Immagina di essere il più giovane giocatore ad aver mai giocato una partita da professionista, ad essere soltanto il settimo giocatore inglese ad aver superato le 100 presenze con la maglia inglese e, nonostante tutto ciò, di non essere quasi mai preso in considerazione dall’opinione pubblica. Immagina di essere George Ford, e di essere uno dei giocatori più talentuosi ed intelligenti del panorama internazionale, ma di non essere sufficientemente flashy da attrarre i meno avvezzi a questo tipo di giocatori.

- Una carriera lunga, ma non è ancora finita
- Ritorno a casa
- Perfezionismo, preveggenza e leadership
- Come cambiano le cose in 12 mesi
Una carriera lunga, ma non è ancora finita
George Ford nasce il 16 Marzo 1993, figlio di un ex giocatore ed allenatore di Rugby League, sport con cui compie i primi passi su un campo da rugby e che gioca sino all’età di 11 anni. Successivamente iniziò a giocare a Rugby Union presso la Rishworth School, finché a 16 anni firmò il suo primo contratto da professionista con i Leicester Tigers.
Il talento è sempre stato presente e ben visibile, tanto che inizia a vestire la maglia delle selezioni nazionali inglesi sin dai 15 anni, giocando però in Under 18. Con la maglia della nazionale Under 20 George Ford giocò 11 partite, mettendo a segno ben 143 punti. Insomma, a livello giovanile era un vero e proprio cheat-code.
L’8 Novembre 2009, a soli 16 anni e 237 giorni, prima ancora di esordire in nazionale Under 20, Ford divenne il più giovane giocatore di Rugby Union ad esordire da professionista, giocando con la maglia dei Leicester Tigers in Anglo-Welsh Cup. Caso volle che in questa partita si trovò ad avere come diretto avversario a numero 10 il proprio fratello maggiore Joe Ford, che ebbe una dignitosa carriera tra Premiership e Championship – la prima e la seconda categoria professionistiche inglesi.

Un anno dopo, il 27 Novembre 2010, fece il suo esordio in Premiership, partendo dalla panchina nella comoda vittoria dei Tigers contro i Newcastle Falcons. Ma fu la stagione successiva quella della vera esplosione di George Ford, che, nel settembre 2011, si guadagnò per la prima volta il posto da titolare. In questo match ottenne un altro record, divenendo il più giovane giocatore della Premiership a partire titolare a mediano d’apertura. Successivamente passò un brevissimo periodo in prestito a Leeds, per poi tornare ai Leicester Tigers, con cui nel gennaio 2012 debuttò in Heineken Cup, segnando la sua prima meta con il club nella vittoria contro gli Aironi.
Due mesi dopo riuscì anche ad alzare il suo primo trofeo, guidando Leicester alla vittoria della Anglo-Welsh Cup, battendo Bath in semifinale e Northampton in finale. Al termine della stagione di Premiership ebbe anche l’occasione di giocare un minutaggio importante nella semifinale vinta contro i Saracens, segnando 14 punti, e guadagnandosi la titolarità nella finale.

Purtroppo, nonostante i 14 punti messi a segno, non riuscì a guidare i Tigers alla vittoria contro gli Harlequins, che quell’anno conquistarono il loro primo titolo .
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Nella stagione successiva, nonostante avesse già accordi con Bath per il futuro, George Ford ebbe un ruolo fondamentale durante il campionato, guidando i Tigers alla vittoria del loro decimo titolo di Premiership. Il suo contributo fu importante anche in finale, quando dovette entrare in campo già nel primo tempo per sostituire l’infortunato Toby Flood, segnando 12 punti nella vittoria per 37-17 contro Northampton.
Le successive quattro stagioni a Bath sono tutte giocate ad un altissimo livello, con Ford che da titolare inamovibile trascina la squadra, a suon di punti e prestazioni, fino ad una finale di Challenge Cup ed una di Premiership, entrambe purtroppo perse.
Nel 2017 Ford fa ritorno a Leicester dopo aver giocato 90 partite per Bath, di cui 82 da titolare, segnando in totale 960 punti. Impressionante.

Ritorno a casa
Con il ritorno a casa, George Ford continua a mantenere uno standard prestazionale di tutto rispetto, senza però riuscire a riportare Leicester ai vecchi fasti. Perlomeno fino a che non fa capolino come capo allenatore Steve Borthwick, con cui raggiunse una finale di Challenge Cup nel 2021 e con cui poi vinse la Premiership nel 2022, anche se con un sapore dolce amaro, visto che Ford subì un infortunio al 23° minuto della finale. E l’infortunio non è nemmeno uno di quelli di lieve entità: rottura del tendine d’achille. Questo evento lo fece stare lontano dal campo per ben 7 mesi, ritardando l’inizio della nuova avventura ai Sale Sharks. Ricominciò gradualmente, con una presenza di 40 minuti da titolare in Premiership Rugby Cup ed una mezz’ora da subentrante in campionato contro Northampton. Da qui in poi la cabina di regia di Sale ha un solo nome stampato sulla porta: George Ford. Con un importante sprint finale di 3 vittorie in campionato Sale si qualifica così ai playoff, arrivando sino in finale, battendo proprio i Leicester Tigers in semifinale.
Purtroppo, la finale contro i Saracens non è andata come previsto, e Sale ha dovuto cedere la vittoria ai londinesi.
La stagione successiva è caratterizzata anche e soprattutto dal suo rientro sul palcoscenico internazionale con la maglia inglese, prima con le Summer Nations Series e poi con la Rugby World Cup 2023. In quest’ultima manifestazione Ford non ha avuto un ruolo da assoluto protagonista, complice anche la maggiore forma di Farrell ed un gioco di Borthwick ancora in fase di sviluppo e quindi maggiormente congeniale al più quadrato Owen Farrell. Comunque ha partecipato a tutte le partite, giocandone 3 da titolare nella fase ai gironi, con la partita con i Pumas come highlight della sua RWC – prima partita da titolare con l’Inghilterra da Marzo 2021 – in cui sparò ben 3 drop tra i pali, permettendo di tenere a bada l’Argentina nonostante l’inferiorità numerica.
A livello di club non smise mai la maglia N°10, partendo sempre titolare e guidando Sale sino alla semifinale di Premiership. La sua forma stava tornando, e complice anche la partenza di Farrell verso Parigi – sponda Racing 92 – giocò tutto il 6 Nazioni 2024 con la maglia da titolare. Certamente non fu una cattiva campagna, ma nemmeno una delle più esaltanti, con tre vittorie risicate contro Italia, Galles e Irlanda (di cui quest’ultima l’unica degna di nota) e due sconfitte con Scozia e Francia. Il gioco di Borthwick iniziava a prendere forma, ma la squadra risultava ancora un po’ macchinosa, pur intravedendo qualche scintilla di brillantezza.
L’ascesa di Fin Smith – abbiamo scritto anche di lui in questo articolo – e qualche strascico di un infortunio al quadricipite gli ha impedito di trovare spazio nel 6 Nazioni 2025, con una sola presenza dalla panchina per il match contro i dragoni gallesi. Tuttavia, la sua forma per il club, con cui raggiunse nuovamente la semifinale di Premiership, gli permise di mettersi in mostra a sufficienza per guadagnarsi la maglia da titolare per i test estivi, in cui guidò l’Inghilterra a 3 vittorie su 3, di cui 2 fuori casa contro i Pumas.
Perfezionismo, preveggenza e leadership
Prima di parlare del presente, buttiamoci a capofitto nell’analisi del giocatore, con anche il preziosissimo contributo di qualcuno che lo sta conoscendo sempre più giorno dopo giorno: Marco Bortolami, Head Coach dei Sale Sharks da questa stagione.
George Ford non è uno qualunque. Lo si affermava all’inizio, non è uno di quei mediani d’apertura che ti fanno strabuzzare gli occhi per una finta, per un side step o per una particolare skill da cineteca. George Ford è uno di quei giocatori che meno vedi e più significa che è andato tutto come voleva. È il prototipo di apertura ideale per il rugby inglese, caratterizzato da un gioco molto strutturato, fatto di tattica, strategia e logoramento. E Ford in tutto questo ci sguazza, con la sua capacità di leggere in anticipo le situazioni e condurre a proprio piacere la difesa avversaria ed il proprio attacco in base alle esigenze del piano di gioco e del momento. Questa sua capacità, unita ad uno skillset di altissimo livello, gli hanno permesso di arrivare al vertice della piramide del rugby inglese molto velocemente, e di restarci per più di un decennio.
“Per il gioco inglese, per il campionato inglese è il frutto perfetto. Avendo giocato a rugby league ha anche un background variegato. E poi ecco ha una comprensione incredibile di tutte le situazioni.”
Il dualismo più forte lo ha vissuto con Owen Farrell, mediano d’apertura o primo centro di talento, ancora più quadrato di Ford. Hanno anche giocato spesso assieme, soprattutto sotto Eddie Jones, lavorando assieme come due playmaker e portando l’Inghilterra in finale alla RWC 2019.
Ma forse le maggiori difficoltà, complice anche qualche infortunio di troppo, le ha vissute negli ultimi 5 anni con l’ascesa di Marcus Smith prima e di Fin Smith poi. Due giovani mediani d’apertura con una maggiore predisposizione per l’attacco in prima persona rispetto a Ford. Questi due giocatori sono infatti caratterizzati dalla grande capacità di sfruttare direttamente le situazioni, attaccando i buchi della difesa personalmente, grazie anche a caratteristiche fisiche che li facilitano in questo. George Ford è invece un giocatore che preferisce mettere i propri compagni in avanzamento, con passaggi o con il gioco al piede, risultando quindi meno determinante agli occhi del pubblico più generalista.
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La skill di Ford che forse richiama maggiore attenzione da parte del pubblico è il suo gioco al piede, che grazie ad una sensibilità eccezionale gli permette di mettere sempre sul piede avanzante la propria squadra, senza dimenticare alcuni colpi tipici del suo repertorio: parliamo del drop, calcio di rimbalzo che garantisce tre punti quando il pallone centra i pali. Una skill spettacolare, ultimamente rispolverata da alcuni specialisti che la sfruttano soprattutto dopo la ripartenza da dropout, che permette di prendersi punti anche in momenti in cui il gioco risulta bloccato, come per esempio nella partita contro i Pumas alla RWC 2023.

Proprio per questa occasione, Ford si è allenato nel drop con il leggendario
Jonny Wilkinson (The Indipendent)
Un altro pezzo di bravura di Ford, un colpo di cui è il vero maestro e che pochi riescono ad imitare, è la cosiddetta spiral bomb. Un calcio con cui il pallone viene calciato verso l’alto come in un up ‘n under, ma a cui in più viene impresso uno spin che rende la traiettoria di discesa di difficile previsione da parte della difesa avversaria. Questo calcio viene utilizzato spesso per mantenere la squadra sul piede avanzante quando il gioco da terra non porta gli effetti desiderati. L’obiettivo di questa skill è guadagnare un in avanti oppure recuperare il pallone sull’eventuale e probabile rimbalzo, sfruttando poi una situazione di gioco rotto con la difesa arretrante.
Mettere la squadra in avanzamento è ovviamente il focus di ogni mediano d’apertura che si rispetti, ma ognuno lo fa a modo proprio. E Ford lo fa in molti modi, ma quello che gli riesce meglio deriva dalla sua grande capacità di giocare molto vicino alla linea di difesa e cogliere delle opportunità che grazie alla sua estrema comprensione del gioco riesce a vedere prima e meglio degli altri, mandando i compagni in buchi che spesso nemmeno loro riescono a vedere. Proprio questa, però, può essere un’arma a doppio taglio, poiché purtroppo non sempre i compagni riescono a cogliere ciò che vede lui, e quindi si trova a metterli in difficoltà qualora non ci sia nessuna opzione aperta, o perlomeno nessuna che anche i suoi compagni vedono.
“Abbiamo ragionato molto su questo, sulla capacità di modulare in base alle situazioni, ai giocatori che ha attorno ed a quello che la situazione richiede in quel momento. Anche i giocatori di grande esperienza alla fine hanno bisogno di essere sfidati e continuare a ragionare sulle dinamiche del gioco”. E proprio su questo Ford si sta confermando come il campione che è. Certamente, oltre all’avvento dei due Smith, anche il rugby sta cambiando molto negli ultimi anni e per restare al vertice c’è necessità di fare lo stesso.

“L’energia, l’intento e la dedizione che ha in ogni singola seduta penso che sia propria solo dei grandi campioni. E lui in questo è un grande campione. Motivo per cui per così tanti anni è rimasto al vertice ed ha raggiunto il traguardo di giocare più di 100 partite per l’Inghilterra. Non c’è giorno in cui non entra in campo per migliorarsi e per richiedere il 100% anche dai giocatori che sono intorno a lui. Lui in questo è un leader spietato, e questo è un altro tratto distintivo dei fuoriclasse”.
L’unico punto debole di Ford, evidenziato anche da Marco Bortolami, è il fisico. È infatti un giocatore minuto, e questa caratteristica insieme all’attitudine a non tirarsi mai indietro lo ha portato a subire diversi infortuni; oltre a creargli non poche difficoltà sulle palle alte. Ma questo non toglie il fatto che “Non ho allenato nessuno come lui, con le sue caratteristiche. Onestamente non ricordo nemmeno di aver giocato con un numero 10 così solido, così consistente, esigente e strutturato anche nell’approccio che lui ha alle partite e anche la determinazione che ha ad affrontare giornalmente la passione che ha per il gioco.”
Come cambiano le cose in 12 mesi

persa dall’Inghilterra 22 a 24 (Autumn International)
È sabato 2 Novembre 2024, ed a Londra un calcio di punizione ed un drop più che fattibili separano gli inglesi da una tanto agognata vittoria casalinga contro gli All Blacks. Entrambi sbagliati da George Ford, immediatamente messo nel mirino della critica da parte di quel giornalismo inglese che non fa sconti a nessuno, e spesso nemmeno i conti con la propria coscienza.
Come direbbero proprio loro, fast forward a sabato 8 Novembre 2025 e l’Inghilterra stravince in casa, nel tempio del rugby, contro gli All Blacks. Una partita che ha tutto il sapore di completa rinascita per il rugby inglese e per George Ford. La partita non è stata per nulla facile, anzi. La partenza neozelandese è stata fulminante, con due mete nell’arco di 5 minuti – tra il 13esimo ed il 18esimo – che hanno portato il risultato sullo 0-12. Da qui in poi ha inizio la masterclass in game management tenuta da George Ford. La difesa All Blacks sino a quel momento è stata efficace, ed allora c’è bisogno di un altro modo per avanzare. Ford comincia così a sfruttare al massimo le armi a propria disposizione, calciando uno spiral bomb e mandando a caccia Steward che schiaffeggia il pallone all’indietro. Questa azione permette agli inglesi di guadagnare 30 metri, avere un pallone da ruck veloce con cui poter condizionare la difesa. La scelta forse frettolosa di Mitchell di continuare nel senso però è controproducente, e dopo un paio di fasi più lente lo stesso Mitchell fa un box kick leggermente fuori misura da cui scaturisce un mark chiamato da Jordan. Sul conseguente calcio c’è Ford in ricezione, che nuovamente spara uno spiral bomb con Steward a caccia, e di nuovo il pallone viene recuperato da Pepper appena fuori dai 22 metri All Blacks. Nella fase successiva Steward calcia un grubber che mette i neozelandesi con una touche sui propri 5 metri difensivi, situazione da cui però escono molto bene. Nelle azioni successive, dopo aver condizionato la difesa neozelandese per tre sequenze di gioco consecutive facendo mettere un uomo in più in copertura profonda, è il momento di attaccare. Roigard calcia, il pallone viene recuperato da Mitchell, che muove per Ford, che non esita un attimo a muovere il pallone al largo verso Earl per sfruttare un chiaro 5 contro 4. Earl penetra e fornisce un ottimo offload per Marcus Smith che viene fermato solo sui 10 metri neozelandesi. La ruck è veloce, ma Ford lo aveva già previsto, e si fa trovare pronto con un pop pass interno per Underhill che libera poi Feyi Waboso che arriva a 3 metri dalla linea di meta All Blacks, sulla fase successiva gli inglesi vengono tenuti alti. Si è insomma passati da un assedio All Blacks ad un vero e proprio cambio di momento del match grazie alla gestione di Ford, che ha modellato a proprio piacimento la difesa neozelandese per creare opportunità per i propri compagni.
Poco dopo Ford sfodera un bellissimo assist sotto pressione per Lawrence, che fa fuori due avversari e segna la meta che darà inizio alla rimonta inglese: 5 a 12 al 24esimo. Passiamo ora ai due momenti che hanno fatto esaltare tutti coloro che amano questo sport. È il 38esimo minuto, sono passati 14 minuti con il risultato congelato: c’è necessità di segnare punti prima della fine del primo tempo. L’Inghilterra si ritrova con una touche in attacco a ridosso dei 22 metri degli All Blacks, dopo 6 fasi in cui hanno guadagnato poco più di 6 metri è il momento di far fruttare questa presenza nel territorio rivale. Già dalla terza fase Ford ha iniziato a comandare i propri compagni per creare la migliore piattaforma possibile per un drop, ed al momento opportuno – cioè dopo una collisione avanzante e senza l’estrema pressione della difesa – chiama il passaggio a Mitchell e calcia un drop in mezzo ai pali per l’8 a 12. Si riparte con il drop d’avvio per gli All Blacks, box kick di Mitchell, recupero palla inglese e nuova sventagliata verso Feyi Waboso che arriva sin sui 22 neozelandesi. Con l’attacco sul piede avanzante Ford prova ad accelerare mandando a sbattere gli avanti, ma la difesa All Blacks tiene. Ed allora inizia nuovamente la preparazione per il drop: tre fasi, l’ultima con la difesa leggermente indietreggiante e poi il pallone a zero per Ford. E al 40esimo minuto siamo così sull’11 a 12. Partita riaperta. E da qui poi il momento è tutto dalla parte inglese, con gli All Blacks che nel secondo tempo segneranno soltanto una meta, contro i 22 punti degli inglesi.

In 22 minuti ha cambiato il corso di una partita, in 12 mesi ha cambiato l’esito del match e – forse – della propria carriera. Sì, perché dopo il match del 2024 Ford venne etichettato da molti come non più all’altezza del rugby internazionale, in una partita che avrebbe dovuto segnare la fine della sua carriera in maglia inglese. Beh, mai previsioni furono più sbagliate. Ford non solo si è ripreso la 10 della nazionale, ma ha vinto anche il premio di Player of the Match e condito la prestazione con una meta. George Ford è quel giocatore che i più notano solo quando sbaglia, o solo quando segna due drop in 3 minuti e una meta. Non notano quello che fa in campo, non notano come piega a proprio piacimento l’andamento della partita. Ma continuino così. George Ford è per pochi, così come quello che fa in campo. Anzi, quello non lo fa nessun altro.