Abbiamo intervistato i responsabili della promozione sul territorio delle Zebre Parma per capire meglio il loro lavoro e i risultati che sono stati ottenuti in questi anni.
Le Zebre nascono nel 1973 come un club a inviti per rappresentare l’Italia del Nord – Ovest, analogamente ai Dogi del Triveneto e ai Lupi di Roma. Nel 1997 il club cessa ogni attività e rinasce nel 2012 come franchigia federale con base a Parma. La città emiliana vanta una grande tradizione rugbistica, tanto che il Sole24 ore ha classificato Parma come la città più rugbistica d’Italia, Treviso è al secondo posto. La base è solida, ma arrivare al cuore dei tifosi è un processo che richiede tempo, lavoro, passione e risultati sul campo.
Valentina Bracalello: responsabile operations per le Zebre, coordinamento di tutti i reparti non legati al rugby giocato.
Mattia Agazzi: community manager, responsabile Zebre family, ticketing giorno gara, gestione degli atleti agli eventi e CSM.
Come siete arrivati alle Zebre Parma?
Valentina: io ero la project manager della “Millemiglia“, l’amministratore delegato era Andrea Dalledonne, da sempre appassionato di rugby, era un amministratore con un esperienza pazzesca soprattutto nella ricostruzione di aziende, nel momento in cui le Zebre hanno avuto necessità di ripartire da zero e riorganizzarsi è stato chiamato dalla FIR e nel 2017 mi ha coinvolto in questo progetto. Per me è il lavoro più bello del mondo e la cosa più bella che ho fatto. Lavorare in una squadra sportiva ti da tante batoste, ma tantissime soddisfazioni, poi l’ambiente aiuta, si crea una famiglia, quando ci sono le partite soffri come una bestia, ma soffri insieme.
Mattia: io devo ammettere di essere un mancato calciatore, quando ho capito che il calcio non sarebbe stata la mia strada ho seguito gli studi e ho preso un master in Sport&Management, sono venuto qua e ho conosciuto Simone Del Latte (media manager) e poi ho cominciato a lavorare con Valentina.
Parlatemi del progetto Zebre Family
Valentina: il progetto è nato nel 2018, dopo che nel 2017 c’è stato un cambio di società e le Zebre sono tornate di proprietà della FIR cambiando quasi tutte le figure all’interno dello staff e degli uffici, ne era rimasta una storica che era Leonardo Mussini, venuto a mancare un paio di anni fa. Era stato lui ad ideare il progetto di copiare dalle altre franchigie che all’estero lavorano molto sul coinvolgere tutto quello che gli sta attorno, quindi in una chiave molto territoriale della loro provincia. L’idea è che noi siamo la punta di questo movimento e dobbiamo dare qualcosa indietro, quindi l’importante non è solo quello che facciamo in campo, ma anche quanto restituiamo al rugby di base e tutto il movimento. Le Zebre Family sono nate per questo, ripescando il lavoro che era già stato fatto con una trentina di club per poi crescere e arrivare ai 135 attuali (qui la lista delle squadre affiliate ndr). Per quanto riguarda il territorio, essendoci una macro area che è il Veneto che quasi vale come il resto dell’Italia, con Benetton c’è questa sorta di patto non scritto per cui noi non abbiamo nelle Zebre Family squadre venete. I nostri club vanno dal Ticino in Svizzera a Catania. Chiaramente c’è una concentrazione particolare tra Emilia Romagna, Lombardia e Piemonte che sono le aree che sono più vicine a noi, ma in realtà arriviamo da tutte le parti.

Ci sono dei criteri su cui basate la selezione dei club o sono gli stessi club che fanno la richiesta di essere affiliati alle Zebre Family?
Mattia: non c’è assolutamente nessun criterio, i club sentono parlare di quello che facciamo allo stadio, di quello che permettiamo di fare ai ragazzi, quindi alcuni chiedono informazioni e altri non ce lo chiedono neanche secondo me, perché pensano che ci sia da pagare una sorta di quota. In realtà è assolutamente gratuito e questa è una cosa a cui noi teniamo molto.
Valentina: non c’è nessun criterio anche perché il panorama delle società è molto variegato, ci sono i club che hanno 400 tesserati e quelli che ne hanno 26 e fanno solo old o touch. La nostra idea è quella di parlare con tutti e capire quali sono le loro esigenze.
Mattia: Noi facciamo i clinic che sono seminari dedicati alle Zebre family con temi che vanno dall’attività sul campo alla parte management. L’ultimo è stato fatto sulla comunicazione, prima avevamo fatto la differenza tra ipertrofia e muscolatura profonda, altre volte abbiamo parlato della touche e della difesa generale.
Qual è il budget che le Zebre mettono per lo sviluppo sul territorio? Questo budget ha dei vincoli di utilizzo per le varie voci di spesa?
Mattia: in realtà non abbiamo corrisposto alcun budget per le Zebre Family e territorio, però chiaramente siamo disponibili in qualsiasi caso per valutare le attività. L’anno scorso abbiamo dato al Rugby Parma le magliette con il nostro logo e il nostro sponsor a tutti i bambini del minirugby, è stata una bella attività perché non avendo le giovanili è stato un modo per legarci e allo stesso tempo permettergli di avere un materiale tecnico. Un altro esempio è il fatto che ogni volta che mandiamo un nostro atleta in giro per un evento, noi non chiediamo assolutamente nulla in cambio e quindi è tutto a carico nostro.
Valentina: tutte le attività delle Zebre family fanno parte del nostro budget di comunicazione.
Il budget che Zebre investono per la comunicazione a quanto ammonta?
Valentina: non lo sappiamo, ma non è molto. Le Zebre giocano in un campionato dove ci sono squadre molto importanti che hanno budget con cui noi non possiamo minimamente competere. É evidente che il nostro budget è per lo più dedicato alla parte tecnica. Il campo e l’organizzazione societaria sono strettamente legate, ma non abbiamo chissà quali risorse da investire, lavoriamo molto di nostro, ma siamo molto felici perché nonostante i budget per le relazioni esterne e il marketing siano risicati, diciamo che con la passione che abbiamo tutti, i nostri risultati li otteniamo.

Tra i vari eventi che avete fatto fino ad adesso, qual è quello che ha avuto più riscontro e successo?
Mattia: l’evento più importante delle Zebre Family è il “memorial Mussini” che prende il nome di Leonardo, quest’anno era la seconda edizione e l’abbiamo fatta a Jesi, l’anno scorso era a Parabiago. Abbiamo cambiato geograficamente per permettere a tutti i club di partecipare e devo dire che è un evento molto bello, in numeri lo dimostrano, con questi due giorni di Parabiago siamo arrivati a 2000 persone, Jesi un po’ meno ma era anche una realtà più piccola. Però è proprio bello vedere tutte le categorie di minirugby partecipare a questo evento.
Valentina: questo per noi rimarrà sempre un evento itinerante che organizzano i club con il nostro supporto. Noi scegliamo in base alle candidature, nel senso che il club deve essere in grado di poter supportare l’evento, però nel momento in cui organizzano c’è un riscontro positivo anche per il club stesso. Questa era l’idea di Leonardo e la manterremo sempre così, poi si può organizzare anche a Parma, ma sempre tramite una delle società della franchigia.

All’interno di questi 135 club che sono affiliati alle Zebre Family, c’è un sistema di scouting per quei talenti che potrebbero unirsi all’accademia u23?
Valentina: si, ma il sistema di scouting deve venire dalle squadre, nel momento in cui ci fanno la segnalazione, allora qualcuno del club va a vedere e verificare. Ovviamente noi non andiamo a fare scouting, quello che ci piacerebbe fare e per cui ci stiamo organizzando per l’inizio della stagione è quello di fare dei trial, quindi all’inizio della stagione organizzare dei momenti in cui chi vuole può venire e fare una settimana con noi. Chiaramente chi abbia giocato a un livello alto, ecco, io no (ride ndr).
Magari con la Zebre femminile…
Valentina: quello è un progetto del mio cuore (ride ndr) hai toccato una corda importante. Quindi si, sicuramente questa dei trial è una cosa su cui stiamo lavorando, non ci siamo ancora, non siamo ancora pronti, ma ci piacerebbe dare una possibilità a un ragazzo che viene da uno dei club a venire a fare una prova, ci piacerebbe molto.

Quanto pesa non avere le giovanili?
Valentina: un club vive anche del minirugby e di tutta la parte di attività e di contorno che si crea con le mamme, le nonne ecc. Mi ricordo quando una volta siamo andati a giocare a Viadana contro Leinster e c’erano le mamme che facevano le torte per raccogliere i soldi per fare delle attività e questa cosa mi è piaciuta molto, è una cosa proprio da club che a noi manca ed è sempre mancata. La collaborazione con i club del territorio, da questo punto di vista è molto importante, vorrei che si lavorasse di più per fare in modo che anche i ragazzi del territorio vedano le Zebre come la squadra in cui vogliono andare a giocare da grandi. Poi questo non mi compete, ma credo che per la creazione di un legame ancora più stretto sia davvero importante.
Creare le junores Zebre sarebbe possibile?
Valentina: come Zebre no, anche perchè non è il nostro compito andare a togliere quello che gli altri club già stanno facendo benissimo, ma magari creare una sinergia più stretta.
Quindi il progetto Zebre Family nasce nel 2018, dal 2018 in poi le presenze allo stadio sono aumentate?
Valentina: tieni conto che è stato tutto molto altalenante anche con il Covid di mezzo, quindi non riusciamo ad avere un dato particolarmente preciso su questo, però nel momento in cui abbiamo iniziato a lavorare con le Zebre family, abbiamo cominciato ad avere pullman di squadre che venivano da fuori. Al netto di quello che succede sul territorio, perché i bambini che giocano nei club della zona sono i nostri primi tifosi, nel senso che allo stadio vengono indipendentemente dalle Zebre family. L’idea pre covid è sempre stata quella di fare il “club of the day”, quindi avere un club della franchigia che veniva e faceva tutta una serie di attività con noi e poi al terzo tempo fare una specialità culinaria di quel club. Quindi legare tutta la giornata al club della franchigia con i bambini che facevano il tunnel ecc. Avevamo fatto un concorso all’interno dei club Zebre Family con il paramento della distanza, quindi chi comprava più biglietti e veniva da più distante veniva premiato. Per chi vinceva si andava tutte le Zebre con i pullman a fare una cena nella club house del club delle Zebre Family, è successo con un club della Valtellina, abbiamo fatto un allenamento la sera con loro e poi una cena con tutti i bambini. L’aumento di tifosi c’è stato, ma dipende sempre anche da quando giochi, perché i nostri orari non aiutano a venire da fuori. Giochiamo tantissime volte la sera e per chi viene da fuori è complesso, anche se a Parma funziona tantissimo, è più facile quando giochiamo nel pomeriggio. Però i numeri sono interessanti, soprattutto quando vediamo arrivare 4 – 5 pullman, poi dipende anche se facciamo delle iniziative legate alle Zebre Family in quella partita, non lo facciamo sempre, ma il club of the day si, con la possibilità per i bambini di fare attività, di visitare gli spogliatoi, fare una merenda insieme. Tieni conto che i presidenti di tutti i club delle Zebre Family ricevono una card che si chiama Zebre premium card e sono sempre invitati a tutte le partite con l’hospitality, confermando chiaramente la loro presenza, per i club ci sono le scontistiche dedicate.
Mattia: l’aumento c’è stato e lo dimostra il fatto che l’evento principale non è più un club of the day, perché ci siamo resi conto che dicendo di si ad un club, non avremmo permesso a molti atri di fare le stesse attività. Cercando di venirci incontro, ad esempio, nel girono gara i club che arrivano prima allo stadio possono entrare negli spogliatoi accompagnati dai nostri giocatori non convocati, quindi i ragazzini già sono felicissimi ed entrano nello spogliatoio già allestito per il giorno gara. I giocatori spiegano come si preparano nel giorno della partita, poi c’è un momento di Q&A dove i ragazzini si sbizzarriscono.
Valentina: quello è il mio momento preferito, loro escono dal tunnel degli spogliatoi che è quello da cui escono i giocatori, si mettono nella nostra tribuna nord e fanno domande, ma escono cose fantastiche. Il mio preferito è stato un bambino che ha chiesto a Jack Ferrari “ma tu che ruolo fai?” e Jack gli ha risposto “terza linea” e il bambino “mmm, non sei tanto grosso”.

Come viene promossa a Parma la partita?
Valentina: a volte facciamo locandine se la partita è importante o se abbiamo delle iniziative particolari. Quello che abbiamo notato è che l’ultimo anno è stano l’anno di record di pubblico e abbiamo perso tutte le partite. Io lavoro qui dal 2017, il primo anno abbiamo vinto 7 partite, è stato l’anno boom e infatti l’anno dopo abbiamo avuto un sacco di pubblico e abbonati. Il dato era sempre legato alle vittorie, noi abbiamo cominciato la stagione 2018 – 2019 con 3 vittorie in casa consecutive che non era mai successo, alla quarta che abbiamo perso contro Ospreys e avevamo 4000 persone, quasi numeri del derby. Quest’anno, con un livello di sbattimento senza senso, è stato il primo anno in cui questa tendenza non si è verificata. Noi abbiamo vinto una partita l’anno scorso e quest’anno non abbiamo mai vinto. Abbiamo notato che puntando su tutte le attività extra partita, quindi creare un ambiente allo stadio in cui tu vuoi venire indipendentemente dal risultato, dove ti diverti, ci sono delle cose da fare e trovi una situazione che ti piace. Questo funziona tantissimo, molto di più della comunicazione tramite flyer e locandine. Conta tantissimo l’atmosfera, abbiamo iniziato una serie di collaborazioni, una con il BREAD, che sono una serie di locali di Parma che da quest’anno gestiscono il food and beverage allo stadio, che è un modo di gestire questo aspetto più locale e meno da stadio, con un approccio diverso. Abbiamo cambiato le strutture e puntato tantissimo sul terzo tempo quando lo potevamo fare, abbiamo una collaborazione con Vinylstic che è una associazione di DJ di Parma di cui era presidente sempre Leonardo (Mussini ndr) e adesso abbiamo il DJ prima della partita e il DJ dopo, abbiamo i gonfiabili per i bambini, abbiamo “insieme verso la meta” che fa attività di psicomotricità legate al rugby per tutti i bambini. Abbiamo fatto il terzo tempo dell’ultima partita contro Cardiff il 28 Marzo, al netto del risultato c’erano 3800 persone, per noi è un ottimo risultato in un anno di sole sconfitte, poi abbiamo fatto la festa nel piazzale che è stato pieno fino all’una di notte con il DJ e la gente che ballava, questo è stato il nostro risultato dell’anno, questa modalità di intervenire sull’evento gara ha funzionato. Tantissime volte si sente dire “Parma non risponde alle Zebre”, non è vero. Dopo 7 anni che sono qua, anche io all’inizio la vedevo questa disaffezione, ma ora non è più così. La storia non si costruisce in un secondo, Parma aveva le sue squadre di rugby di livello e poi gli hanno dato le Zebre. Prima avevamo tanti tifosi che venivano da fuori, ora abbiamo tantissimi locali, anche persone non appassionate di rugby. Diciamocelo, i tifosi di rugby in Italia sono pochi, quindi già si dovrebbe fare un ragionamento sugli orari e i luoghi delle partite, forse far giocare noi e Colorno sullo stesso orario è una cosa su cui lavorare. L’idea dovrebbe essere anche di attirarne di nuovi, infatti i tifosi che vengono allo stadio la prima volta sono sempre sorpresi dall’atmosfera, ma non perché siamo noi, succede anche a Treviso. L’idea di andare allo stadio ti da una sensazione diversa ed è importante utilizzarlo questo concetto, in modo di attrarre più tifosi e che facciano poi giocare i bambini, è l’obbiettivo su cui stiamo lavorando tutti.

Come rispondete alle critiche di chi sostiene non ci sia un vero legame tra città e franchigia?
Valentina: la gente ha avuto modo di conoscerci e capire che siamo una squadra di Parma. C’è voluto il tempo che ci voleva, ma è normale che sia così, il punto è avere costanza in questa cosa e spero che ce ne sia anche in futuro di costanza. Quando lavoravo qui all’inizio mi capitava di andare in giro con la giacca delle Zebre e la gente mi chiedeva “ma che cos’è?”, adesso non capiterebbe mai, non ci sono persone a Parma che non sanno cosa siano le Zebre. All’inizo c’era un problema di awarness, l’azienda farmaceutica che è qua a fianco non sapeva che esistesse la cittadella del rugby e poi hanno fatto un team building da noi. Si è lavorato tanto e nonostante i budget molto risicati, si è fatta tanta attività sul territorio, facciamo 3000 cose, ieri i ragazzi erano al Giocampus che è il più grande centro estivo di Parma. Abbiamo fatto un team building collaborando con un associazione di universitari che si occupa di ripulire la città. Quella era un’attività anche legata al nostro quartiere San Leonardo. Tutta la parte di CSR (Corporate Social Responsability ndr), di collaborazione di etica e con le scuole è un aspetto in cui ci piace molto lavorare.
Tutti i cambi in corso d’opera tra giocatori, presidenti, allenatori e adesso il logo che è cambiato 3 volte dal 2020, hanno inciso sull’avere una vostra identità di Zebre a Parma? Hanno portato difficoltà a voi, nel vostro lavoro di rappresentare la squadra sul territorio?
Valentina: non è proprio cambiato, ci sono stati dei piccoli aggiustamenti dal 2020 (ride ndr). Il logo è cambiato con le diverse impostazioni che ci eravamo dati. Chiaramente chi arriva porta la sua strategia, quindi l’immagine si deve adattare alla strategia di chi arriva. É il riferimento che da a noi le indicazioni su dove dobbiamo andare. Comunque da quel punto di vista no. Ci sono altre situazioni da affrontare, ma non sulla questione del territorio. Le indicazioni dell’amministratore con con cui abbiamo iniziato che era Andrea Dalledonne, ma anche Carlo Checchinato e Michele Dalai che ci sono stati negli ultimi 2 anni, era di insistere molto sulla presenza sul territorio e sull’identità che dovevano avere le Zebre. Poi ovvio ci possono essere delle visioni diverse, noi abbiamo fatto delle partite itineranti come quella a L’Aquila, un territorio dove il rugby è importantissimo e non aveva la possibilità di vedere una partita di rugby internazionale. Il fatto di farle e se le faremo in futuro, non toglie nulla al fatto che ci sentiamo una squadra di Parma. Quello che può influire sul rapporto con il territorio è il dubbio, perché se c’è il dubbio che le Zebre restino a Parma, poi diventa più complesso, ma per contro sul pubblico, sull’affezione e sul fatto che ci possa essere un attaccamento in realtà no. L’ipotesi che te le possano portare via ti fa affezionare ancora di più e ti fa lavorare in modo che restino.
Parliamo degli obbietivi per quest’anno per quanto riguarda la promozione sul territorio.
Valentina: come sai siamo in un periodo di cambiamento, quindi dobbiamo verificare quali saranno gli obbiettivi che ci saranno dati. Noi come staff abbiamo la nostra idea e la porteremo, quando sarà validata allora costruiremo. Noi stiamo andando avanti con le nostre iniziative, adesso andremo in ritiro a Bedonia ad Agosto, poi abbiamo lanciato “Zebre in Provincia” per coinvolgere non solo Parma città, abbiamo un accordo con Infomobility per far capire come arrivare allo stadio in bicicletta adesso che tutta la via è stata resa ciclabile, quindi andremo a fare il video per far vedere che dal centro si può arrivare allo stadio in bici. Abbiamo fatto fare una valutazione per capire quanto lo stadio fosse accessibile e in base alla loro relazione stiamo facendo uno stadio moderno e molto aperto, perché il nostro stadio non ha cancelli. Ci sono degli interventi da fare e le faremo.
Ci sono degli obbiettivi per quanto riguarda il numero medio di spettatori?
Valentina: si come ti dicevo prima, all’inizio ci si è basati molto sull’andamento della squadra, ma poi abbiamo notato che non è così. Ora con la coppa del mondo, cominceremo a giocare il weekend del 21 Ottobre e quindi dovremo un attimo rimodulare, l’anno scorso siamo partiti molto presto e abbiamo iniziato usando i mesi di bel tempo per creare le iniziative, poi l’evento lo crei, ma non quando giochi a Gennaio a -2 gradi, diciamo che ci vuole molta invettiva, poi noi non abbiamo la club house, quindi anche quella è una cosa su cui bisogna avere molta creatività. Dobbiamo partire dal dato dell’anno scorso ed è evidente che non riusciremo ad avere 3800 persone ad ogni partita, quello che facciamo è darci un’idea di quante persone vogliamo raggiungere a seconda dell’orario e data della partita. Giocare a Marzo e Gennaio alle 7 di sera è diverso, poi dipende ci sono i ponti, partite concomitanti come quelle di Colorno. Quindi sulla base di tutte queste prime analisi ci diamo un obbiettivo per la partita.

Quindi mediamente qual’è un buon risultato dal punto di vista di pubblico per il Lanfranchi? (capacità massima 5000 posti ndr)
Valentina: dai 2500/3000 in su è tutto buono.
Ci hanno chiesto se esiste un merchandasing delle Zebre per le scuole, come zaini, astucci e tutte quelle cose che potrebbero usare i bambini?
Mattia: Quest’anno abbiamo cambiato sponsor tecnico con Canterbury e su questo ci si può volentieri ragionare. Ora come ora per quello che riguarda la scuola no, ma abbiamo portachiavi, braccialetti, tatuaggi, spille, bicchieri e un sacco di altre cose. Il Parma calcio fa le matite ecc, noi non siamo ancora a quel punto, però può essere un bell’obiettivo.
Valentina: avevamo fatto per un periodo una cosa che si chiamava “neonati zebrini” che da quest’anno riprendremo, regalevamo una palla piccola da rugby al primo nato della settimana dell’ospedale di Parma, quindi andavamo in ospedale con i ragazzi a fare la consegna della pallina. É un modo anche quello per creare awarness, certo la mamma appena ha partorito non è proprio la più felice del mondo (ride ndr), però di solito i papà, le infermiere e i dottori erano tutti felici.
Abbiamo letto che Edimburgo nel preseason andrà a fare i propri allenamenti nei vari club della zona e affiliati, potrebbe essere un’idea anche per voi per legare ancora di più con il territorio?
Valentina: si questo lo abbiamo fatto in passato allenandoci spesso con il rugby Parma facendo poi grigliate insieme. L’idea dell’anno scorso che è ancora in ballo era quella di andare una volta a settimana in giro nei club del territorio, ma non è così semplice, perché fare un allenamento spot lontani dal Lanfranchi si può fare, ma fare rientrare questo nella programmazione settimanale è complesso dal punto di vista logistico, anche perché qui abbiamo tutte le nostre infrastrutture. Con George Biagi abbiamo esplorato questa idea, ma per ora non ci siamo arrivati, farlo con costanza è complesso. Comunque quello che hai detto è molto interessante, fare il benchmark con quello che fanno gli altri e sostanzialmente copiare, è una cosa molto intelligente perché lo fanno da più anni di noi e hanno una tradizione più radicata. Noi lo facciamo spesso e la URC da molta possibilità di collaborare tra club e scambiarsi le best practices.

Come funziona la collaborazione con gli altri club di URC?
Valentina: io ad esempio lunedì avrò una riunione con tutti gli head of commercials di URC, per capire come stiamo lavorando sugli sponsor, poi ci sono i vari rapporti personali che si sono creati negli anni
Con i vari club già presenti in città, il Colorno e il Parma Calcio, cosa manca alle Zebre per diventare la squadra sportiva di riferimento per Parma?
Mattia: semplicemente il tempo, dalla nascita delle Zebre è stato complicato radicarsi. Chi non viveva di rugby si aspettava di tovarsi un altro Colorno, un altro rugby Parma, quando in realtà noi semplicemente siamo le Zebre. Certe volte nel bene, altre nel male, stiamo dimostando di avere una nostra identità e con gli ingressi che abbiamo allo stadio si sta dimostando che la gente apprezza questa identità, è una questione di tempo e risultati.
Valentina: è più facile affezionarsi a una squadra che vince, poi i nostri obbiettivi non saranno mai vincere la URC, è evidente, però avere delle buone performance. Noi abbiamo fatto tante partite molto belle e divertenti e questo è importante perché al tifoso di rugby italiano piace vedere queste partite, poi chiaro che piace anche vincere. Se la società è solida e lavora bene, poi questo si riflette anche sui ragazzi, perché si sentono in un ambiente sereno dove vengono supportati. Sicuramente le vittorie non dispiacerebbero.

Si parla molto del futuro della franchigia, di Lupi, di Roma ecc. Quanto impatta questa insicurezza all’interno della società delle Zebre?
Valentina: non posso nasconderti che nei momenti in cui abbiamo avuto più stabilità eravamo tutti più sereni e c’era anche più tranquillità nel parlare con l’esterno, è normale che sia così. Ovviamente la FIR deciderà quello che riterrà meglio, noi continuaiamo a lavorare cercarndo di fare il meglio possibile.
Quindi non c’è ancora la conferma che le Zebre resteranno a Parma come franchigia?
Valentina: non è una domanda alla quale posso risponderti io.
Come vi immaginate le Zebre e il Lanfranchi?
Mattia: con la squadra femminile, questa sarebbe una cosa molto importante e il Lanfranchi più pieno.
Valentina: i miei desideri sono la clubhouse, qualche modifichina strutturale allo stadio perchè vorrei che la capienza aumentasse per arrivare ad almeno 7000 persone, questo deve essere l’obbiettivo sul quale lavorare, poi la femminile io la vorrei tantissimo e spero si concretizzi presto