Quando nel marzo 2019 l’allora diciassettenne Fin Baxter venne convocato per la prima volta da una selezione inglese di categoria per la sfida contro la Scozia under 18, poi vinta 36 a 21, Dan Richards, responsabile rugby del Wellington College, pronunciò parole che rilette oggi sanno di profezia: “questa sarà senza dubbio la prima di innumerevoli convocazioni con la maglia della Rosa”. A distanza di cinque anni da quella prima volta, e dopo aver capitanato sia under 18 e under 20, Fin Baxter ha ottenuto poche settimane fa i suoi primi due caps con la nazionale maggiore nella tournèe in Nuova Zelanda, impressionando tutti per qualità e attitudine, e finendo per attirare su di se l’interesse di appassionati e osservatori di tutto il mondo. 

Fin Baxter, 22 anni, in posa per una foto pubblicata sul Times.

Cerchiamo quindi di conoscere da vicino la storia di quella che, a detta di molti addetti ai lavori, diventerà una stella della nazionale inglese e che, nonostante la giovane età, conta già cinquanta presenze e una Premiership con gli Harlequins, club per cui ha sempre giocato a livello professionistico. 

I primi passi e l’incontro con il rugby

Nato a Londra il 12 febbraio 2002, sin da piccolo comincia a praticare diversi sport tra cui il calcio e il judo. A cinque anni arriva la prima intuizione di qualcuno che gli sta vicino e che gli cambia la vita; infatti dopo averlo visto giocare a calcio (male, a detta dello stesso Fin) il padre decide di iscriverlo al club locale di rugby: il Cobham Rugby Football Club, lo stesso che durante la Rugby World Cup 2015, giocata in Inghilterra, venne scelto come base sia dall’Italia che dalla Namibia, e dove vi rimarrà fino all’età di 13 anni. Gli anni passati nel Cobham Rugby, dove si concentra ormai solo su questo sport, sono fondamentali per la formazione del giovane perché il club ha una grande tradizione sportiva che lo instrada sin da piccolo alla ricerca della perfezione.

Terminato il periodo nella città natale, la formazione di Baxter continua al Wellington college dove guiderà la squadra alla vittoria del campionato nazionale under 18, non prima di essere avanzato dalla terza alla prima linea “senza più guardarmi indietro” e portandosi con sé le doti di ball carrier sviluppate da numero otto. Un cambiamento “che non ha cambiato il mio modo di approcciarmi al gioco”. Nel frattempo il ragazzo non si dimostra solo un ottimo elemento in campo rivelando la sua attitudine a lavorare duro anche sui banchi di scuola: “Fin prende la responsabilità di essere un leader molto seriamente” – dice ancora Dan Richards – “Cerca sempre di mostrarsi umile e allo stesso tempo determinato, sia in classe che in campo. È un ottimo modello per i ragazzi più giovani della nostra comunità.”

Non è un caso se già a 13 anni gli Harlequins lo notano e lo inseriscono nel programma Elite Player Development Group (EPDG) insieme ad altri sei compagni di collegevenendo successivamente integrato nella squadra under 18 dei Quins con cui disputa un’ ottima prima annata.

L’arrivo in prima squadra e la svolta di Adam Jones

Nella stagione 2020/2021 si aggrega alla prima squadra dove entra in contatto con Joe Marler, pilone sinistro titolare e personaggio che tornerà spesso nel racconto da questo momento in poi, e Adam Jones, allenatore della mischia ed ex giocatore del Galles e dei British & Irish Lions. Proprio alla leggenda gallese viene la seconda intuizione che fa la fortuna del ragazzo: rimanendo in prima linea, Baxter si trasforma da pilone destro a pilone sinistro, ruolo in cui esordisce in Premiership contro i Sale Sharks, dopo aver già giocato due partite in Champions Cup come pilone destro. I minuti della prima stagione, che vede gli Harlequins alzare al cielo la Premiership al termine dei playoff, sono solo 135’, per un totale di tre presenze con il club e due con la nazionale inglese U20.

Nella stagione 2022/2023 viene registrato anche con i London Scottish ma scende in campo solo con i Quarters per un totale di 21 partite giocate (5 da titolare e 1 meta in Premiership contro i Falcons), mentre nella stagione appena terminata, quella della consacrazione, raggiunge le 28 presenze giocando in tutte e diciotto le partite di campionato mostrando a tutti la sua solidità in mischia, la sua efficacia nei placcaggi e nella pulizia delle ruck. In totale mette insieme 1414’ minuti con una media di 51’ minuti a partita e una sola meta contro Cardiff in Champions Cup.

Le doti di placcatore non sono da sottovalutare. Chiedete a Iwan Stephens per conferma.

L’Europa, appunto. Perché è la Champions Cup l’habitat naturale di Fin Baxter: è li che brilla più che in ogni altra competizione. Se potessimo scegliere una prestazione su tutte – e la scegliamo – non potremmo che accendere i riflettori sul quarto di finale di Champions cup di quest’anno contro Bordeaux, una squadra in grado di segnare 100 punti in due incontri ai Saracens di Marco Riccioni. La partita è spettacolare, emozionante anche per le 12 mete totali, in equilibrio fino all’ultimo secondo, ma alla fine sono gli Harlequins ad uscirne vincitori per 41 – 42.  Il lavoro del pacchetto di mischia inglese è superbo, in grado di tenere a bada i corrispettivi francesi che schierano come avversario diretto di Baxter in prima linea il peso massimo tongano Ben Tameifuna il quale, probabilmente, si ricorderà per un po’ di questa partita.

Intervista post Bordeaux dal canale Youtube degli Harlequins.

Come detto poc’anzi, Joe Marler è molto presente nella vita sportiva del ragazzo. È lui che ne diventa mentore e che, qualche anno più tardi, terrà il discorso per la consegna del primo cap internazionale. “Abbiamo un bel rapporto e gli pongo domande in continuazione: ha sempre una risposta, anche alle domande che non gli ho fatto” ride Baxter. “Joe è Joe e da lui riceverai sempre opinioni oneste. Mi dice ciò che vede, come ad esempio se sono troppo alto nell’ingresso in mischia o se l’allineamento dei piedi era sbagliato […] e questo è di grande aiuto”.

Marler però non è l’unico compagno di squadra ad aver esternato pubblicamente la propria opinione sul talento londinese. Anche Will Collier e Stephan Lewies, capitano del club, ne hanno sottolineato le grandi doti tecniche e umane. Parlando con il The Guardian quest’ultimo si è detto certo che “diventerà un pilone di caratura internazionale. […] È un giocatore fortissimo per avere solo 22 anni e, con il tempo, non può che migliorare. Se tiene la testa bassa e continua a lavorare sodo in futuro può diventare uno dei leader di questo club: cosa che secondo me accadrà visto di chi stiamo parlando”.

Don’t be fooled by the baby face

All’ inizio del 2024 in Inghilterra si parlava di una possibile convocazione di Fin Baxter già per il Sei Nazioni, complice anche l’infortunio di Marler. Un torneo importante non solo per il prestigio in sé della competizione, ma anche per la necessità dei Tre Leoni di ritrovarsi dopo la crisi della nazionale nell’ultima parte della gestione Jones e del campionato casalingo dove, in due stagioni terribili dal punto di vista finanziario, sono scomparse quattro squadre storiche. La convocazione, alla fine, non è arrivata. Ma con Steve Borthwick Joe Marler era stato chiaro: “tienilo d’occhio: è pronto” e l’ottima prestazione di febbraio, tra le fila dell’Inghilterra A vincente 91 – 5 contro il Portogallo a Leicester, avevano corroborato le parole dell’eclettico pilone inglese.

La mancata convocazione non scompone il ragazzo che non solo non perde le speranze, ma lavora ancora più duro e tiene bene in mente che in estate l’Inghilterra sarebbe tornata in campo per le Summer Series: dapprima contro il Giappone e poi in una tournée di due partite in Nuova Zelanda. Tale è il motivo per cui, a sua detta, ha scelto di non prenotarsi le vacanze in modo da essere libero in caso di chiamata. E la telefonata questa volta arriva perché Borthwick lo inserisce nella lista dei 36 giocatori che viaggeranno nell’emisfero sud.

Rimasto fuori contro la nazionale nipponica, l’esordio di Baxter arriva già al secondo impegno: durante il primo tempo della partita di apertura della tournée neozelandese Joe Marler si infortuna al piede costringendo lo staff a buttare nella mischia l’esordiente Baxter che, sotto gli occhi di tutti,attraversa il campo portandosi dietro i 116 kg di stazza e la faccia di un ragazzino appena adolescente. Ma dietro quel viso senza un filo di barba e con le guance rosse si nasconde un giocatore forte e aggressivo, un assassino con la faccia da bambino, che non ha alcun timore reverenziale e che mette a segno 16 placcaggi all’esordio, arriva forte nelle ruck e avanza palla in mano come un rinoceronte che carica a testa bassa. Nella seconda partita ottiene la titolarità dove ripete l’ottima prova dell’esordio mostrandosi all’altezza dei leggendari padroni di casa. 

Negli spogliatoi del Forsyth Barr Stadium di Dunedin, il discorso di consegna del suo primo cap non può che tenerlo solo una persona – mi sembra superfluo farne il nome, sapete già di chi si tratta – e dopo averlo ringraziato, Baxter si incammina tra gli applausi dei compagni verso papà Ian, in genere tenuto lontano dagli spogliatoi per evitare che innervosisca il figlio, per avvolgerlo in abbraccio emozionato.

Joe Marler tiene il discorso di consegna del primo cap di Fin Baxter in Nuova Zelanda.

Arrivati a questo punto potreste pensare di essere alla fine di una bella storia ma no: non è così fortunatamente. Perché la stagione deve ancora iniziare e soprattutto perché tra un anno torneranno in campo i British & Irish Lions prima contro l’Argentina e poi contro l’Australia. E un Baxter così in forma è davvero difficile da ignorare persino per Andy Farrell.

Un pensiero riguardo “Fin Baxter, il volto nuovo dell’Inghilterra

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