georgia ha invece vinto soltanto con l’Italia per 28 a 17. In quest’ultima partita erano ancora aperti tutti i giochi, in quanto gli Azzurrini avevano ancora la possibilità di finire secondi nel proprio girone ed andare a giocare per i posti dal 5° all’8°. Con il risultato in favore della Georgia quest’ultime due nazionali hanno lasciato il secondo posto all’Australia, andando così a giocarsi il gironcino per i posti dal 9° al 12°. Fortunatamente gli Azzurrini hanno vinto la “semifinale” con la Spagna ed andranno a giocarsi il 9° posto con la Georgia, come già scritto sopra, rinnovando una sfida che oramai sta diventando un classico. Ma ora parliamo un po’ dei talenti che hanno più rubato l’occhio nel Girone B.

Harry McLaughlin-Phillips: Una nuova speranza
La nuova speranza per il rugby d’Australia è proprio lui, un nuovo mediano d’apertura che si è già fatto notare nel Super Rugby, conquistando già 7 presenze per i Reds – 5 dalla panchina – ed impressionando per la sua calma e la sua rapidità anche in situazioni complesse vicino alla difesa. Sicuramente un regista che a soli 19 anni ha già collezionato presenze in uno dei migliori campionati professionistici del globo è un bel valore aggiunto per una nazionale under 20. Il suo ruolo sarà sicuramente quello di guidare una nazionale imbottita di talento, ma con poca abitudine a giocare assieme, anche se da quest’anno il problema sarà ridotto, visto l’inizio del Rugby Championship U20 in cui gli allenatori ed i giocatori hanno potuto registrare ed ingrassare un po’ gli ingranaggi. E si è visto anche nel primo turno di questo mondiale, con l’Australia in grado di assorbire l’urto Georgiano nel primo tempo e venir fuori nel secondo tempo, chiudendo il match vincendo con un convincente 11 a 35, ottenuto peraltro in 14 per più di 50 minuti. McLaughlin ha dimostrato un ottimo repertorio, con una buona gestione del territorio con l’uso del piede ed una discreta variazione di spartito, tra allargamenti, giocate all’interno e seconde linee d’attacco, senza disdegnare anche qualche carry qualora fosse necessario. Una menzione d’onore per un altro giocatore da tenere d’0cchio possiamo farla per Archie Saunders, trequarti ala dall’impressionante velocità – alcuni dati parlano di un 10.3 secondi sui 100m – di cui molti assicurano un futuro brillante nel rugby union.

Brian Gleeson: l’ennesima terza linea irlandese
Sembra che in Irlanda abbiano sviluppato una catena di produzione estremamente efficiente e qualitativamente eccelsa per quanto riguarda lo sviluppo di terze linee. Brian Gleeson è l’ennesimo esempio di giocatore potente e completo proveniente dalle verdi terre del trifoglio. Purtroppo nell’ultimo 6 Nazioni di categoria ha giocato soltanto nel match vinto contro la Francia. Ma la sua stagione è stata tutt’altro che negativa. Infatti ha collezionato ben 11 presenze con Munster tra URC e Champions Cup, non proprio noccioline. In questa rassegna iridata ha invece disputato due match, uno da subentrante contro la Georgia ed uno da titolare con la maglia n°8 in semifinale contro l’Inghilterra, senza contare che sarebbe partito titolare anche nella partita contro l’Australia, che però non si è giocata. Gleeson è un giocatore che fa dello strapotere fisico la sua arma principale. Si tratta infatti di un giocatore che mette in campo un workrate impressionante, con costanti carries, placcaggi e tanto lavoro nelle ruck – sia offensive che difensive. Insomma, è la classica terza linea irlandese, ruvida, instancabile, potente e dotata di skills specifiche di altissimo livello. Sicuramente non è un 8 in stile Parisse, cioè molto estroso e con gesti tecnici spettacolari nel repertorio, ma forse è più simile all’attuale terza centro della nazionale del trifoglio Caelan Doris. Un 8 che bada al sodo, senza fronzoli. Anche qui ci sentiamo di fare una menzione d’onore ad un’altra terza linea, un giocatore diverso da Gleeson, un giocatore che si fa notare per l’esuberanza fisica ed il suo estremo atletismo condito da una capacità di finishing non indifferente: stiamo parlando di Sean Edogbo, fratello di Edwin già in rosa e titolare – prima di soffrire un’infortunio – a Munster come seconda linea. Sean ha giocato tutte le partite del World Rugby U20 Championship da titolare con la maglia numero 6. A questo mondiale non ha avuto ancora occasione di segnare una meta, ma nel passato 6 Nazioni U20 ne ha segnate ben 3 in 4 partite. Anche lui è da tenere ben d’occhio.

Tsikeridze e Khaindrava: non più solo piloni
Ebbene sì, non sono più soltanto i piloni il mezzo con cui la Georgia si porta a casa le partite. Certamente la mischia fa ancora ottimamente il proprio lavoro, ma i trequarti georgiani stanno facendo un salto qualitativo veramente importante. A testimoniare questa crescita ci sono sicuramente Luka Tsikeridze e Giorgi Khaindrava, rispettivamente apertura e primo centro titolari di questa rassegna iridata 2024. Tsikeridze è un mediano d’apertura elettrico e dotato di ottime capacità nel gioco d’attacco. Ha già esordito in Challenge Cup con i Black Lion, disputando tutti i match nel girone, 1 da titolare e 3 dalla panchina, coprendo spesso il ruolo di estremo. Esperienza che sicuramente gli ha dato la confidenza che mostra nel gioco al piede e nel gioco aereo, in cui si mostra davvero a proprio agio. Insomma, è un mediano d’apertura davvero completo e con un importante X factor che gli permette di fare la differenza e che potrebbe sicuramente portarlo a vestire la maglia della nazionale maggiore tra non molto tempo. Ma il giocatore che ha più catturato l’occhio è stato Khaindrava, anno 2005, che ha messo in mostra delle qualità davvero interessanti. Sul web si trovano pochissime informazioni su di lui, ma queste partite avranno sicuramente attirato l’attenzione di molti. Si tratta di un centro non molto alto, ma dall’esplosività e solidità senza pari, sia in attacco sia in difesa. In questi 4 match ha portato ben 24 volte il pallone oltre la linea del vantaggio ed effettuato ben 8 placcaggi dominanti su un totale di 46. Numeri davvero importanti per un centro. E non abbiamo ancora parlato della sua rapidità che gli permette di mettersi sempre in condizione di vincere il primo impatto, non facendo soltanto affidamento alla forza bruta, ma utilizzandola con intelligenza.
Piero Gritti: figlio d’arte?
Piero Gritti è forse il talento più cristallino di questa nazionale azzurra, soprattutto contando che è nell’anno “piccolo”, essendo lui nato nel 2005. Attualmente gioca per gli Espoirs di Clermont, disimpegnandosi spesso tra seconda e terza linea. Forte di un fisico importante per la sua età – 1 metro e 95 per 110kg – e di una mobilità fuori dal comune riesce ad interpretare entrambi i ruoli ottimamente. Se dovessimo paragonarlo ad un giocatore a noi più conosciuto sicuramente quel giocatore potrebbe essere Federico Ruzza. Gritti infatti è dotato di un’ottima manualità e di un’intelligenza rugbistica davvero eccezionale, che gli rende possibile effettuare giocate spettacolari ed anche di segnare qualche meta. Una sua signature try potrebbe diventare quella di partire da una ruck già formata, prendendo alla sprovvista le guardie e passandoci in mezzo. Ovviamente è anche un ottimo saltatore e gestore della rimessa laterale, come si richiede ad una seconda linea che si rispetti. L’Italia continua quindi a sfornare importanti talenti in mischia chiusa, dopo gli avventi negli scorsi anni dei vari Pani, Marin, i fratelli Garbisi, Gesi e Menoncello, da un paio d’anni la mischia chiusa azzurra continua ad essere fucina di talento: Mirco Spagnolo, Marcos Gallorini ed ora Piero Gritti. Auguriamo a quest’ultimi due di raggiungere quanto fatto dal loro “predecessore” e guadagnarsi un posto di rilievo nel rugby dei grandi.

Dylan Pledger: un furetto per i Baby Blacks
In una squadra come sempre piena di talento e atletismo il giocatore che ha più attirato l’attenzione è stato sicuramente il giovane mediano di mischia. Una volta indossata la maglia n°9 nel Rugby Championship U20 non l’ha più mollata e l’ha indossata ogni volta che è sceso in campo con i Baby Blacks. Con la maglia nera ha collezionato finora 7 presenze segnando ben 6 mete. Ed è questa sua capacità di segnare che fa davvero la differenza, aiutato anche dalla sua rapidità e dalla velocità di punta impressionante che riesce a raggiungere nonostante un’altezza non vertiginosa. A questo incredibile fiuto per la meta aggiunge un’ottima precisione nei passaggi ed un’eccellente gestione del gioco a tutto tondo. Sicuramente ha nella difesa un grosso punto debole, ma certamente con l’avanzare dell’età e della competizione alzerà il livello anche in questo fondamentale.
Castro-Ferreira: l’ennesimo enfant prodige d’oltralpe
Vedendolo giocare ci si potrebbe chiedere se possa essere corretto permettergli di competere ancora in U20, ma la carta d’identità non mente – nato nel 2004 – e quindi perchè toglierci la possibilità di vedere un simile fenomeno performare a questi livelli? Castro-Ferreira è una terza linea centro completa: mobile, potente e tecnica. D’altronde ci si può aspettare di meno dalla scuola francese? Nonostante la sua giovanissima età ha già collezionato 17 con la prima squadra di Tolosa, di cui 15 in campionato – il Top 14 – e 2 in Investec Champions Cup. Si è sempre più guadagnato spazio, prima dalla panchina, per poi guadagnarsi verso fine stagione più volte la maglia di titolare. Senza star qui a ripetere le caratteristiche di un eccellente terza linea, Castro-Ferreira aggiunge anche la discreta capacità e propensione a segnare mete. Giocando contro “i grandi” del Top14 ne ha segnate ben 9, un numero davvero importante per una terza linea, ancora di più per un 20enne. C’è poco da spiegare su di lui, se non che è un predestinato, quindi vi lascio un bel video in cui gustare le sue capacità.
Asher Opoku-Fordjour: un pilone per la rosa
C’è voglia di svecchiamento in Inghilterra. La nazionale maggiore fa ancora pesante affidamento su due senatori come Dan Cole e Joe Marler, e nonostante non facciano pesare molto il passare degli anni, prima o poi uno svecchiamento della prima linea sarà necessario. Cominciando già quest’estate con l’inclusione di Finn Baxter, Borthwick si troverà presto il mazzo pieno di assi. L’ultimo potrebbe proprio essere Opoku, pilone mobile e potente che si disimpegna su entrambi i lati della mischia e che sembra già essere sulla buona strada per essere testato contro avversari importanti. Opoku ha infatti già collezionato ben 13 presenze con i Sale Sharks, iniziando prima in Premiership Cup, per poi essere aggregato stabilmente in prima squadra. Certo, è sempre partito dalla panchina, ma per un pilone questo non è per forza simbolo di “debolezza”, anzi. La sua fisicità è importante, non solo per dimensioni – 1metro e 86 per 115kg – bensì per la mobilità che possiede, che gli permette di essere efficace nei placcaggi ed avere un ottimo workrate.

Riuscirà a tutti il salto?
Alcuni dei giocatori sopracitati fanno già parte del mondo professionistico, alcuni ci si stanno soltanto affacciando. Noi non possiamo sapere con certezza se questi giovani che ora mettono a ferro e fuoco i campi di categoria lo faranno anche in futuro. Quello che è certo è che i mezzi tecnici e fisici per farlo ci sono, e dimostra anche come il rugby giovanile si stia sempre più avvicinando a livello d’intensità, di tecnica e di tattica al rugby “dei grandi”. Insomma, questi giocatori sono pronti a sedersi al tavolo di quelli importanti ed a prendersi una gran bella fetta di torta. La nostra speranza è quella di vederli nuovamente in campo assieme, l’uno contro l’altro, magari con le maglie delle proprie nazionali o di qualche importante club in una competizione come la Investec Champions Cup.