Premessa: lo scopo di Carborugby con questa serie di interviste è quello di far raccontare le realtà del sud Italia dai suoi protagonisti. Le opinioni espresse nelle interviste sono da intendere nell’ottica di un dibattito sul tema, che la redazione spera di riuscire a suscitare nella comunità del rugby italiano, senza esprimere una propria posizione perché ne benefici il dialogo stesso. Le domande proposte nelle interviste sono state realizzate dal team di Carborugby e dal pubblico sui social media.
In questa seconda intervista sul rugby siciliano, diamo la parola a Orazio Arancio, ex nazionale, che si scontra con la FIR per il suo impegno nel Sud.
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Dopo aver parlato con il CUS Catania, ho deciso di intervistare Orazio Arancio, ex giocatore della nazionale italiana con 34 presenze tra il 1993 ed il 1998. All’interno della FIR è stato il team manager della nazionale a 7 e consigliere federale. Ho scelto di parlare con Orazio perché, oltre alla sua storia a livello di club e con la nazionale, è anche una delle figure più attive per quanto riguarda il rugby siciliano. A questa lunga intervista dai toni molto accesi nei confronti della attuale governance della federazione, seguirà un’intervista a Francesco Urbani, responsabile per il rugby di base della FIR.
Hai giocato in Sicilia, a Milano, a Tolone, a Treviso, a Bologna e in nazionale. Qual’è il tuo ricordo più bello di tutta questa esperienza rugbystica?
“Sceglierne uno è davvero difficile, in 20 anni di rugby i ricordi sono tanti, ogni città e ogni club in cui sono stato mi ha dato tanto. Sono stati contesti e squadre diverse, ma tutte esperienze stupende che ti lasciano qualcosa dentro che ti porti dietro per tutta la vita e ti arricchisce. Chiaramente sia le esperienze belle che quelle brutte, dopo il Sudafrica ad esempio ho perso il mio compagno di stanza Capuzzoni, che era con me in nazionale, un ragazzo di Milano splendido e voglio dedicare un ricordo a lui e ai i miei compagni della nazionale che hanno dovuto passare la palla troppo velocemente. Poi per i momenti belli ce ne sono davvero tantissimi.”

Come terza linea, cosa ne pensi di quella attuale italiana e c’è un giocatore italiano che ti sta sorprendendo rispetto agli altri?
“La terza linea italiana è davvero di alto profilo, possono competere contro qualsiasi nazionale. Sono 3 giocatori con caratteristiche diverse ma che sono complementari e insieme fanno la differenza. Anche l’ultimo arrivato Lorenzo Cannone ha un potenziale altissimo, se il buongiorno si vede dal mattino, ci darà grandissime soddisfazioni. Negri ormai è un veterano e Lamaro è un giocatore di un carisma eccezionale. Dietro abbiamo gente davvero valida come Zuliani e altri che fanno la loro parte. In quel reparto siamo coperti proprio bene. Dalla u18 e dalla u20 stanno arrivando ulteriori rinforzi in questo reparto e questo ci proietta in futuro molto roseo.”
Cosa ne pensi delle prestazioni dell’Italia in questo 6 Nazioni?
“Questi risultati sono il frutto del lavoro di 10 anni fa con le accademie, infatti sono molto critico con la scelta della nuova governance di chiuderle e di fare il centro federale presso i club. Questo sistema, dopo anni di sacrifici e di costi alti da sostenere, stava cominciando a dare i suoi frutti. I giocatori che abbiamo adesso vengono tutti da un percorso di accademia, dai 14 anni hanno avuto la possibilità di crescere in un contesto molto più competitivo con dei tecnici molto più preparati di quelli che possono avere, con tutto il rispetto, nei club. Era un sistema che stava dando e sta dando i suoi frutti, ha creato dei giocatori davvero competitivi, non è la casualità di una generazione, come vogliono farci credere, ma è un percorso di 7/8 anni di investimento federale su questi ragazzi. Questo percorso a differenza di quello della mia generazione, ha avuto una preparazione tecnica tale da aver permesso di chiudere il gap contro le altre nazioni. Certo c’è ancora tanto da lavorare, non siamo arrivati, però era la strada giusta, per questo sono molto critico con la nuova governance.”
E per quanto riguarda le franchigie?
“Le franchigie stanno facendo il ruolo per le quali sono state create, ovvero permettere ai ragazzi di confrontarsi con un livello tecnicamente più alto rispetto al Top10. Francia e Inghilterra hanno delle risorse che gli permettono di avere un campionato interno di alto livello, le altre nazioni hanno dovuto rinunciare al campionato interno per poter avere le franchigie. Questo sistema, anche grazie alle accademie, permette poi ai ragazzi di fare quel passo per poter giocare a livello internazionale. Per le franchigie, molto bene Benetton, mentre è più difficile il contesto delle Zebre e ancora prima con gli Aironi, di fatto quello è un progetto che non è mai decollato. Benetton ha una partecipazione privata e probabilmente un management più competente, non voglio giudicare nessuno, però ci sarà un motivo se loro sono arrivati in semifinale di Challenge Cup, i loro progressi sono sotto gli occhi di tutti e quei giocatori poi diventano anche competitivi in nazionale. Poi le due franchigie chiaramente non danno soddisfazione solo a Treviso e Parma, ma rappresentano tutto il movimento italiano.”

Infatti vedere che ci sono dei ragazzi che si fanno Catania – Treviso per vedersi una partita di rugby per noi è bellissimo ed è un bel segnale.
“Quella è la vera passione ed è assurda la scelta della governance federale di non scegliere mai una sede sotto Roma con la scusa che non ci sono impianti, questa cosa non è sostenibile e anche in questo sono molto critico.
Dare la possibilità a chi non può viaggiare di vedere i propri campioni, di stargli vicino e sostenere questa nazionale dovrebbe essere la mission della federazione, promuovere il rugby su tutto il territorio. Credo che su questo, questa governance stia fallendo.
Chi mi conosce lo sa come la penso, il rugby appartiene a tutta l’Italia, lo so che non è facile ma è così. Il rugby e un po’ tutto lo sport italiano ha un pò dimenticato il sud. Ad una riunione a Salsomaggiore ho citato un esempio che vale per tutti gli sport: se dai 1000 euro a un ragazzo di Catania e 1000 euro a un ragazzo di Milano, quello di Milano fa 5 gare, quello di Catania forse ne fa 2. Tu sai quanto importante sia competere contro i migliori per crescere e diventare un atleta di alto livello, ma purtroppo a noi non solo costa di più, ma abbiamo addirittura meno risorse quindi partiamo con un handicap assurdo e molto spesso i ragazzi hanno 2 scelte. Una è nefasta che è quella di abbandonare lo sport, l’altra è quella di spostarsi al Nord. Il Sud, e lo dico senza nessuna cattiveria, è diventato di fatto il vivaio delle società del nord perché sono strutturate in modo migliore e con migliori manager. Mancano le risorse, i manager preparati, le infrastrutture e tutto un insieme di cose che fanno si che il Sud sia più arretrato. L’alternativa è andare al Nord, non a caso delle 6 medaglie olimpiche vinte da siciliani, nessuno di questi si allena in Sicilia. È una situazione complicata e la governance della federazione sta fallendo in questo, ma gli riconosco che è molto difficile.”
L’idea di questo progetto è proprio quella di dare visibilità alle realtà del Sud, spiegare come stanno andando le cose e cercare di aprire un dibattito.
“Si poi io non pretendo che tutti sia d’accordo con me, io dico la mia idea e il mio pensiero. Ho fatto una scelta anni fa di tornare qui per dare indietro quello che il rugby mi aveva dato, nonostante avessi diverse opportunità. Sono laureato in economia e ho fatto corsi di management sportivo, gestione di impianti sportivi e gestione delle squadre nazionali, insegno scienze motorie e insegno meccanismi sportivi e sport di squadra. Ho voglia di aiutare gli altri e sono tornato anche per questo. Poi con l’Amatori Catania e con il San Gregorio ho investito, ma poi ci siamo resi conto che per l’alto livello i costi sono insostenibili e non riesci ad essere competitivo. Con la Sicilia abbiamo definitivamente rinunciato all’alto livello e purtroppo al momento abbiamo solo due società in serie B e le altre sono in serie C. Questo vale anche per la Campania e per la Puglia dove non è mai decollato veramente il rugby come la Calabria e l’Abruzzo che è in crisi. Io ho fatto questa scelta e per me è una mission quella di promuovere lo sport dove c’è bisogno e qui è una battaglia quotidiana.”
Com’è la situazione del rugby in Sicilia?
“La società più storica è il CUS Catania con i suoi 75 anni, da cui poi sono nate altre società, ma loro sono proprio i pionieri. Nel 1963 nacque la Amatori Catania da alcuni dirigenti sportivi e un noto politico siciliano, Paolone. Riuscirono a prendere i migliori giocatori e hanno conquistato la serie A dove sono rimasti per decenni, senza vincere un titolo come ha fatto la Partenope a Napoli, ma ci è arrivata molto spesso vicino riuscendo a competere con tutti. Poi c’è stata una flessione e sono cambiate le regole per quanto riguarda i giocatori stranieri. Ci volevano molte risorse e in quegli anni c’era anche la regione Sicilia che è una regione a statuto autonomo e aveva due leggi per finanziare lo sport siciliano, una per lo sport di base e una per lo sport di alto livello. Questa legge per l’alto livello, all’epoca, sopperiva alla carenza di tessuto imprenditoriale della Sicilia, perché qui non abbiamo i Benetton per il rugby o Armani per il basket. La regione Sicilia, rendendosi conto che le società siciliane facevano fatica a reperire i fondi, si è trasformata in sponsor, infatti per anni in qualsiasi società siciliana di alto livello trovavi sulle maglie scritto “Regione Sicilia”, un vero e proprio sponsor. Alcuni criticavano questa scelta perché sono contributi statali, ma francamente avremmo fatto volentieri a cambio con uno sponsor privato come Benetton, solo che non c’era.
Chi ha le risorse economiche fa fatica a sponsorizzare, ma non perché non sia generoso, ma per il paradosso siciliano per cui se uno ha risorse economiche e aiuta un club, poi arrivano tutti gli altri a chiedere perché sono stati dati soldi solo a uno e non agli altri.
Molto spesso c’è il paradosso di chi sponsorizza in modo diciamo nascosto “ti do i soldi perché so che tu sei una brava persona e hai un bel progetto sociale, però non lo dire a nessuno che senno domani me li ritrovo tutti davanti alla porta”. Fino a quando la regione ha stanziato fondi importanti, per capirci nel 2000 si parlava di 22 /23 milioni, la Sicilia riuscì a vincere titoli italiani tra pallanuoto, pallacanestro maschile e femminile, pallavolo e nel rugby, che è riuscito a raggiungere i palcoscenici internazionali (Amatori Catania ha battuto Clermont e Connacht ndr). Poi la regione ha chiuso i rubinetti, la politica per quanto ti dice sempre che lo sport è importante per la salute e l’educazione dei ragazzi, poi quando c’è da tagliare un costo, il primo taglio è lo sport. Molto spesso sento parlare questi politici in campagna elettorale che chiedono il sostegno parlando di sport, ma poi alla fine il primo taglio che fanno è proprio quello. Non sanno i danni che fanno sia in termini di salute, è stato dimostrato che 1 euro investito nello sport sono 3/4 euro risparmiati alla sanità, sia in termini educativi perché sport, famiglia e scuola sono le aree formative del nostro sistema. Lo sport è indispensabile per educare al rispetto del prossimo, dell’avversario, del compagno di squadra e all’integrazione. Sono tutte cose che sappiamo tutti, ma proprio per questo ti chiedi “perché non lo fanno?”. Lo sport in Sicilia grazie alle sovvenzioni regionali riusciva ad essere competitivo, dal 2014 le risorse sono state tagliate per coprire vari buchi di bilancio e dai 22 milioni del 2000, si è passati allo zero dal 2014. Tutte le società hanno fatto fatica, le più piccole hanno chiuso immediatamente e il danno è stato enorme, tanto che se guardiamo la curva di sovrappeso della Sicilia aumenta proprio in quegli anni in cui diminuisce il contributo allo sport siciliano, tanto è vero che adesso la Sicilia è la regione in cui il tasso di obesità nei ragazzi è quasi il doppio rispetto alla media nazionale.
(Abbiamo verificato questo dato: secondo il “percorso diagnostico terapeutico assistenziale (Pdta) redatto dall’assessorato regionale alla Salute, La Sicilia è una delle regioni più a rischio con 800.000 obesi e 2,3 milioni di casi in sovrappeso, complessivamente il 47 %della popolazione residente” – fonte GDS, 29 Maggio 2022)
“Le società più piccole sono quelle che fanno attività di base e aiutano i ragazzi, se non hai risorse devi aumentare la tassa mensile per l’iscrizione e in Sicilia il tasso di povertà è alto, non ci sono voucher o buoni per le famiglie a reddito basso. Le famiglie non riescono a sostenere questi costi e le famiglie più povere sono quelle che fanno più figli. Quindi per tornare alla domanda iniziale, il rugby in Sicilia se la passa male, come se la passa tutto lo sport del meridione. Non è solo una questione di strutture, è una questione di mentalità politica e di mentalità dei manager che non riescono a trovare risorse, perché non hanno le competenze per pensare a una gestione degli impianti che possa autofinanziarsi creando eventi ed altro.
Per le strutture cito Palermo, settima città d’Italia, capoluogo di regione con circa 1 milione di abitanti e non ha un campo da rugby. Questa non è un’offesa al rugby palermitano o al rugby siciliano, ma è un’offesa a tutto il rugby italiano.
Dovremmo essere tutti dietro a Palermo a rivendicare un campo, ma come Palermo dico anche Bari, dico Palermo perché sono siciliano. Non ho condiviso la scelta di questa federazione di utilizzare i 4 milioni di euro previsti dal PNRR per i centri federali di affidare queste risorse a una città del nord, quando poteva essere scelta una città del Sud in cui magari venire con la nazionale ad allenarsi nei periodi più freddi, non dico in Sicilia, poteva essere anche in Puglia o Campania, di certo non la Lombardia. Con tutto il rispetto degli amici lombardi che sono sicuro faranno benissimo con questi 4 miliardi, faranno benissimo con un impianto stupendo. Io valuto però questa opportunità politica di un’area del nostro paese che fa fatica, quando ricevi un contributo statale di quelle entità, io da presidente avrei valutato anche altre opzioni. Sono scelte politiche e strategiche. Poi che mi si venga a dire che questi sono quelli che hanno presentato i migliori progetti ovvio, non lo metto in dubbio, ma perché ci sono anche i migliori architetti là. Ti faccio un esempio, cosi ti rendi conto di come siamo messi male qua in Sicilia: dell’ultimo bando di “Sport e Periferie”, di 300 milioni di euro , 200 milioni erano vincolati per il Sud, quindi dalla Campania in giù. La Sicilia ha presentato 278 progetti di impianti, di cui 92 non sono stati ammessi alla fase istruttoria perché non presentati nel modo giusto, 78 sono stati stracciati in fase istruttoria, ne sono rimasti un centinaio di regolari e politicamente ne hanno finanziati 50. Poi leggi che in Calabria ne hanno finanziati 61. La Sicilia fa 5.6 milioni di abitanti, la Calabria 1.7 milioni. A parità di popolazione, se alla Calabria dai 61 impianti, alla Sicilia devi darne 180, non 50. Già siamo l’ultima regione in termine di impianti sportivi pro capite, in più mi dai meno impianti perché te li presento male. Quello che sto facendo provare a capire alla politica è che di quei 92 progetti scartati, molto probabilmente ce ne sono di più utili di quelli approvati. Poi ci si meraviglia di vedere approvato il progetto per una piscina con 2000 posti a 5km da un’altra piscina in un paese che ha 4000 abitanti, le cattedrali nel deserto. Sono quelle cose che vedi poi a “striscia la notizia” o “report”, sono tutte cose denunciate, ma non gliene frega niente a nessuno e a me, da uomo di sport, queste cose mi fanno stare male. Io cerco di dirlo a tutti, anche alla nostra Federazione e mi prendo tutta la responsabilità di quello che dico, avete voglia a fare una commissione di 10 componenti e fare il centro federale a Palermo che non verrà mai fatto, quando a Palermo serviva solo un campo da rugby e non un centro federale da 4 milioni di euro. Non serve, non è proporzionato all’attività che c’è a Palermo. La Palermo rugby del presidente Stefano Massari aveva bisogno di un impianto per cominciare a crescere. Queste sono tutte cose fatte per lanciare chissà quali proclami che poi ovviamente vengono smentiti nel giro di poco tempo e ti rendi conto che in questo momento non c’è un vero programma per il sud, nonostante fosse uno dei punti più importanti della campagna elettorale, come lo era il rugby a 7. Del rugby a 7 non parlo perché sono stato coinvolto, quindi per correttezza non ne parlo.
Non puoi fare campagna elettorale sul sud e dire che è la tua priorità, fare una commissione di 10 componenti di cui forse 2 vivono sul territorio e poi non fare niente, demandando la promozione del sud Italia alla polizia di stato che va nelle scuole con il progetto delle Fiamme Oro. Non puoi toglierti la tua responsabilità, la tua missione da statuto federale che devi promuovere il rugby su tutto il territorio nazionale e lasci che se ne occupi le Fiamme Oro.
Su questo sono molto arrabbiato, sono molto feroce nelle critiche tanto da poter sembrare rude, pero’ qualcuno deve dirle queste cose, non possiamo rimanere sempre in silenzio. Poi un giorno spiegheranno come sono stati impiegate le risorse che il precedente consiglio ha lasciato in eredità, perché tuttora in quasi 2 anni e mezzo, non è stato speso 1 euro per il sud Italia, né nell’impiastica, né nella promozione, niente. Ripeto ancora, non so quando la nazionale verrà a giocare al sud, ultima volta è stata a Catania dopo 23 anni che ci avevo giocato io, Italia vs Romania per le qualificazioni ai mondiali del 95. Sono riuscito nel 2017 a portare la nazionale a Catania, in cui ha esordito anche l’ultimo siciliano Giovanni Licata, che poi è stato sfortunato con gli infortuni. Questa è la realtà, sfido chiunque a smentire e spero che qualcuno venga a dire cosa faranno nei prossimi anni, e spero che non vengano in campagna elettorale a dirmi cosa faranno nei prossimi 4 anni. Hai montato e basato tutta la tua elezione sul Sud, adesso non mi dire che lo farai nei prossimi 4 anni perché non hai avuto tempo, perché sarebbe una presa in giro.”
Intanto ti ringrazio perché hai dato un quadro generale della storia del rugby siciliano che non tutti conoscono. Ti parlo di Catania e una domanda che ho fatto anche al CUS è se avrebbe senso unire i club di Catania per dividere i costi e puntare all’alto livello?
“Assolutamente si, pero’ ovviamente ognuno vuole mantenere una sua identità societaria. Creare una franchigia a Catania era il mio sogno quando ero presidente del comitato regionale. La Federazione in quegli anni aveva proprio dato la possibilità di creare delle franchigie unendo più club almeno nei settori giovanili, in modo da mettere insieme i migliori giocatori e soprattutto per il Sud dove a volte fai fatica a raggiungere i 20 giocatori per squadra. Ma devo fare una premessa, lo sport italiano negli anni 50/60 vede nascere molte società in cui poi due dirigenti litigano e quindi si creano due società diverse nello stesso territorio e poi ancora i dirigenti litigano e se ne fa un’altra. Quindi si formano 3 o 4 club sullo stesso territorio che non crescono con l’idea di fare meglio, ma con la voglia di ostacolare gli altri. Se vai avanti cercando di essere migliore dell’altro, è un circolo virtuoso che ti porta verso l’alto, la competizione aumenta come in nazionale dove più giocatori forti hai, più diventa stimolamante, più ti devi allenare per essere il migliore. Invece molto spesso le lotte intestine ti portano a ragionare pensando che non è importante se lo faccio io qualcosa, l’importante è che non lo fai tu. Questo porta all’autodistruzione, è il famoso campanilismo dei comuni, che più vicini sono, più nemici sono. Detto questo, capisci che ognuno vuole conservare la propria identità, quindi quella strada a cui avevo pensato insieme ad altri, ha portato solo ad ulteriori scissioni e frizioni. Il rugby siciliano ha toccato il minimo storico, alcuni fattori come la mancanza di risorse, di infrastrutture, il covid e la crisi hanno fatto si che le famiglie non si possono permettere di mandare ad allenare i ragazzi, o famiglie in cui i genitori lavorano tutti e due e nessuno può portare il figlio al campo o addirittura famiglie in cui per arrivare a fine mese mandano pure il figlio minorenne a lavorare come cameriere o gommista. Questa è la realtà, voglio che la gente apra gli occhi su quella che è la situazione che abbiamo. Lo sport siciliano ha toccato il livello più basso, non c’è un colpevole. Quindi la soluzione è un’operazione Marshall della federazione, ovvero un intervento in risorse economiche, umane, manageriali, progetti, abbattimento dei costi delle trasferte e premi che siano veramente premi. Ti faccio un esempio che risale ad ancora prima di questo consiglio federale: c’è un premio che vale per tutta l’Italia di 2000 euro per chi fa la doppia attività in u14, che quindi vale uguale per Treviso come per Catania. Ma se devi spendere 5000 euro per raggiungere quel premio perché andare e tornare da Palermo ti costa 600 euro di autobus e quindi ti trovi a spendere 5000/6000 euro per fare 10 partite e ti dicono “ah ma ti diamo un premio di 2000 euro” è ovvio che poi nessuno fa la doppia attività e non si va avanti.”
Trattare in modo uguale situazioni di partenza disuguali, di sicuro non diminuisce il gap, ma potrebbe addirittura aumentarlo. Devi investire dove c’è meno e invece i premi vanno a chi fa di più ed è ovvio che chi fa di più è in una certa area del paese.
Una volta, ti parlo di 12 anni fa, feci un intervento in cui i premi della federazione erano circa 1 milione di euro e di questo milione, 820 mila euro andavano sopra Roma, 180 mila euro al Sud. Con quei soldi ci paghi i migliori allenatori, i corsi, le partite, il materiale sportivo. Un anno, la Benetton che fa tantissima attività giovanile, ha preso lo stesso premio che ha preso tutta la Sicilia intera. Un solo club che prende più di tutti i club siciliani messi insieme, ma tanto di cappello alla Benetton se lo merita. A un certo punto per controbilanciare una bilancia che pende solo da un lato, devi trovare il modo di ritrovare l’equilibrio mettendo risorse, ma non lo trovi con un regolamento che è uguale per tutta l’Italia. Devi mettere delle risorse dove non ci sono, che non significa regalare soldi, perché un’altra cosa è che noi siamo in grado di fregare soldi con progetti fantasma, ma che sia tu stesso a vedere un attimo e pagare tu stesso i costi, gli allenatori e quello che serve. Un progetto speciale che in qualche modo ci dia ossigeno. Questi trattamenti uguali da Torino a Palermo hanno aumentato il gap e adesso siamo arrivati al limite. Tornando alla tua domanda, si, mettere tutte le risorse umane insieme può servire. Di risorse economiche ce ne sono poche, il CUS in questo momento è la società di vertice del rugby siciliano e uno dei centri più virtuosi del sud Italia. Hanno un presidente che è una persona molto preparata, un manager sportivo che ha permesso al CUS di investire anche sul rugby. Poi San Gregorio e Briganti sono i club che in Sicilia fanno di più per il rugby giovanile, ma questo non è sufficiente per il futuro del rugby siciliano. Totalmente insufficiente. Il mio sogno è quello di fare una società che racchiuda tutte, in cui ognuno mantiene la propria identità in un processo di collaborazione per cui io mi faccio il rugby femminile, tu quello maschile, tu quello giovanile creando una filiera per cui tu inizi a 6/7 anni e sai che hai un percorso che ti porta nelle varie giovanili, poi prima squadra, poi serie C, B ed A. Questo è l’unico modo per fare in modo che tutti giochino, perché in base alle tue capacità trovi posto per giocare nelle varie serie. Sulla carta sembra tutto molto bello, ma poi ti scontri con il volere e le velleità di ciascun club che vuole primeggiare. Ci vuole una forte presa di coscienza per capire che se collaboriamo cresciamo tutti, mentre se ognuno va per conto suo moriamo tutti. Quindi mettiamoci insieme in base a quello che sappiamo fare, il CUS Catania speriamo che vada in serie A, la Amatori ha un nuovo progetto di cui sono allenatore, siamo ripartiti dalla serie C e siamo stati promossi in serie B. Il progetto è quello di creare uno staff tecnico all’altezza e di rilanciare la storia di questo club che questo anno festeggia i suoi 60 anni. Abbiamo onorato la memoria del fondatore del club con la promozione dalla serie C alla B. Questo gruppo non nasce in antitesi contro le altre società siciliane, in quel caso io faccio un passo indietro. Dobbiamo collegarci al CUS Catania che in questo momento è superiore, al San Gregorio che lavora molto sulla giovanile e iniziare un percorso di cui possano beneficiare i ragazzi per fargli trovare un contesto dove poter giocare e divertirsi. Poi quando ci saranno risorse e strutture adeguate e i viaggi aerei che ti costano 300 euro a biglietto per andare a Roma, allora poi ne parliamo. Non è il momento per pensare a questo, adesso abbiamo l’impianto storico di Catania che è in fase di ricostruzione da oltre 5 anni.”

In quel caso lo stadio Paolone andrebbe alla Amatori o al CUS?
“Questa è una bella domanda che fanno tutti, come se il campo potesse appartanere solo a uno. Quel campo è stato costruito, e lo dico a tutti, anche a chi pensa di essere il padrone di casa, con risorse pubbliche, è stato dato in gestione a un consorzio di 5/6 società che lo ha gestito francamente male con tanto di prova, lo ha gestito come se fosse casa sua, quando ricordo che un impianto comunale resta comunale e deve dare spazio agli altri. Lì quel famoso attrito fa club si trasformò in guerra, con situazioni in cui anche se il campo era libero non lo dai perché si rovina l’erba e questa guerra tra due dirigenti la pagano i bambini.
Quando tu non apri la stanza della clubhouse e fai fare a dei ragazzini di 14 anni e ai loro genitori il terzo tempo sotto la pioggia perché vuoi punire un dirigente che ti sta antipatico, questa è una vigliaccata. Non stai punendo quella persona, stai punendo dei ragazzi che poi crescono odiando un altro club per colpa di diatribe tra dirigenti.
Per quel campo io spero che il comune riveda questo accordo. In questo momento il capofila del consorzio è il CUS Catania e questo garantisce tutti perchè il presidente è una persona per bene, è un illuminato dal punto di vista sportivo e a me andrebbe bene se restasse a questo consorzio a guida CUS Catania, pero’ aperto a tutti quelli che vogliono giocare a rugby perché è un campo finanziato con soldi pubblici e quindi deve appartenere a tutti.”
La domanda nasceva anche da questo, perché con l’unione delle squadre questo problema verrebbe meno, sarebbe lo stadio del Catania Rugby.
“Infatti una delle cose che avevo suggerito è che si ridia l’impianto al comune e ci si ripresenti con un nuovo consorzio formato da tutte le società di rugby trovando un accordo prima, lavorando tutti insieme anche con il football americano. Sono bravi ragazzi che hanno bisogno di ospitalità per giocare partite in tutta sicurezza. Ci sono due campi, uno non regolamentare da allenamento che farei in erba sintetica in modo che possa sopportare il carico di tutti e e uno da gara da tenere in erba naturale e utilizzare solo per le partite e le occasioni importanti. Il capofila può essere tranquillamente il CUS Catania e poi ognuno mette il suo e lo teniamo tutti, mi sembra la cosa più sensata anche perché il campo è di tutti, non puoi pensare che il campo è tuo o mio. La gestione degli impianti sportivi nel sud Italia sta creando dei problemi grossissimi e ho fatto una relazione che voglio mandare al ministro. Ci sono due problemi, il primo è che chi prende in gestione gli impianti fa fuori gli altri e non li fa giocare, il secondo problema è che i costi delle utenze e della manutenzione sono a carico del club, che prende i soldi dalle quote dei giocatori quindi danneggia ancora di più le famiglie più povere che non ce la fanno e i ragazzi non possono più giocare. Poi ci sono altri effetti, ma in un paese normale è l’amministrazione pubblica che mi deve garantire un posto dove fare sport in sicurezza, ma il servizio di dare in gestione l’impianto ad un club fa comodo ai comuni che trovano un privato che lo gestisce e si prende il carico dei costi, più vai al Sud, più questa è la soluzione più facile per un comune. Allora mi chiedo che senso ha avere l’assessore dello sport se poi dai tutti gli impianti in gestione ai privati, stai annullando la tua stessa figura. Lo sport è tra i servizi fondamentali che il comune deve offrire, perché lo sport tiene alla salute, a maggior ragione oggi che lo sport presto diventerà parte integrante della nostra costituzione, perché verrà messa dentro la costituzione la parola sport e questo significa che viene sancito un diritto a praticare sport in tutta Italia, non solo in alcune aree. Se passa il disegno di legge che dice che l’attività sportiva può essere prescritta come farmaco e come cura, a maggior ragione devi garantire alle famiglie più povere questo servizio. Se entra in costituzione deve essere un diritto per il ragazzo di Aosta come per il ragazzo di Siracusa.”
Quindi c’è la volontà di costruire il club a Catania? C’è un progetto in corso o non ancora? Tino Lazzara del CUS ci diceva che sarebbe più facile farlo adesso anche perché alcune dirigenze si stanno svecchiando.
“Un progetto vero non c’è e dovrebbe essere prima la federazione a farlo e poi i club a eseguirlo. C’è un’intesa che nasce dalla volontà di collaborare per l’esigenza di sopravvivere, purtroppo siamo ridotti a questo. Come hai detto tu alcune dirigenze si stanno svecchiando, Mirko Saraceno presidente dei Briganti ha 23 anni, è un ragazzo che si sta laureando e ha una certa preparazione. Altri presidenti sono cinquantenni, il San Gregorio, CUS Catania e Vulcano Rugby hanno un presidente giovane. Amatori Catania forse ha il presidente più vecchio ed è anche stato il più grande promotore del rugby sul territorio, ma è coadiuvato da me ed altri che ancora ci riteniamo ancora “non vecchi.”

Visto dall’esterno, sembra controproducente aspettare che sia la FIR a crearvi un progetto, dovrebbe partire da voi.
“No il progetto non arriverà, anche se dovrebbe arrivare. Deve essere la FIR a dirci come uscire da questo pantano, perché è la FIR che ha le risorse economiche, gli strumenti e le conoscenze. Invece hai ragione tu, è inutile aspettare che sia la FIR, soprattutto questa FIR. Deve nascere da una nostra volontà e dall’aiuto della regione Sicilia, che deve riprendere il ruolo che aveva 20 anni fa di finanziatore dello sport siciliano, non solo per il rugby. Deve nascere dall’esigenza di tutti i club, di tutte le discipline e federazioni di preparare una nuova classe dirigente più preparata. Non è più possibile dedicare allo sport solo il tempo libero, se uno vuole mandare avanti un club hai bisogno di gente che ci lavori a tempo pieno e che guadagni il suo stipendio che gli è dovuto.”
Mi sono informato su quello che ha fatto la FIR tramite il loro sito e per il rilancio sud c’è il consuntivo della commissione a chiusura del 2022. Si parla di progetti di formazione di dirigenti, formazione di tecnici, interventi di Andrea Cavinato e Carlo Pratichetti
“Si loro sono bravissimi, abbiamo anche fatto un progetto sui ragazzi disabili, ma non è sufficiente, lo dico subito.”
Infatti volevo sapere la tua opinione su questo, perché poi si parla di un finanziamento di 600 mila euro per le varie regioni, di cui la Sicilia ha preso 26.469 euro. Quindi vedo che comunque da parte della FIR l’impegno per la formazione dei dirigenti e dei tecnici e una parte di risorse arrivano.
“Non vorrei che passasse un messaggio distorto, quello che viene fatto in Sicilia viene fatto anche in Piemonte, ma anche a Treviso e in Emilia. Non vedo un passo diverso, un qualcosa in più per le regioni del Sud o per lo meno se c’è non la percepisco, quindi bisogna cominciare a chiedersi se stiamo facendo quello che serve, perché qui la situazione peggiora sempre di più e lo si vede in termine di tesserati, di partite giocate, in termine di attività e di tutto. C’è qualcosa che non funziona, inutile dire 600 mila euro, sono numeri che interessano poco, quello che interessa è il risultato. Se stai spendendo quei soldi, li stai buttando.”
Ho visto sui social alcuni degli allenamenti che ha fatto Carlo Pratichetti al polo sperimentale di Catania, puoi spiegarmi cosa è successo con questo polo?
“Pratichetti è uno dei tecnici che io ammiro di più. Per il polo sperimentale, probabilmente era il miglior progetto tra quelli presentati. Quella è stata una scelta politica e ci si è resi conto che non si poteva dire no, si è inventata questa cosa sperimentale ma non sta funzionando. Già ti delude il fatto che un progetto fatto bene, forse il migliore di tutti non venga accettato, ma vengano accettate altre città ti fa capire che è una scelta politica, per come l’ho vista io e mi prendo le responsabilità di quello che dico, è stato più politica che tecnica e per fare contento qualcuno si è scelto di fare questo progetto sperimentale. Ma se è sperimentale, quanto lungo è questo esperimento? L’anno prossimo è ancora sperimentale o viene consolidato?
Torniamo al fatto che abbiamo bisogno di più risorse, più energie, più di tutto. Questi poli bisognerebbe crearne di più e dove serve, non dove… voglio dire una cattiveria e la dico: dove ci sono più voti
Qui paga il fatto di non avere un peso politico, chi se ne frega del Sud? ha avuto un grandissimo peso sportivo, ha sempre dato un contributo anche in termini di giocatori per la nazionale e non parlo solo del sottoscritto ma parlo anche degli altri.”
Quindi al momento il polo sperimentale è solo per le u17?
“Si, anche se si torna agli anni pari quindi u16 o u18. Anche da questa scelta di passare dagli anni dispari agli anni pari si evince la confusione delle idee che ci sono. Era stato detto di non passare agli anni dispari, poi ci siamo passati e adesso si dice che tutti vogliono gli anni pari e quindi si va a consultazione e a volere dei club di anno in anno. Questo testimonia che non c’è una missione da qua ai prossimi 6/7 anni di cosa vuole fare questa Federazione. Lo testimonia questo tipo di atteggiamenti “ah perchè l’80% dei club è d’accordo”, va be allora andiamo avanti così,’ facciamo un sondaggio su ogni decisione, che poi non viene fatto perché abbiamo una presidenza in cui decide tutto lui e il bello è che criticava quello che c’era prima, lo dico prendendomi tutta la responsabilità di quello che dico.”
Secondo te per un ragazzino siciliano di Palermo, Siracusa, Agrigento qual’è il percorso che puo’ fare per arrivare all’alto livello?
“Se questo ragazzino nasce in una città come Agrigento, non ha nessuna possibilità. Là proprio non c’è rugby. Se nasce a Catania, Palermo, Messina, Ragusa forse qualche possibilità ce l’ha, ma deve essere veramente talentuoso per arrivare oggi in Nazionale perché praticamente è impossibile senza una formazione tecnica, oppure come ho detto prima ed è triste dirlo, prendi, ti fai le valigie e te ne vai. L’ha fatto Licata a 16 anni e se n’è andato a Parma, se fosse rimasto qua probabilmente non avremmo Licata in Nazionale e lo dico con tutto il rispetto per il movimento del sud Italia. Se pero’ dobbiamo essere realisti, dobbiamo anche essere consapevoli dei nostri limiti in questo momento. Una parte è colpa nostra e una parte è di chi non ci aiuta.”
Sono tante le regioni e i club del Sud che hanno bisogno di risollevarsi. Il commento che ci è arrivato anche dai social è proprio il suggerimento ad unirsi, ma non solo a Catania, anche in altre città come Napoli, Bari ecc.
“Io parlai di questo progetto a Paolo Vaccari, ovvero quello di creare nel sud Italia delle franchigie a carico della Federazione. Ammesso che l’accademia di Catania aveva un costo elevato ed è durata poco, si poteva rivedere i costi mantenendo il principio che fosse la Federazione a sostenere alcune selezioni. Pensavo a due under16 Siciliane e due u18, una con sede a Catania che prendeva l’area di Caltanissetta e Siracusa e una con sede a Messina che prendeva anche l’area di Palermo. Con tecnici federali perché quando ho un progetto federale i club hanno più disponibilità a dare i giocatori, altrimenti se un club deve dare un’atleta ad un altro club poi c’è il rischio che il ragazzo non torni e quindi non ti da il giocatore migliore sempre per quel discorso di antipatie fra i club. Se invece un club sa che c’è il tecnico federale e la garanzia che il giocatore poi torna al club come succedeva con l’accademia, allora è più disponibile. Avrei fatto una u16 e una u18 in Calabria, due u16 e due u18 in Campania e una u16 e una u18 in Puglia. Per un totale di 6 club e si faceva un torneo di selezioni tra i migliori giocatori, tutto a spese della Federazione che di fatto già per partecipare ai campionati ti da un rimborso del 30% delle spese che non sono sufficienti ovviamente. Una trasferta di una società siciliana che deve andare a Napoli costa sui 4000/5000 euro, ne riceve 2200/2300 e fa quasi un 50%, quindi di fatto già ci sono questi investimenti. Io avevo suggerito a Vaccari di investire con una spesa un pò maggiore, paghi il tecnico, paghi le trasferte di modo che una società che fa una u16 non gli può costare 30/40000 mila euro ogni anno, una categoria u16 non può costare così tanto e la Federazione se lo può permettere. Individui i migliori giocatori, magari li portano poi su dove devono andare, ma vengono da un percorso più competitivo rispetto ad un campionato siciliano che non esiste più di fatto, ci sono solo due u18 e forse 3 o 4 u16 in Sicilia. Poi fare un festival tra le 6 franchigie del sud con quelle del nord, magari la migliore del sud contro quella del centro e quella del nordest. Poi magari prendo 50 punti da quella del nordest, me ne frego ma ci gioco. Oggi un ragazzo siciliano fino ai 18 anni non gioca con nessuno, se non forse ai festival a Roma. Quando ero giovane il trofeo delle regioni era la cosa più bella per confrontarsi con gli altri. Oggi non è così, il livello è basso e resta basso, non hanno nessuna prova per misurarsi contro gli altri. Chiaramente tutta questa è un’idea che va migliorata e misurata con le risorse economiche, ma era una prima idea che a me e ad altri piaceva molto. In questo modo un club non si sobbarcava di troppe spese, che di fatto i tecnici federali già ci sono, quindi assegnavi a ciascuno di loro una selezione, poi con risorse spese bene e prenotazioni fatte in tempo, la Federazione non spendeva tanto, poco più di quello che spende già adesso e in più dava valore anche all’identità perché poi avresti fatto parte della selezione siciliana, con Sicilia est vs Sicilia ovest ecc. Confrontandomi con i vari presidenti campani e pugliesi erano tutti d’accordo, ma poi il progetto è restato sulla carta.”
È un peccato perché è sicuramente un’idea da valutare, poteva essere una bella occasione. Un’altra domanda che ci hanno fatto riguarda la comunicazione, cosa si può fare di più per raccontare il rugby in Sicilia?
“Noi oggi possiamo raccontare quello che era il rugby siciliano, oggi non possiamo raccontare tanto del presente purtroppo.”
Esiste un social, un blog che parla di quello che succede nel rugby siciliano?
“Esistono ma adesso non li guarda più nessuno. Fino a 7 o 8 anni fa era un modo per confrontarsi anche con critiche dure, ma ora non li frequenta più nessuno. Molti leggono, ma nessuno si impegna più a scrivere, c’erano dei blog in cui ci sono stati confronti molto duri anche con la mia persona, ora non c’è neanche questo. Oggi se vuoi raccontare il rugby siciliano puoi raccontare quello che è stato, non quello che è, alcune volte proviamo anche vergogna a raccontare quello che è purtroppo. Sembra una cosa brutta da dire da ex presidente del comitato siciliano, sicuramente non è bello, ma bisogna essere realisti.”
È stato proprio Tino Lazzara del CUS a parlarmi di questo gap nella comunicazione, dicendomi che lui fa anche delle proposte ma si scontra con ideologie un pò arretrate.
“Mi confronto con Tino almeno una volta ogni 2 settimane, a volte anche con idee contrapposte, ma Tino è una persona molto leale e competente, un appassionato puro e ce ne vorrebbero tanti come lui ma purtroppo non ci sono. E’ uno di quei manager che fanno le cose per passione. Ha ragione, non c’è una vera comunicazione in quello che avviene, magari viene comunicato che viene Pratichetti o qualcun’altro ma finisce così, la gente ne prende atto.”
Ti faccio l’ultima domanda e poi ti lascio andare…
“No tranquillo, anzi che tra poco vado ad allenare (ride ndr). I Briganti di Librino ci ospitano nel loro campo e abbiamo un allenamento con i ragazzi della Amatori 63. Siamo stati appena promossi in serie B ed è una settimana che giochiamo solo a toccare, oggi invece.. (ride ndr)

Se adesso l’Italia dovesse venire a giocare in Sicilia, si riuscirebbe a riempire lo stadio Massimino a Catania?
“Si, il Massimino quella volta nonostante la pioggia del giorno prima, abbiamo avuto la fortuna che il cielo si è aperto giusto giusto la mattina fino a dopo la partita, credo abbia fatto 15 mila spettatori su uno stadio che ha circa 22 mila posti. Sono convinto che se la Nazionale tornasse a Catania si riempirebbe, ma anche Palermo, Napoli e Bari sono pronte a rispondere.”
Lo scopo di questo progetto è proprio quello di dare visibilità ai club del Sud e capire come si vive il rugby nel meridione.
“Tutti quelli che ho avuto modo di conoscere quest’anno tra Lecce, Bari, Benevento e Salerno sono tutti dirigenti appassionati, che hanno voglia di emergere e voglia di fare, ma se devo essere sincero sono tutti un po’ giù, un po’ disillusi e abbandonati. Questo fa male da vedere, però la voglia, la scintilla dentro ce l’hanno ancora. Bari ha investito, ha preso come direttore tecnico Mauro Bergamasco. C’è tanto da fare su tutti i livelli, alcune cose nell’immediato e altre che vanno pianificate per i prossimi anni, ma se non partiamo la parabola è sempre più discendente.”
Alla prossima puntata con Francesco Urbani, responsabile per il rugby di base della FIR che risponderà alle domande del team di Carborugby, a quelle del pubblico sui nostri social e alle critiche sollevate da Orazio Arancio in questa intervista.