In occasione degli ultimi big match gli Springboks hanno schierato un inedito 7+1: pura provocazione o vera innovazione?
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Il duo Erasmus-Nienaber ha avvicinato questa Rugby World Cup con un fardello pesantissimo. Sembrano passate ere geologiche da quando i Green and Gold rullavano in finale l’Inghilterra allenata da Eddie Jones e sollevavano a Yokohama la Web Ellis Cup per la terza volta nella storia del Sud Africa.
Dopo questi quattro anni, la Nazionale della Rainbow Nation è necessariamente una delle candidate più forti alla vittoria finale. In questo racconto molto ovvio si collocano però Jacques e Rassie: il primo lascerà la guida dei Boks dopo i Mondiali, destinazione Dublino lato Leinster, il secondo ancora non si è ben capito.
La coppia, che sportivamente era considerata fino a questo momento inseparabile, non solo è stata essenziale nella conquista del Mondiale 2019, ma ha avvicinato la squadra al 2023 mischiando costantemente le carte e arrivando, in alcune occasioni, quasi al parossismo in alcune scelte. Per stessa dichiarazione di Erasmus, tutte le sconfitte patite dagli Springboks negli ultimi quattro anni sono state il risultato di una scelta deliberata, volontaria, calcolata. Le scelte controintuitive, le formazioni che cambiano continuamente, il mancato utilizzo di alcuni giocatori (per mesi e mesi Malcolm Marx) farebbero parte, sempre secondo il Director of Rugby, di una strategia più ampia, a lungo termine, che avrebbe inesorabilmente condotto a questo settembre 2023 con una sola cosa in testa al mondo: un’enorme confusione.

Non stupisce che un personaggio del genere, che non ha pari nell’istrionismo se non forse se paragonato ad Eddie Jones, appena prima del Mondiale di Francia abbia voluto introdurre un’equazione fino a quel momento proibita nel rugby internazionale, portando alle estreme conseguenze il fiore all’occhiello della produzione rugbistica sudafricana: l’utilizzo degli avanti. Scadendo nel luogo comune, l’avanti che raggiunge il traguardo di indossare il Green and Gold deve avere delle caratteristiche peculiari: alto, grossissimo, efficace nel ball carrying. Non è un caso che insieme a platino, oro e diamanti, uno dei prodotti più esportati dalla Rainbow Nation siano pacchi di prime, seconde e terze linee destinate a essere la spina dorsale di molte squadre in Francia e in Inghilterra (ai tempi i Saracens, ma come dimenticare il Montpellier di Jack White o, negli ultimi anni, i Sale Sharks o la Scozia). Da questa “superiorità” del pack sudafricano nasce il nome di Bomb Squad, ossia dell’unica squadra al mondo capace, a un certo punto della partita, di sostituire più della metà della mischia con giocatori dello stesso livello (o superiori), ma soprattutto freschi, creando un mismatch evidente con gli avversari. Rassie e Jacques però volevano di più.
bomb squad: alle origini

Durante il Mondiale 2019 Erasmus prese l’abitudine di schierare in panchina una combinazione di sei avanti e due trequarti (il c.d. 6+2), con due set di prime linee completamente intercambiabili e tre tra seconde e terze linee da buttare in campo. I trequarti a coprire sarebbero stati un mediano di mischia (tenere a mente) e un utility back, capace, almeno in teoria, di occupare diversi spot sulla linea arretrata. C’è anche un po’ di Italia in questa storia, dato che i primi in quella rassegna ad assaporare il brivido furono gli Azzurri, sconfitti 49-3, prima che i Bokke strapazzassero Giappone, Galles e la già citata Inghilterra, non per caso distruggendola in mischia chiusa. Altra nota da ricordare era la presenza in campo di un mediano d’apertura solidissimo (1,89 metri per un centinaio di chilogrammi) e oltre che preciso al piede, Handré Pollard. La Bomb Squad però era ancora agli albori e non aveva assunto ancora quelle caratteristiche, anche psicologiche che l’hanno resa famosa. Non era ancora arrivato il salto nel vuoto.
LEONI CONTRO GAZZELLE: CHI MANGIA CHI?
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Il grande appuntamento internazionale tra i due mondiali è stato il tour sudafricano dei British and Irish Lions nel 2021, che richiama alla mente il periodo della pandemia e di tutte le alterazioni che anche lo sport, insieme a tutti i fenomeni umani ha subito. Il meglio della Gran Bretagna e dell’Irlanda è sceso nell’altro emisfero per una serie tiratissima, conclusa a favore degli Springboks da due calci di punizione che sono stati gli ultimi sei punti dei 742 segnati da Morné Steyn con i Bokke. Nei tre match disputati, solo dopo la prima sconfitta Nienaber ripropone il talismano del 6+2, i Boks vincono con un sonoro 27-9, Pollard mette cinque punizioni. Perché non insistere allora? Perché tremare e portarsi in panchina tre trequarti? L’incertezza del Covid, giocatori scesi in campo pochissimo, poca condizione fisica (soprattutto Pollard e Mapimpi in quel tour). Meglio quindi non cadere in tentazione. Col senno di poi, se la Bomb Squad sembrava già di per sé il percorso stabilito per scatenare tutto lo strapotere fisico dei sudafricani sui malcapitati avversari, nelle tenebre Rassie, tra una polemica contro gli arbitri e conseguenti shit storm, tramava.
A CACCIA DI KIWI

Se diamo per buone le parole di Rassie e Jacques e la suggestione del loro mefistofelico piano per arrivare quasi da underdog al Mondiale lasciando le luci della ribalta, e quindi le pressioni, a francesi, irlandesi e, ovviamente, neozelandesi, il match contro i Tuttineri del 25 agosto ha squarciato il velo di Maya. Complice il forfait dell’ultimo minuto di Willie Le Roux, lo staff tecnico del Sud Africa ha sostituito l’estremo con Kwagga Smith (terza linea con un passato nel 7s, quindi potenzialmente schierabile a centro), portando per la prima volta in distinta il suddetto 7+1. Idea nuova? A parole no, dato che il primo a paventare la liberazione del mostro fu Eddie Jones quando guidava l’Inghilterra, nel 2016 contro l’Italia (era a corto di centri) e nel 2021 contro gli Stati Uniti. A fatti, al 47esimo minuto sette avanti si sono alzati dalla panchina e sono entrati in blocco, portando a casa due mete (Mbonambi e Smith) che, sommate alle tre precedenti, sono costate agli All Blacks la peggior sconfitta di tutti i tempi (35-7, 28 punti di scarto, mai successo nella loro storia) di fronte a oltre 80.000 tifosi accorsi a Twickenham. Un successo a tutto tondo, impreziosito dalla precisione al piede di Manie Libbok come calciatore di giornata. Critiche da tutto il mondo per questa trovata, stampa sudafricana tronfia come pochi, timori e tremori di rivedere lo schiacciasassi all’opera al Mondiale. Ma come tutte le innovazioni parliamo di qualcosa che porta altissimi rischi e un equilibrio estremamente sottile da conservare per funzionare.
STRAPPATEMI IL CUORE, CI VEDRETE PARIGI

Dopo aver battuto gli All Blacks, il 7+1 è tornato in distinta nel match tra Bokke e Irlanda del 23 settembre. Contro la squadra più forte dell’Emisfero Nord è arrivata una sconfitta per 13 a 8 non scevra di polemiche. Al termine di un match eccezionale per intensità e gioco espresso, conclusosi con una meta per parte (Hansen al 32esimo, Kolbe al 50esimo), la differenza è stata segnata, almeno a livello di punti, dalla drammatica assenza di precisione al piede dei sudafricani (4 calci sbagliati, che si sommano ai 4 errori con la Scozia e ai 4 con la Romania). Scorrendo le statistiche della partita si può notare come il gameplan sudafricano di limitare il tempo di gioco alla mano sia stato efficace (<30 minuti di gioco effettivo), avvalendosi di set pieces dominanti, l’efficacia della blitz defence (32 tackle dominanti, record in questo Mondiale per le squadre di Tier 1). Altro punto dolente è stato il breakdown, dove l’Irlanda ha messo in scena una prestazione monstre con nove turnover conquistati.
Irlanda | Sud Africa | |
---|---|---|
Territorio | 52% | 48% |
Possesso | 49% | 51% |
Metri palla in mano | 218 | 383 |
Difensori battuti | 20 | 23 |
Lineout | 67% (12/18) | 80% (8/10) |
Mischie | 7 (71%) | 11 (82%) |
Punizioni concesse | 9 | 11 |
Tackles success | 84% (119/142) | 87% (134/154) |
Turnovers vinti | 9 | 3 |
Una partita equilibrata, che si è giocata sui dettagli e che si potrebbe sicuramente ripetere nelle fasi finali del mondiali, magari sempre a Parigi, magari con un’altra posta in palio. La Bomb Squad è quindi tutta da buttare? Dopo l’exploit con la Nuova Zelanda il gioco si è rotto? Non proprio.
Il fatto di cambiare sette avanti su otto ha indubbiamente delle ricadute positive sui set pieces, a tratti davvero dominanti, ma questo potenziale viene sublimato se ci si può appoggiare a un gioco al piede che metta punti. Per questo motivo i tifosi della Rainbow Nation aspettano il ritorno in campo di Handré Pollard come l’arrivo del salvatore (e il match contro Tonga ha confermato l’auspicio): al momento nessun giocatore nella rosa può garantire la stessa efficacia nel kicking e l’esperienza del 29enne campione del mondo. La ricerca di obbligare gli avversari alla battaglia fisica potendo confidare in una fonte di punti sicura sembra essere alla base dell’utilizzo massivo degli avanti del duo Erasmus-Nienaber, ma il 7+1 (o il meno rischioso 6+2) potrebbero anche essere una necessità. L’età media della rosa sudafricana è molto alta e se tra i trequarti si è cominciato a vedere un moderato ricambio generazionale (i vari Libbok, Arendse, Moodie, Hendrikse per citarne solo alcuni), tra gli avanti si è preferito puntare a un gruppo rodato con rincalzi di esperienza, come il terza-linea/tallonatore Deon Fourie (37enne, esordiente con i Boks a 36 anni e decisivo contro Tonga).
La maggior parte del pack sudafricano probabilmente non vedrà il prossimo Mondiale ed Erasmus si sta giocando il tutto e per tutto per bissare il successo del 2019 grazie alla sua Vecchia Guardia. Lo stress di continue fasi statiche, blitz defence e cariche palla in mano possono essere talmente logoranti che una sostituzione massiccia degli avanti può permettere di conservare un’intensità che la splendida armata di 30enni Bokke faticherebbe a mantenere in campo per 80 minuti filati. Sotto questa luce, la scelta di convocare quattro mediani di mischia alcuni dei quali capaci di giocare all’ala (Grant Williams, non a caso schierato 14 contro Tonga) ha una sua coerenza (oltre che garantire una maggiore velocità alla manovra offensiva), così come l’utilizzo di due (abitualmente) terze linee, il suddetto Fourie e Van Staden, come tallonatori per fare fronte all’infortunio di Malcolm Marx (sostituito da Pollard).
Un gioco di equilibri molto precario e rischioso, ma che potrebbe essere l’unica soluzione per permettere ai Boks di diventare la prima squadra a vincere quattro coppe del Mondo e potersi permettere il lusso di rifondare completamente la rosa in quattro anni mantenendo il titolo di squadra da battere. Ai quarti incontreranno la Francia, che proprio della fisicità fa un vanto, in uno scontro che in molti giudicano come una finale anticipata: sarà il momento della Bomb Squad?