Raggiungere la vetta di una montagna è un’impresa ardua. Pensate a quanti ostacoli un alpinista deve affrontare durante il tragitto: il freddo, la neve, la fatica, la fame e, nel peggiore dei casi, il baratro dietro di sé.
Non è un caso se coloro che hanno toccato le vette più importanti del mondo siano pochi e si possano contare sulle dita delle mani. Diventare un giocatore professionista nel paese che ha dato i natali al rugby è un’impresa difficile tanto quanto scalare una montagna. Dopo aver raccontato il modello Connacht, abbiamo pensato di osservare da vicino come gli alpinisti della palla ovale inglese affrontano la propria personale risalita nel sistema delleacademy inglesi. Mettetevi comodi perché oggi si vola Oltremanica.
I numeri del rugby inglese
Il rugby union è maggiormente diffuso tra il centro e il sud del paese. Questa situazione è rispecchiata anche in Premiership dove otto club su dieci sono nel centro-sud mentre al nord, nelle terre del rugby league, ci sono i Sale Sharks (North West England) e i NewCastle Falcons (Northumberland).
Tra il 2016 e 2023 gli over 16 che giocavano l’union nel paese erano 223.000, circa il doppio del league. Prendendo in analisi i praticanti in età scolare (tra i 5 e i 18 anni) risulta che su un campione di 122.347 unità, intervistati da Sport England nel 2022/2023, l’8,3 % giocava a rugby union (poco più di 10.000 ragazzi). Rispetto al periodo pre Covid-19 c’è stata un’inflessione del – 1,4%. Se invece confrontiamo il dato rispetto al periodo di pandemia, quando la percentuale era scesa al 5,7%, i segnali sono di ripresa (+ 2,3 %) .
Un bambino che muove i suoi primi passi ha la possibilità di cominciare a giocare a rugby attraverso due canali: la squadralocale o quella della scuola che sta frequentando. Per poter essere invitato agli allenamenti di un’ academy bisogna essere iscritti in una squadra affiliata al club di Premiership di riferimento della zona. Questa porzione di territorio esclusiva, che si estende per diversi km intorno al centro principale, è detta catchment area. In seguito al fallimento di London Irish, Wasps e Warriors le catchment areas sono diventate undici: una per ogni club di Premiership più la Yorkshire Rugby Academy gestita direttamente dalla RFU e da cui sono emersi giocatori del talento di Joe Carpenter e Josh Hodge.
In un primo momento la RFU è subentrata nel controllo delle strutture della London & South Central academy, della Midlands Central academy e della Midlands West academy. Difatti l’intervento di Conor O’Shea, Director of Performance della Rugby Football Union, ha salvato decine di posti di lavoro. Ma a luglio 2024 lo stesso O’ Shea ha inviato agli interessati una lettera dove comunicava la dismissione delle accademie a gestione diretta da parte della RFU e il ricollocamento dei giocatori rimettendo così in discussione il futuro di molti ragazzi e professionisti.
Anche se la mappa ha qualche anno fate caso alle dimensioni di ogni area. Quelle di Bristol e Gloucester sono molto più piccole della vicina Exeter (sono le tre aree blu, rossa e nere a sud, vicino al Galles).
L’inizio del percorso
Stabilite le zone di reclutamento, dal punto di vista dei giocatori quali sono invece i criteri per cui si è selezionabili da un’accademia? il primo è il luogo di residenza; il secondo la scuola frequentata; il terzo e ultimo è l’ubicazione del club in cui si gioca.
Oltre all’attività di recruiting che il club di Premiership persegue nella propria area, un giocatore può entrare nella rete dell’ academy anche attraverso la candidatura inoltrata dai propri allenatori. I due metodi insieme portano così nell’orbita della junior academy circa 300 giocatori da allenare durante poche parentesi temporali. Lo staff dell’accademia ha da uno a due allenamenti a settimana sia con gli under 14 che con gli under 16 a cui si aggiungono i raduni durante le pause scolastiche e l’estate. Dal punto di vista dei ragazzi l’impegno si raddoppia perché gli allenamenti con la propria squadra di club non vengono interrotti.
“Non era chiarissimo cosa ci fosse richiesto perché non avevamo grandi conversazioni con gli allenatori e i giocatori presenti agli allenamenti erano tantissimi”.
Una successiva scrematura abbassa il numero di giocatori a trentacinque: significa che solo il 12% entra nel percorso che un giorno potrà portarli ad emergere in prima squadra, così come è stato per Fin Baxter agli Harlequins. Questa scelta viene effettuata sulla base di quattro requisiti: Abilità e competenze; forma fisica; comprensione del gioco; attitudine personale.
In queste prime fasi è difficile che tra giocatori e allenatori nasca un rapporto umano: “non era chiarissimo cosa ci fosse richiesto perché non avevamo grandi conversazioni con gli allenatori e i giocatori presenti agli allenamenti erano tantissimi. Mi sembrava difficile avere la possibilità di crescere all’interno del club” ha raccontato un ragazzo escluso dal pathway durante uno studio. Si tratta della dispersione di talento già denunciata da voci autorevoli nel corso degli anni, senza contare che esistono delle disparità tra le catchment areas. Per esempio gli Harlequins hanno a disposizione decine e decine di squadre da cui attingere mentre i Bristol Bears solo ventuno. Secondo alcuni addetti ai lavori tra cui spicca il nome di Pat Lam, Director of Rugby dei Bristol Bears, questo sistema disperde molto talento e andrebbe sostituito con un draft in stile NFL.
Man mano che si cresce e si avvicina l’U18 il livello di impegno richiesto aumenta sempre di più. Molti ragazzi infatti si trasferiscono nei college dove vivono separati dalla propria famiglia di origine. L’approdo alle fasi successive dell’accademia è un affare che riguarda un manipolo di 10 – 12 ragazzi rispetto ai 300 da cui si è partiti all’inizio. In questa seconda parte del percorso si comincia a lavorare sullo sviluppo delle abilità dei giocatori, stimolandone la competitività e sviluppandone l’atletismo.
Si cominciano così a gettare i semi del professionista lavorando sull’ alimentazione attraverso programmi alimentari personalizzati; i ragazzi sono chiamati anche a svolgere attività di volontariato a cui il club è sempre molto attento, in particolar modo per mantenere il legame con la propria comunità. Un investimento fisico e mentale che non è sempre facile da sostenere: “c’era molta pressione da parte degli allenatori […] era una situazione da o la va o la spacca.”
” […] l’Inghilterra perde ogni anno fino al 20% dei migliori talenti a causa delle pressioni psico-fisiche. Pressioni che inficiano anche sul rendimento scolastico dei ragazzi […]”.
Tuttavia, anche se l’obiettivo principale di questi ragazzi è emergere sul campo, molti proseguono il percorso di studi fino alla laurea. Lo studio infatti non passa mai in secondo piano. La stella degli Exeter Chiefs, Emanuel Feyi-Waboso, ha deciso di rimanere nel Devon soprattutto per non interrompere i suoi studi in medicina alla Exeter University. Anche Ross Vintcent, terza linea dell’Italia con un passato alle Zebre, si è trasferito a Exeter per frequentare l’università.
Un ultimo esempio che riguarda da vicino la nazionale azzurra è quello di Stephen Varney. Dopo essere stato escluso dall’accademia degli Scarlets si è trasferito all’ Hartpury college, poco a nord di Gloucester, per continuare i suoi studi. Entrato nel Player Development Group under 17 dei Cherry & White come high potential player è passato subito dopo all’under 18. Diviso tra quest’ultima e qualche presenza in Championship è riuscito infine ad accedere alla prima squadra.
L’attenzione alla formazione scolastica e universitaria non è tanto dovuta ad un amore per la cultura smisurato da parte del mondo rugbystico. Allenatori e giocatori sono attenti sin dagli inizi al dopo carriera perché questa può interrompersi prematuramente a causa di un infortunio o per il fallimento del proprio club. Molti giocatori poco sotto i trent’anni non hanno più trovato squadra dopo il dissesto finanziario dei due anni appena trascorsi, che ha visto sparire club importanti come i Worcester Warriors, i Wasps, o i London Irish. Oltretutto nel rugby non è facile guadagnare abbastanza da potersi godere la pensione già dai trent’anni.
Paolo Odogwu, ora a Treviso, è arrivato proprio dai Wasps, club ora fallito. Source: Getty Images
Oltre l’accademiae oltre se stessi
Ma cosa succede coloro che vengono esclusi dal percorso? A differenza della Football Association, la RFU non ha un programma di sostegno che supporti i giocatori durante questo momento. Il rilascio avviene dopo una chiacchierata e una stretta di mano. Tuttavia, nonostante siano stati registrati casi di adolescenti che hanno abbandonato la palla ovale per la delusione, nel rugby giovanile c’è un dualismo club/accademia che aiuta ad avere sin da subito un’alternativa. Gli esclusi possono così continuare la trafila nel proprio club di origine o entrare in una delle università che partecipano al BUCS Superugby.
Ormai era chiaro che la mia esperienza con il club era terminata. A quel punto io e mio padre abbiamo lasciato l’incontro. […] ero arrabbiato. Mi ero impegnato al massimo sia in campo che fuori ed ero convinto di essere sufficientemente bravo. […] avevo la sensazione che cercassero di cambiarci per farci andare bene al loro modo di giocare piuttosto che migliorarci e aiutarci a farcela.
Nel football si è passati attraverso il tragico episodio di Jeremy Wisten per capire che si tratta di un momento delicato nella vita di un ragazzo. Gli effetti psicologici del rilascio, come riportato in uno studio di Tomas R. McGlinchey della Nottingham Trent University e colleghi, comprendono rabbia, frustrazione e nei casi più gravi depressione.
Concludiamo tornando al rugby
Tornando al rugby, invece, c’è una ricerca che ha evidenziato come il pathway sia in grado di sviluppare qualità utili anche nella vita extra campo. Lo studio, intitolato “I didn’t make it, but…” e pubblicato da G. Williams e A. MacNamara rispettivamente dell’università di Preston e Dublino, ha coinvolto dieci ragazzi anonimi tra ex rugbisti ed ex giocatori di cricket.
Questa tabella, tratta dallo studio I didn’t make, but…” illustra le informazioni sul campione di giocatori scelti per le interviste. Da notare sono il grado di istruzione post deselezione e gli anni trascorsi nel percorso accademico.
L’obiettivo della ricerca era di approfondire l’esperienza personale di ogni ragazzo rilasciato e capire come il percorso abbia influenzato la loro vita. “Gli standard sono molto alti” –ha raccontato uno degli intervistati – “e ho imparato ad applicarli anche nello studio e nella vita di tutti i giorni“. Un altro ha aggiunto: “prendo tutto quello che sembra irraggiungibile nello studio e nella vita come una sfida personale”.
In conclusione
Ancora oggi stupisce che l’Inghilterra sia in grado di produrre un tale quantitativo di talento in più rispetto a noi, specie se pensiamo che Italia e Inghilterra hanno praticamente lo stesso numero di abitanti: 55 milioni di inglesi contro 58 milioni di italiani. Nel nostro paese solo il 3% dei 15,5 milioni di praticanti sport gioca a rugby e questo, purtroppo, lo si deve a una cultura sportiva e scolastica che nel nostro paese manca e che certamente continuerà a mancare ancora per molto tempo. Ovviamente importare in toto il sistema scolastico-sportivo inglese è un’utopia; però, provare a dare maggior spazio allo sport, permettendo così a chi ha più difficoltà di emergere per meriti sportivi, potrebbe essere un cambiamento sociale di cui beneficeremmo tutti.
Classe 92, dopo essermi preso una lunga pausa di riflessione ho riabbracciato il rugby. Per due anni ho avuto l'opportunità di raccontare la Gallagher Premiership in esclusiva su Mola. Da allora non posso più farne a meno.
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Un pensiero riguardo “Le academy inglesi: una strada verso il successo”
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