Qualche giorno fa la Benetton Rugby ha pubblicato una notizia che ha fatto felici tutti i suoi fan: Tommaso Menoncello ha rinnovato con il club biancoverde fino al 30 giugno 2026.
Ma la news diffusa dalla franchigia della Marca contiene altre informazioni importanti. Alcune erano prevedibili e previste, come il fatto che ci fossero attenzioni da altri club europei nei confronti di Tommaso. Altre notizie, invece, sono decisamente sorprendenti e – forse – un po’ difficili da capire nelle loro implicazioni…
Mi riferisco al fatto che Benetton ha comunicato che il contratto è stato aggiornato, “rimuovendo la clausola rescissoria che avrebbe permesso al giocatore di liberarsi al termine della stagione sportiva 2024/25”.
Ma cosa comporta l’eliminazione della clausola rescissoria? Significa che i tifosi della Benetton potranno contare davvero sul fatto di avere Menoncello in squadra ancora per due anni? In questo articolo cerchiamo di fare chiarezza.
Disclaimer: i contratti dei giocatori sono coperti – come è giusto che sia – da privacy. Io non ho avuto accesso al contratto in questione, né a nessun altro contratto. Tutto ciò che sarà scritto in questo articolo è frutto di un mio approfondimento del tema da un punto di vista generale. Vista la delicatezza del tema, sono aperta ad ogni rettifica, correzione o chiarimento risultasse necessario o opportuno.

Cos’è la clausola rescissoria?
In ambito sportivo, con il termine “clausola rescissoria” (o “clausola di rescissione” o anche “clausola di recesso”, o anche buy-out clause) si fa riferimento alla possibilità da parte di un atleta di recedere unilateralmente dal contratto con la propria società sportiva di appartenenza, dietro il pagamento di una determinata cifra, precedentemente stabilita nel contratto.

Sembra una situazione molto lineare. Tuttavia, le cose non sono affatto semplici come sembrano e, soprattutto, non ci permettono di capire le implicazioni della sua rimozione.
La clausola rescissoria non esiste
Partiamo con il dire – e giuro che non vi sto prendendo in giro – che la clausola di rescissione non esiste!

O meglio, la rescissione nel diritto italiano esiste, ma non è una clausola e non riguarda prettamente i contratti sportivi. La rescissione è la possibilità di chiedere al giudice di sciogliere il contratto nel caso in cui vi sia sproporzione tra la prestazione di una parte e quella dell’altra.
Come avrete notato da questa sintetica descrizione, dunque, la rescissione non è una clausola che si può apporre in un contratto, ma è la possibilità di agire in giudizio in modo tale che un giudice accerti che ci sia sproporzione tra le prestazioni e, di conseguenza, sciolga il contratto. In altre parole, vuol dire che ci deve essere un processo civile (cioè il giocatore, tramite un avvocato, chiama la società sportiva davanti ad un giudice. Entrambe le parti presentano gli atti con cui sostengono le proprie posizioni e – ovviamente – le prove di ciò che sostengono. Il giudice, alla fine, stabilisce chi ha ragione. Se decide che ha ragione il giocatore annullerà il contratto. Questa decisione, però, arriverà in tempi piuttosto lunghi, sicuramente troppo lunghi per il mercato sportivo).

Perché il giudice possa rescindere il contratto, tuttavia, non basta che le prestazioni siano sproporzionate. È necessario anche che il contratto sia stato concluso mentre una parte si trovava in stato di pericolo o di bisogno e l’altra parte abbia approfittato di tale stato per trarne vantaggio.
Vi sembra plausibile che Menoncello abbia rinnovato il contratto con la Benetton perché si trovava in pericolo o in stato di bisogno? Ecco bravi, non sembra nemmeno a me!
Quindi, in questo caso, non stiamo parlando di rescissione secondo il diritto italiano.
Ma allora perché hanno scritto che è stata rimossa la clausola rescissoria se tale clausola non esiste?
Semplice, perché il termine “clausola rescissoria” è un termine giornalistico che indica qualcosa che con la rescissione non c’entra nulla.
Se cercate su internet cos’è la “clausola di rescissione” scoprirete due cose:
- che questa clausola trova fondamento giuridico nell’ordinamento spagnolo all’art. 16 del Real Decreto n. 1006 del 26 giugno 1985, ovvero la legge spagnola che regola il rapporto di lavoro speciale degli sportivi professionisti
- Che si tratterebbe di un errore di traduzione della “cláusula de rescisión” spagnola prevista dal suddetto articolo 16, che rappresenta una causa estintiva unilaterale del contratto

In realtà, non si tratta semplicemente di un errore di traduzione. E, a ben vedere, forse non rappresenta nemmeno un caso analogo a quello in cui si vorrebbe far rientrare la clausola rescissoria italiana.
La “cláusula de rescisión” spagnola
L’art. 16 del Real Decreto n. 1006/1985, infatti, stabilisce che
- Se un atleta professionista scioglie il contratto che lo lega alla società sportiva, senza che quest’ultima abbia alcuna colpa, alla società sportiva spetterà un risarcimento del danno da parte dell’atleta.
- L’importo del risarcimento del danno potrà essere stabilito per accordo delle parti oppure, se atleta e società non trovano un accordo, sarà stabilito dal giudice del lavoro.
- Se lo sportivo, entro un anno dalla data di risoluzione, stipula un contratto con un’altra società sportiva, quest’ultima sarà responsabile del pagamento del risarcimento del danno laddove l’atleta non avesse ancora pagato.
Lo so, detta così sembra ricalcare esattamente il caso della clausola rescissoria italiana. Tuttavia, non solo le differenze ci sono, ma sono anche estremamente importanti. La differenza maggiore è rappresentata dal fatto che sia espressamente previsto che la squadra che acquista il giocatore sia tenuta al pagamento del risarcimento del danno insieme al giocatore stesso. Una simile previsione, come vedremo, è totalmente assente nella disciplina italiana.

In secondo luogo, anche la “cláusula de rescisión” spagnola non esiste come istituto a sé stante. I giudici spagnoli, infatti, fanno rientrare tale clausola alternativamente nella disciplina della clausola penale o della multa penitenziale.
Cosa significa? Significa che per tutto quello che non è espressamente disciplinato dall’art. 16 del Real Decreto si deve far riferimento alla disciplina generale della clausola penale o della multa penitenziale. Se deve applicarsi la disciplina generale della clausola penale o della multa penitenziale lo stabilisce il giudice che statuisce sul caso. Un giudice spagnolo ovviamente! E la sua decisione è per noi pressocché irrilevante (ok, tecnicamente per noi giuristi potrebbe non esserlo, ma se siete d’accordo eviterei di far diventare questo articolo un trattato di diritto privato comparato, eh…).
Tutto questo spiegone sulla “cláusula de rescisión”, però, non è stato totalmente inutile. Abbiamo detto che la clausola spagnola potrebbe essere essere inquadrata come clausola penale o come multa penitenziale. Questo ci fornisce uno spunto di riflessione, dato che nell’ordinamento italiano sono presenti i medesimi due istituti.
La clausola rimossa dal contratto di Menoncello potrebbe rientrare in uno di questi due casi, quindi vediamoli brevemente per capire se quella che chiamiamo clausola rescissoria possa essere in realtà una clausola penale o una multa penitenziale.

La clausola penale
Con la clausola penale si prevede contrattualmente che, in caso di inadempimento, la parte inadempiente è tenuta ad un risarcimento del danno. La somma prevista è stabilita nel contratto. Dunque:
- Ci deve essere un inadempimento, non la volontà di andarsene (quale poi dovrebbe essere l’inadempimento di un giocatore di rugby? Rifiutarsi di giocare se convocato? Non presentarsi agli allenamenti?)
- Il contratto non viene sciolto. Il giocatore resterebbe legato al club a cui semplicemente dovrebbe corrispondere una somma come risarcimento.
È evidente che nel nostro caso non si possa affermare che la clausola rescissoria corrisponda alla clausola penale.

La multa penitenziale
Non fatevi ingannare dal nome! Non si tratta affatto di una multa per come la intendiamo generalmente (ovvero una somma che qualcuno deve corrispondere come sanzione per aver fatto qualcosa di sbagliato) e non ha nulla a che vedere con la “punizione” di qualcuno, cosa che il termine “penitenziale” potrebbe far pensare.
Con la multa penitenziale viene attribuita contrattualmente, a una delle parti, la facoltà di recedere dal contratto, pattuendo un corrispettivo per il recesso. Quello che avviene materialmente è che nel contratto si inserisce una clausola del seguente tenore: “Tizio si riserva il diritto di recedere dal contratto pagando a titolo di penale la somma di € ……”. Dunque:
- La parte in favore della quale viene inserita la clausola (che chiameremo Tizio) può – in qualsiasi momento – comunicare all’altra parte la volontà di sciogliere il contratto
- Per poter far valere questa clausola, Tizio deve corrispondere la somma indicata come penale per il recesso nel contratto
- L’altra parte non può fare nulla per impedire a Tizio di far valere la facoltà di recesso (certo, potrebbe fare una controfferta, ma Tizio non avrebbe nessun obbligo di accettare)
Ecco, che quindi vediamo che le caratteristiche della multa penitenziale sono pressocché le stesse della clausola rescissoria. Quella che è stata rimossa dal contratto tra Benetton e Menoncello, quindi, è essenzialmente la previsione di una multa penitenziale.
Ma se clausola rescissoria esiste già con un altro nome (ovvero “multa penitenziale”), perché la chiamiamo “clausola rescissoria”? Beh, perché “multa penitenziale” è un nome oggettivamente poco romantico! Ma anche se le cambiate nome, sempre quello è.

A molti di voi sarà venuta in mente la celebre citazione di Shakespeare “Forse che quella che chiamiamo rosa cesserebbe d’avere il suo profumo se la chiamassimo con altro nome?”. A me, invece, è venuto in mente questo album che ha accompagnato la mia infanzia folk-nerd… “Se la rosa non si chiamerebbe Rosa Rita sarebbe il suo nome”.
Dei Folkabbestia vi suggerisco di ascoltare Memorie di Breitz… sarà stupenda come colonna sonora per i vostri viaggi di quest’estate. Però sappiate che non è in quest’album, ma nel precedente che si chiama Breve saggio filosofico sul senso della vita.
Si scherza, ma fino ad un certo punto. Come abbiamo visto, il termine “multa penitenziale” non ha affatto una connotazione negativa. Tuttavia, ad un lettore che non sia pratico di diritto potrebbe comunque dare una percezione negativa. Quindi, a fini giornalistici, la multa penitenziale si preferisce chiamarla clausola rescissoria (termine che ormai è entrato a tutti gli effetti nel gergo sportivo). Ciò nonostante, se vi fossero problemi in merito alla clausola rescissoria inserita nel contratto, per risolverli bisognerebbe far riferimento alla disciplina della multa penitenziale (per chi fosse curioso, la disciplina si trova all’art. 1373 del Codice civile).
Ma chi paga?
Se la clausola rescissoria (permettetemi di chiamarla così per chiarezza) prevede il pagamento di una somma di denaro, è indispensabile chiedersi chi sia il soggetto tenuto al pagamento della somma dovuta. Considerato che
1) la clausola è pattuita tra il giocatore e il club; e che
2) ognuno – salvo casi speciali – può prendere impegni solo per sé stesso
è il giocatore che vuole recedere che deve pagare la somma pattuita.
Ma è davvero il giocatore che paga questa somma? No, è la squadra che lo compra, direte voi, lo sanno tutti! E invece no! O meglio, sì ma no…
Per prassi è il club che vuole acquistare il giocatore che si sobbarca questa spesa, ma in realtà – per il diritto italiano – è il giocatore che è tenuto al pagamento nei confronti del “vecchio” club. Tuttalpiù il “nuovo” club potrebbe assumersi contrattualmente questo obbligo, ma solo nei confronti del giocatore.

Lo vedete dov’è il problema? In questa situazione, se il giocatore recede dal vecchio club avvalendosi della clausola rescissoria, ma il nuovo club non paga, la società sportiva precedente potrà pretendere i soldi solo dal giocatore, non dal “nuovo” club.
Per tutelarsi da una simile eventualità, il giocatore dovrebbe pattuire contrattualmente l’accollo da parte della nuova società del debito implicato dalla clausola rescissoria. Questo, tuttavia, è un altro tema e magari lo affronteremo un’altra volta.
Ma allora avremo Menoncello in biancoverde fino al 2026?
Vorrei tanto dirvi di sì, ma la verità è che non è detto!
Abbiamo visto che, con la rimozione della clausola rescissoria, Menoncello non ha più la facoltà di recedere unilateralmente dal contratto con Benetton “semplicemente” pagando una somma di denaro. Tuttavia, il recesso unilaterale consentito dalla clausola rescissoria non è l’unico modo in cui un contratto può essere sciolto anticipatamente. Nei contratti di lavoro a tempo determinato – come sono fisiologicamente quelli tra giocatori e club – il rapporto può essere interrotto:
- per volontà comune delle parti (pensate al caso in cui un giocatore si ritira dal rugby giocato prima della scadenza del contratto. In quel caso ci sarà molto probabilmente una risoluzione consensuale del contratto); oppure
- per recesso unilaterale, a condizione che ci sia una giusta causa che impedisca la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. Il recesso può avvenire sia da parte della società (ad esempio perché il giocatore ha tenuto una condotta ingiuriosa nei confronti della dirigenza), sia da parte del giocatore (ad esempio per la sua sistematica e ingiustificata esclusione dalla prima squadra). Detta in parole povere, stiamo parlando di licenziamento…
- Per cessione del contratto. L’art. 5 della legge n. 91/1981 (Norme in materia di rapporti tra società e sportivi professionisti) sancisce l’ammissibilità della cessione del contratto ad un’altra società sportiva, anche prima della scadenza naturale del contratto, purché sussista il consenso di tutte le parti e siano osservate le modalità fissate dalle Federazioni sportive nazionali (che la FIR ha essenzialmente determinato nel pagamento di un premio di formazione alle società che hanno investito nella formazione del giocatore). È questo il caso comunemente chiamato cessione del cartellino.
Ciò avviene stipulando tre contratti separati:- Il primo tra giocatore, club cedente e club acquirente (che più correttamente si chiama cessionario), in cui si manifesta che tutte e tre le parti sono d’accordo per il trasferimento del giocatore da un club ad un altro;
- Il secondo tra club cedente e club acquirente, in cui essenzialmente i due club si mettono d’accordo sul corrispettivo di cessione e sulle modalità di pagamento;
- Il terzo tra giocatore e società acquirente, in cui viene regolato a tutti gli effetti il nuovo rapporto di lavoro.

Mi sento serenamente di dire che i rapporti tra Menoncello e Benetton non si interromperanno prematuramente né per volontà delle parti, né per licenziamento. Non è escluso, però, che Menoncello, Benetton e un nuovo club trovino un accordo per il trasferimento del giocatore…
Un’ultima considerazione
Mi piace pensare che la clausola rescissoria sia stata tolta perché Tommaso intende rimanere in Benetton ancora per due anni. E credo davvero che abbia esteso il contratto nella ferma intenzione di onorarlo fino alla fine!
Ma abbiamo visto che togliere la clausola rescissoria non garantisce che Menoncello rimarrà in biancoverde per i prossimi due anni. Dunque, perché toglierla? Se fosse solo perché in questo modo a Tommaso serve l’accordo con Benetton per lasciare il club, si tratterebbe di una previsione unicamente in favore della squadra, il che mi porta a chiedermi:
- Perché Menoncello avrebbe accettato di togliersi la possibilità di recedere unilateralmente, per lasciare la decisione sul proprio futuro ad una squadra che non avrebbe nessun interesse a perderlo?
- Perché Benetton avrebbe orgogliosamente annunciato l’eliminazione di tale clausola?
Io mi sono data una risposta… Ovvero che la clausola sia stata tolta perché avrebbero dovuto inserire nel contratto il valore attuale. Valore che – vista la rapida crescita di Tommaso – sarebbe probabilmente troppo basso tra un anno o due. In questo modo, invece, se ci saranno offerte per Menoncello in futuro, Tommaso e Benetton potranno valutarne insieme, di volta in volta, la congruità.
Solo il tempo ci darà la risposta. Per il momento, that’s all folks