I nostalgici del rugby d’antan dicono spesso che una volta era la mischia a vincere le partite, e che i trequarti decidevano soltanto di quanto. Con l’evoluzione del gioco nel rugby e le crescenti preoccupazioni per la sicurezza dei giocatori la mischia sembra aver perso la propria centralità nel gioco. Ma siamo davvero sicuri che sia così? Oppure i cambiamenti nel gioco hanno portato la mischia, ed i suoi interpreti, ad essere differenti nell’influenzare i match? Analizziamo assieme.

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Una mischia, di quelle di una volta – fonte Palazzo Roncale

Una lotta…ordinata, vero?

La mischia ordinata. Viene chiamata così poichè ci sono delle regole che fanno sì che tutto si svolga nella maniera corretta ed, oggi, in sicurezza. La mischia è composta da 8 giocatori suddivisi in 3 reparti, chiamati linee. La prima linea è composta da 2 piloni ed un tallonatore – colui che con il piede arpiona il pallone introdotto dal mediano di mischia – tra i cui fianchi infilano la testa le due seconde linee. Dietro di loro troviamo la terza linea, composta da 3 uomini – quelli che stanno ai fianchi vengono chiamati terze ali o flanker mentre colui che sta al centro viene chiamato terza centro o numero otto. Ogni giocatore ha una struttura fisica particolare ed adatta al ruolo che ricopre. I piloni sono degli omaccioni spesso larghi quanto alti – chiedere a Taniela Tupou – , con un collo in grado di reggere estremi carichi e pressioni. Il tallonatore è più o meno fatto della stessa pasta, ma attualmente l’evoluzione del ruolo lo sta portando ad essere più mobile e presente in mezzo al campo. Le seconde linee invece si riconoscono anche da lontano, essendo spesso i giocatori più alti della squadra, mentre in campo si riconoscono per quanto lavoro fanno nei breakdown in difesa e in attacco portando palloni. Le terze linee sono invece dei cani da caccia resi atleti. Le loro caratteristiche fisiche li rendono infatti instancabili placcatori e ruba palloni, e sempre più spesso diventano anche giocatori completi tecnicamente, in grado di essere quasi dei trequarti aggiunti alla manovra offensiva. Non è questa chiara divisione dei ruoli e delle persone che rende la mischia ordinata bensì la formazione che viene richiesta a seguito di un avanti o di un calcio di punizione: le due mischie contrapposte si schierano sul punto dell’infrazione per sfidarsi il possesso del pallone spingendosi frontalmente a vicenda, non prima però che l’arbitro dia i comandi. I comandi che l’arbitro chiama sono crouch, bind e set – rispettivamente bassi, lega e via. Con questi comandi l’arbitro detta i cosìdetti tempi di ingaggio, cioè quando le due mischie possono iniziare a spingere. Fino a non più di 20 anni fa le mischie ingaggiavano in maniera differente, i comandi dell’arbitro erano differenti e l’ingaggio avveniva da una maggiore distanza. A seguito dell’aumento del peso e della prestanza fisica dei giocatori si è però deciso di rendere l’ingaggio più sicuro, arrivando sino ad oggi. Bisogna immaginare che ogni giocatore – soprattutto prime e seconde linee – è sottoposto ad una pressione fortissima, infatti ogni pacchetto di mischia pesa tra gli 850 ed i 950kg con atleti che potrebbero trainare da soli un furgone con discreta facilità. Nel video qui sotto potrete apprezzare l’evoluzione della mischia negli anni.

Il canale YouTube del Six Nations ci regala queste perle storiche in cui godersi immagini davvero affascinanti. – fonte Six Nations YouTube

Con la mischia si vince

La mischia ordinata non è solamente una dimostrazione di forza fine a sè stessa, spesso è infatti la cartina tornasole del match. Una mischia dominante in mischia chiusa – altro modo di chiamare la situazione di mischia ordinata – è spesso dominante anche in campo aperto e ciò porta vantaggi enormi a tutta la squadra. Ma andiamo per gradi: una superiorità in mischia ordinata consente di guadagnare calci di punizione a favore, che se ripetuti possono portare anche all’espulsione temporanea di un componente della mischia avversaria – spesso un pilone – e quindi ad un ulteriore vantaggio. Vantaggio che verrà sfruttato ulteriormente, chiamando ancora una mischia, per far sì che un giocatore lasci posto ad un nuovo pilone lasciando così, spesso, i trequarti in inferiorità numerica. Questa necessità è dettata dal fatto che le prime linee sono un ruolo ad altissima specializzazione e solo chi si allena stabilmente per questo ruolo e chi è segnato come prima linea in distinta gara può giocarci. A questi vantaggi molto evidenti se ne affiancano altri un po’ più nascosti, ma non meno importanti. Una mischia vincente è infatti una piattaforma di lancio del gioco in più su cui poter contare. Immaginiamo infatti una situazione di attacco nei 5 metri avversari: molte squadre opterebbero per una touche od una giocata touch and go, invece una squadra confidente nel proprio pacchetto di mischia potrebbe approfittare di questa contingenza e costringere quindi 8 giocatori avversari all’interno di questa forma di ripresa del gioco, creando maggiore spazio per i trequarti ed aumentando di molto le chance di segnare una meta. Una mischia avanzante è anche di grande aiuto per i trequarti, che possono contare su un pallone di maggiore qualità e su una difesa arretrante – per non cadere in fuorigioco – che agevola di molto tutti i set plays rendendoli ancora più efficaci. Bene, tutto molto interessante, ma non spiega come la mischia di una squadra può essere dominante rispetto ad un’altra in questa precisa fase di gioco. Le variabili sono davvero molte, ma cerchiamo di darvi delle fondamenta su cui basare le vostre analisi: le due prime linee avversarie si legano tra loro con le braccia dei piloni aggrappate alla maglia del proprio avversario diretto all’altezza delle spalle e le teste andranno ad incastrarsi tra le spalle. Teoricamente il pacchetto di mischia dovrebbe sempre spingere dritto, quindi idealmente dovremmo sempre vedere le schiene dei giocatori puntare tutte in un’unica direzione. Realisticamente tutto ciò non può avvenire, poichè c’è necessità di bilanciare le moltissime forze in gioco e c’è anche la necessità di vincere questo scontro fisico ad ogni costo, e senza far notare eventuali infrazioni. I piloni sono i principali artefici di tutto questo lavoro oscuro che scappa all’occhio dei meno smaliziati: anche un solo piede che punta lievemente verso l’interno della mischia può cambiare totalmente l’angolo di applicazione della forza e quindi prendere di sorpresa il pilone avversario. Allo stesso modo un braccio con un gomito che tira leggermente l’avversario verso terra – che sia fatto volontariamente o meno – può portare ad un crollo della prima linea, con conseguente calcio di punizione a favore di chi ha subito l’infrazione. Queste e tante altre sono tecniche utilizzate per sparigliare un po’ le carte in questa mischia ordinata che tanto ordinata non è. Per quanto sono certo che a molti piacerebbe stare qui a leggere e discutere di angoli di spinta, legature e piedi freno non posso dilungarmi troppo, poichè il rischio di trasformare l’articolo in un saggio è dietro l’angolo. Quindi proseguiamo.

In questa immagine si possono chiaramente distinguere le tre linee e come i piloni e tallonatori si legano tra loro e con gli avversari – fonte The Roar.Au

Uno scontro lungo 80 minuti

La mischia ordinata è il momento in cui gli 8 uomini di mischia – ma soprattutto i primi 5 – si mettono in mostra al mondo, ma il loro lavoro è tutt’altro che terminato. Durante tutti gli ottanta minuti di partita infatti questi giocatori lavorano instancabilmente placcando, pulendo ruck, assicurandosi il possesso del pallone – sia proteggendolo che rubandolo – e portando avanti i palloni in attacco. Un reparto di mischia dominante anche in campo aperto è una forte ipoteca alla vittoria di un match, ed ora cerchiamo di andare a capire perchè. Partiamo dalle prime linee. I piloni negli ultimi anni hanno subito una forte evoluzione, evidenziando forse ancora di più la differenza tra pilone sinistro e pilone destro – rispettivamente N°1 e N°3 sulle maglie da gioco. Il pilone sinistro è ora un giocatore dotato di una buona mobilità, rapido ed in grado di offrire presenza al breakdown e nei placcaggi in uscita dalla linea di difesa. Il pilone destro è invece solitamente più grosso del suo compagno, di conseguenza un po’ meno mobile, e maggiormente votato al lavoro oscuro in giro per il campo – sostegni e pulizie delle ruck – ed impiegato spesso come ball carrier. Il tallonatore è invece oramai diventato un giocatore completo: forte, rapido e tecnicamente preparato, con un fisico spesso meno imponente rispetto ai compagni di reparto. Nel gioco moderno è infatti spesso impiegato come primo distributore nelle maul oltre a trovarsi a portare spesso il pallone e placcando tutto ciò che gli si para a tiro. Le seconde linee sono forse i giocatori meno appariscenti di tutta la squadra, ma dei quali non si può fare a meno. Sono lavoratori indefessi, spesso al top per placcaggi fatti e per partecipazione alle ruck. Il loro apporto è forse meno evidente in attacco, ma sono anche dei ball carrier devastanti, visto il loro fisico imponente – attorno ai 2 metri di altezza e abbondantemente sopra i 100kg di peso. Le terze linee sono invece il prototipo di atleta perfetto, tant’è che potrebbero partecipare ad un decathlon. Dotate spesso di un’esplosività impressionante, le terze linee saltano all’occhio per placcaggi avanzanti, carries distruttivi e per il dono dell’ubiquità – soltanto apparente ahimè. Nel gioco contemporaneo troviamo spesso terze linee in mezzo al campo ad effettuare dei pull pass per liberare la seconda linea di attacco oppure più defilate per sfruttare il mismatch fisico contro i trequarti che si trovano davanti – chiedere a Callum Sheedy quando si è trovato davanti Johan Meyer. Senza dimenticarci del celebre grillotalpa – all’inglese jackal – con cui questo tipo di giocatori spesso ruba il pallone. Un gesto tecnico e fisico splendido che richiede equilibrio, forza e coraggio per nulla comuni. Tutte queste caratteristiche dei giocatori sopracitati si rispecchiano nel gioco e con le loro capacità possono quindi influenzare pesantemente l’andamento di un match. Una squadra dominante nei breakdown ed in difesa e difficile da fermare in attacco si rivela infatti un ostacolo insormontabile. L’esempio più lampante di ciò nel gioco moderno sono gli Springboks e l’Irlanda che, sebbene in maniera differente, sfruttano queste proprie capacità al meglio.

In questo video possiamo apprezzare il lavoro svolto in ruck dagli uomini di mischia, spesso utile a recuperare il pallone – fonte canale YouTube Andrew Forde

Non è un lavoro facile

E non intendo quello del mischioso, bensì quello di scrivere di una simile arte e dei suoi esponenti più rappresentativi. Ciò che fanno in campo, l’agonismo e la noncuranza per la propria salute con cui affrontano la partita è un qualcosa di epico. La mischia e tutto quello che ci sta intorno sono davvero ciò che rende il rugby lo sport che è, bello e cinico. Purtroppo lo spazio a mia disposizione – ed il Vostro tempo per leggere – è limitato, ma un simile argomento meriterebbe molti altri approfondimenti in ogni singolo aspetto. Noi intanto vi aspettiamo nei commenti per discutere assieme di questo splendido e crudo aspetto del gioco che amiamo.

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