Riprende la nostra rubrica “Progetto Sud” che ci ha portati a scoprire le realtà del Cus Catania e dell’Amatori Napoli, passando per le interviste a Orazio Arancio, Francesco Urbani e Alessandro Fusco. La prossima regione che ho deciso di scoprire è la Puglia e in particolare la città di Bari con il Tigri Bari Rugby. Ho scelto di intervistare proprio questo club anche per la recente aggiunta di Mauro Bergamasco nel ruolo di direttore tecnico. Il progetto è molto interessante e alle nostre domande risponderanno proprio Mauro Bergamasco, Carmine Volpetti (dirigente) e Alberto Pastore, capitano della prima squadra.
Intervista del 27.02.2024

Parlatemi del rugby in Puglia, qual è la situazione attuale e quante sono le società attive?
Carmine: Siamo una ventina di società di rugby, in Puglia abbiamo solo la serie C e ci siamo noi che stiamo facendo i playoff per la serie B, siamo nella fase interregionale con la Campania. Purtroppo si è avuto un calo della partecipazione a causa del Covid, tante società hanno perso i loro settori giovanili e abbiamo perso anche noi tanti tesserati. Un altro brutto colpo è stato quello sulla regola dei campi in erba sintetica, che ha portato alla riduzione dei campi di allenamento possibili in Puglia e per questo tante società non hanno infrastrutture a sufficienza per garantire lo svolgimento del rugby come pretende l’international board.
Qui da noi è il calcio a fare la voce grossa e per questo le loro società vengono sempre favorite per allocare i pochi impianti sportivi presenti in Puglia, questo ci ha penalizzato molto. Nonostante tutto le societá ci sono, il movimento giovanile è in ripresa e il Tigri Bari sta facendo da traino a tante altre piccole società della provincia con le quali abbiamo sviluppato un progetto di tutoraggio.
A Bari ci sono altre squadre oltre alla vostra?
Carmine: A Bari città ci siamo solo noi, poi nella provincia ci sono altre squadre come i Duchi Normanni di Casamassima, il Bitonto rugby, Amatori Monopoli rugby, a breve riprenderanno l’attività anche i Panthers Modugno e poi a nord abbiamo i Draghi BAT, ma loro fanno parte di un’altra provincia e hanno la squadra in serie A nel rugby femminile.

Com’è la situazione a Bari? Il rugby è uno sport seguito in città?
Carmine: c’è sempre molta diffidenza, il rugby è associato a un gioco di contatto anche molto importante e per questo con le giovanili abbiamo molte difficoltà. Queste difficoltà riusciamo a sopperirle grazie alla preparazione dei nostri tecnici, come quella di Mauro Bergamasco, e questo ha fatto si che siamo riusciti ad entrare nelle scuole. Abbiamo un bacino di utenza potenziale di 6000- 7000 bambini per quante sono le scuole da noi attenzionate e seguite. Purtroppo non si riescono poi a portare al campo e questo è un problema legato al fatto che il rugby tira poco perché tira poco la nazionale italiana. Veniamo da anni di eterne sconfitte e per questo il rugby non ha un grande appeal tra i bambini. Sappiamo con certezza che il presidente della FIT (Federazione italiana tennis), in una recente intervista, ha detto che non sanno piú dove mettere i ragazzi dopo l’exploit che ha avuto Sinner. Quando al Flaminio siamo riusciti a centrare quella serie di vittorie anche con Mauro, suo fratello, Castrogiovanni e Lo Cicero, questo ha avuto un impatto nel rugby italiano anche ai nostri livelli, abbiamo avuto un’impennata nelle iscrizioni.
Alberto: anche grazie a Mauro stiamo lavorando molto con le scuole, il problema che stiamo riscontrando è la pubblicità in generale che viene fatta sul rugby, quello che viene trasmesso ai genitori. Quando andiamo nelle scuole molti ragazzini tra la quarta e la quinta elementare e la prima e seconda media vengono a dirmi che loro vogliono venire al campo, ma sono poi i genitori a non farli venire perché “a rugby ti fai male”. Per questo abbiamo cercato di prendere un rapporto diretto con il genitore piuttosto che fare solo la lezione in classe, qui al Sud se un ragazzino vuole giocare a rugby, difficilmente poi il papà e la mamma lo mandano. Anche solo quest’anno potevamo raddoppiare il numero di iscritti per quanti bambini avrebbero voluto venire al campo.
Quindi in realtà il bacino potenziale di bambini nelle scuole c’è, il problema è l’immagine del rugby che hanno i genitori?
Carmine: le scuole ci mettono il tappeto rosso quando entriamo e soprattutto nelle scuole dove ci sono delle figure dirigenziali giovani, il rugby viene visto benissimo come strumento pedagocico ed educativo, questo ci fa molto piacere. Poi noi ci presentiamo anche con Mauro e con tecnici preparati, i docenti di attività motoria ci accolgono molto positivamente e i bambini sono contenti, ma poi vuoi per la nazionale che non ottiene risultati, vuoi per i genitori che sono restii a mandare i figli perchè a rugby ci si fa male, non riusciamo a portarli al campo.
Ho visto che che la FIR ha organizzato degli eventi proprio per i più giovani nella regione.
Carmine: si c’è stato l’evento dell’ENI, ci sono state tutte le categorie giovanili e siamo andati anche noi, è stata una bellissima manifestazione a Brindisi. A Taranto c’è stato il progetto con le Fiamme Oro e anche lì c’è stata una bella risposta di giovani atleti ed atlete.

Con queste collaborazioni tra le squadre, è mai stata discussa la possbilità di unire le forze per creare una selezione pugliese e ambire all’alto livello?
Mauro Bergamasco: guarda Marco, è un tema caldo non solo qui in Puglia ma un po’ dappertutto. Sai benissimo che in Veneto sono state proposte più volte unioni di società che potessero dare uno sviluppo tecnico e del territorio, ma raramente sono riuscite ad avere uno sbocco reale ed essere funzionali per gli obbiettivi che si erano posti all’inizio, come ad esempio tra il gruppo rodigino e tutto il polesine o come a Padova che ci sono 4 club nel giro di 30km. Non è diverso a Sud, faccio parte del gruppo Tigri Bari da 2 anni e quello che vedo è che è un problema sociologico che prende tutta l’Italia. Ci sono i vari campanilismi, poca volontà di una comunicazione orrizontale in cui si mettono sul tavolo tutte le opportunità e aspettative. C’è difficoltà nel confrontarsi e di avere la lucidità di andare a studiare quali sono le funzionalità più elevate per poi raggiungere obbiettivi importanti.
A Bari ci siamo concentrati fin dall’inizio su quello che siamo, senza per forza andare a cercare fuori, poi il secondo passo, che è quello in cui siamo in questo momento, è quello di cercare chi ha voglia di creare progetti importanti. Dall’anno scorso è stato sviluppato, in particolare con il Monopoli Rugby una collaborazione per poter mettere in campo una u18 composta in gran parte dal Bari, ma anche con i ragazzi del Monopoli e per questo si è creata una sorta di franchigia che gioca anche in Campania e nei dintorni. Un’altra collaborazione che sta partendo è quella con il Camarda Rugby, nella zona della Lucania per sviluppare il rugby femminile. La nostra idea non è solo quella di allargare il bacino di giocatori, ma anche di andare a migliorare la qualità degli staff che devono essere sempre più competenti e presenti sul territorio.

Questo con il Bari è un progetto di 3 anni e questo è il secondo, l’obbiettivo è il passaggio di categoria in serie B, ma anche per un principio di continuità quello di andare a lavorare sulla base per fare in modo che ci sia un ricambio generazionale da qui ai prossimi cinque anni. Questo è fondamentale perché se le giovanili potessero garantire 1 o 2 giocatori ogni anno già pronti a integrare la prima squadra, potremmo creare un ciclo per la crescita del club. La nostra è una squadra molto giovane quella della serie C, vogliamo aumentare il numero di giocatori e aumentare la competitività in campo, per portare a un’evoluzione tecnico – tattica. Il progetto che mi coinvolge ha come primo obbiettivo quello di raggiungere la serie B, ora siamo al secondo anno e abbiamo stimato che ne serviranno 3.
Quest’anno abbiamo le carte in regola per fare questo passo, ma da qui alla fine della stagione dobbiamo vincere tutte le partite. L’anno scorso c’era stata la possiblità di essere ripescati per la serie B, ma abbiamo parlato con i giocatori e sono stati a loro a dirci che la serie C vogliono vincerla per andare in serie B. Questo è un presupposto importante, perché dimostra che i ragazzi hanno assorbito il progetto e ora c’è questa evoluzione che si vede non solo dai risultati, ma anche dalla loro quotidianità, perchè il rugby non è solo come ti comporti in campo, ma anche fuori. Per supportare la giovanile è nato un centro studi che comprende 5 figure tecniche oltre la mia, Dario Stellato, Spizzico, Giannocchero, e Rodrigo Cantero che è un tecnico di origine argentina che si è integrato molto bene nel club ed è un grande supporto sia alla u16 che allena, ma anche a tutte le altre categorie junior. Abbiamo lavorato tanto per poter creare questa proposta ai nostri atleti e alle famiglie. Lavoriamo tanto con il territorio, con le scuole, con il sociale per il progetto casa – famiglia.
È in corso la costruzione di uno stadio a Catino, nella periferia di Bari, è una zona vergine dal punto di vista rugbyistico, ma stiamo già preparando delle iniziative per farci conoscere. Nella parte minirugby le categorie sono ancora un po fluide e c’è necessità di andare a lavorare sul reclutamento per completare le squadre, mentre a livello junior quindi u14,16 e u18 le squadre scendono in campo con la maglia rugby Bari. Questo è molto importante perchè post Covid c’erano 25 iscritti, oggi contiamo piú di 200 iscritti e la volontà è quella di ampliare ancora.

Questo tipo di pianificazione era già in atto o il progetto si è messo in moto da quando sei arrivato te?
Mauro Bergamasco: c’erano le intenzioni e le idee che erano abbastanza chiare su quello che si vuole raggiungere. Il mio supporto è stato quello di comprendere insieme alla dirigenza quali fossero gli strumenti a disposizione e quali non erano ancora stati identificati. Poi mettendo la mia esperienza a sostengo del progetto, siamo andati a vedere tutte quelle aree che non erano state prese in esame per lo sviluppo. Il motivo per il quale abbiamo deciso di lavorare insieme è perchè dopo i primi incontri a Bari nei quali ho conosciuto le persone e ho visto la squadra all’opera, ho trovato un sistema estremamente dinamico, che aveva voglia di raggiungere obbiettivi.
Il gruppo aveva un’idea, ma non aveva la direzione per raggiungerla. Chiaramente ci sono tante sfumature che vanno toccate per arrivarci: la serie B deve essere sostenuta da un progetto in grado di dare un ricambio generazionale a breve termine, bisogna portare le categorie junior in campo altrimenti non puoi accedere alla categoria superiore, bisogna che ci sia un aumento della partecipazione da parte della prima squadra perché è un progetto ambizioso sia per i ragazzi che per la vita del club e la società deve lavorare in modo funzionale per lo sviluppo dei ragazzi. È una cosa complessa e al giorno d’oggi le società sportive avrebbero bisogno di una gestione praticamente industriale, quasi come un’azienda per svilupparsi. È un processo importante che richiede tempo, noi ci siamo dati 3 anni. Saranno sufficenti? Non lo so, ma saranno sufficenti a far evolvere la prima squadra.
Carmine: ecco a riguardo, noi Bergamasco 3 anni ce lo possiamo permettere (ride ndr).
Mauro Bergamasco: c’è un’evoluzione reale, due settimane fa durante una partita dissi ai ragazzi “noi siamo in evoluzione, la squadra davanti a noi siamo noi 2 anni fa”. Ci stiamo elevando da quello che era il nostro rugby di 2 anni fa, ma non lo dico per merito mio, io do supporto ai ragazzi e alla dirigenza, ma in primis sono i giocatori che sono la cartina tornasole di quello che è lo sviluppo di un progetto. Io lavoro come mental coach e la lavoro sulla performance attraverso le relazioni umane, nel rugby e nello sport questo diventa effettivo. Bisogna lavorare nel tessuto sociale, sul club, lo stadio e sullo spazio che si vive assieme, perché questo diventi fondamentale per il supporto ai bambini e alle loro famiglie. Se vogliamo metterla come mission aziendale, vogliamo che tutti i nostri ragazzi e ragazze crescano come uomini e donne con principi forti e che magari sappiano giocare a rugby meglio degli altri. È una forma di sviluppo sociale legata a uno sport, che ha bisogno di evolversi in questo territorio e nel territorio pugliese.

Mi sembra la direzione giusta, ci sono vari esempi di squadre che si sono messe come obiettivo quello di salire subito di categoria, hanno comprato giocatori, fatto investimenti, sono salite e poi dopo un paio di anni sono tornate giù.
Mauro Bergamasco: Sorrido perchè quando sono arrivato, la proposta è stata “dai portaci qualche giocatore da su”. Non è che vengano giú i giocatori, ma osservando dall’esterno gli ho detto “questi giocatori che ci sono adesso, potenziati di un’esperienza, sono quelli che andranno in serie B, non serve nessun altro” e lo stanno dimostrando. Alla prima partita della prima squadra, quando c’era ancora la vecchia gestione tecnica, mi chiesero di andare in spogliatoio. Io non sapevo cosa dirgli, non li conoscevo. Avevo sentito che avremmo perso in casa quella partita perchè mancavano i 5 gioiellini della squadra, chiamati così perchè erano i 5 più sviluppati dal punto di vista sportivo. Io andai in spogliatoio e gli dissi subito che mi giravano le palle a sentire che avremmo perso la partita perché mancavano quelli forti. A questo punto se avete fidanzate, mogli e figli andate a casa, che senso ha giocare la partita se dobbiamo perderla.
La necessità era quella di togliere la centralità del singolo, ma di sviluppare la squadra, un gruppo che oggi conta una trentina di giocatori, ognuno con le qualità diverse, chi più abile, chi meno abile, ma senza prime donne. Quella partita poi l’abbiamo vinta e questo ha dato il via a questa nuova fase di campionato. Dobbiamo costruire un gruppo forte, competitivo, ma che lavori insieme. Rompere le relazioni equivale a buttare via mesi di lavoro. È importante dare equilibrio al gruppo squadra e per questo è importante la gestione da parte dei tecnici, la gestione delle persone parte del club e soprattutto la gestione interna dei giocatori tra di loro. Questa è una cosa che sto apprezzando molto, anche per quanto riguarda la loro attitudine e sanno che devono continuare, altrimenti li bastono (ride ndr).
Alberto passo allora a te che sei il capitano, Mauro mi diceva che in prima squdra siete una trentina di giocatori. Come sta andando il campionato?
Alberto: C’è stata un’enorme crescita nell’ultimo anno e mezzo da quando abbiamo cominciato questo progetto insieme allo staff tecnico. L’atmosfera è quella giusta e siamo molto felici di come stanno andando le cose. L’obbiettivo è la promozione nell’arco di 3 anni: il primo anno siamo arrivati secondi, il primo posto lo ha raggiunto meritatamente il CUS Catania. C’era la possibilità di essere ripescati, ma la maggior parte di noi non lo voleva perché la promozione in serie B vogliamo meritarcela sul campo, sono 40 anni che il club cerca il salto di categoria. L’unione del gruppo sta davvero facendo la differenza, abbiamo cambiato la nostra attitudine e il nostro atteggiamento in campo durante gli allenamenti, per quell’ora e mezza siamo concentrati e soprattutto siamo sempre costanti con le presenze e ci supportiamo l’uno con l’altro. Stiamo migliorando e possiamo continuare a migliorare vincendo partita dopo partita. Dovremmo arrivare all’obbiettivo il prossimo anno, ma noi vogliamo arrivarci già in questo, ce lo siamo detti tutti e se sfruttiamo le nostre capacità possiamo riuscirci, come ha detto Mauro prima, non abbiamo bisogno di giocatori dal nord Italia che vengano a giocare qui, perché abbiamo davvero un bel gruppo, tantissimi ragazzi giovani che stanno facendo la differenza. Io sono molto soddisfatto del nostro gruppo e del nostro staff, grazie anche ai consigli di Mauro stiamo migliorando dal punto di vista mentale e questo fa davvero la differenza.

Quello che traspare è proprio un cambio di mentalità rispetto alla situazione precedente.
Alberto: si, guarda, diciamo che di animi caldi fino a un anno e mezzo fa ce n’erano e io ero uno dei primi che magari si surriscaldava molto velocemente, invece adesso pacche sulle spalle, non fa nulla, usiamo la testa e cerchiamo di supportarci l’uno con l’altro sempre e comunque, qualsiasi cosa succeda. Quel tipo di atteggiamento che c’era prima, ci faceva perdere e tanto, magari tecnicamente parlando eravamo anche allo stesso livello, ma cedavamo mentalmente. Ora siamo focalizzati sull’obbiettivo e questa unione ci sta dando la forza per affrontare i momenti difficili, siamo sempre insieme anche il venerdì dopo gli allenamenti e la domenica per festeggiare dopo le partite, perchè quest’anno per adesso sta andando molto bene.
Carmine: poi c’è da dire che per il settore giovanile, il tecnico argentino forte lo abbiamo preso noi, Quesada “gli spiccia casa” al nostro Roy Cantero. Abbiamo creato una rete di tecnici molto competente grazie a Mauro e siamo molto soddisfatti in dirigenza.
Mi hai parlato del CUS Catania loro sono stati i primi che ho intervistato per questa rubrica del progetto sud, abbiamo davvero un bel rapporto! Ci sono squadre con cui siete gemellati o esistono derby in Puglia? Come ad esempio Padova contro Rovigo.
Mauro Bergamasco: Geograficamente la Puglia è diversa dal Veneto, è molto lunga, quindi con qualsiasi realtà del territorio pugliese è un derby. Quest’anno il derby è contro i Wilders, un club che è l’unione tra San Teramo e Trani, anche perchè c’è il tecnico che c’era al rugby Bari prima.
Alberto: qui ogni partita è un derby, quest’anno sono i Wilders perché era la diretta avversaria per qualificarci come primi in Puglia, l’anno precedente erano i Bros che aveva preso dei giocatori di livello. Quando andiamo fuori dalla Puglia non sentiamo derby con altre squadre, siamo felici di confrontarci ad un livello più alto. Ovviamente il campionato campano e il campionato siciliano sono di un livello maggiore rispetto al nostro, però un derby di per sè non c’è, noi cerchiamo di metterci sempre tutto quello che possiamo. L’anno scorso abbiamo raggiunto un risultato storico, perchè non eravamo mai arrivati secondi per i playoff della serie B, potevamo fare meglio, ma ripeto, per me il CUS Catania si è davvero meritato la promozione, chissá che quest’anno sia l’anno nostro.
(Mauro ci saluta perché ha degli impegni familiari)

Visto che siete la realtà rugbystica più importante del territorio al momento, quando giocate fuori regione, vi sentite di rappresentare tutta la Puglia?
Alberto: Io non te lo nego, sì. Non mi permetterei mai di elevare al massimo la nostra società, però da qualche anno ci qualifichiamo sempre primi nel girone della Puglia e quando giochiamo fuori ci sentiamo di rappresentarla. Negli ultimi anni abbiamo preso anche complimenti per il livello che è migliorato. Quando avevo 19 anni ho giocato contro l’Amatori Catania che era sceso dalla serie A e stava rifacendo il suo percorso e abbiamo preso 100 punti. Adesso andiamo in terra siciliana e magari le partite le vinciamo, il livello si è davvero alzato.
Carmine secondo te l’arrivo di Mauro Bergamasco nel club, può essere visto come il cercare di portare la struttura di un club Veneto in Puglia?
Carmine: Magari! È la nostra ambizione sinceramente. È successo questo, te lo dico con il cuore in mano, durante il covid abbiamo perso il nostro presidente Claudio Bianchini, al quale sicuramente verrà intitolato il nuovo stadio. Era il fratello maggiore di tutti e un papà per tanti ragazzi. Un gruppo di old, tra cui io, ci siamo stretti in un patto d’onore per onorare lui e la sua squadra. Abbiamo rifatto lo statuto e abbiamo deciso che se volevamo fare qualcosa di importante, dovevamo fare un upgrade e per questo abbiamo pensato che portare Mauro Bergamasco come direttore tecnico per guidarci in questo cambiamento. Non ti nascondo che Mauro, per il suo profilo nazionale e internazionale, lo abbiamo “utilizzato” per la ricerca di sponsor, è stato davvero un boost all’interno della società per tentare un salto di qualità. Abbiamo cambiato la nostra mentalità, che ora è un pò meno alle birre e salsiccie del terzo tempo e un pochino più professionalizzante, con un vero e proprio statuto e un costante contatto con lui, i tecnici e i capitani della squadra.
Alberto: secondo me Mauro è stata una spinta al nostra entusiasmo, ha lavorato molto sulla nostra voglia di fare le cose per bene. Ora, senza togliere nulla a Mauro che ci ha portato a raggiungere risultati importanti, volevo anche fare i complimenti a Carmine e a tutto il settore tecnico dirigenziale. Dopo quell’episodio di Claudio, si sono rimboccati le maniche per portare il club nella giusta direzione con un settore tecnico davvero competente. Carmine non ne ha voluto parlare, ma ne aprofitto per sottolineare che è anche merito della dirigenza che si è impegnata così tanto.

Io ne approfitterei, visto che non c’è più Mauro per chiedervi un aneddoto su di lui nei vostri allenamenti o durante una partita.
Alberto: quella famosa storia dei cinque gioiellini che ti ha raccontato prima… non mi pare abbia detto proprio quelle parole (ride ndr). È arrivato in spogliatoio e ci ha fatto stringere tutti, ci ha detto “io non vi conosco, ma mi hanno detto che siamo venuti qui a perdere perché mancano i cinque gioiellini… e voi che cazzo ci siete venuti a fare qua? Io che cazzo ci sono venuto a fare qua???” e lo dice guardando uno ad uno tutti negli occhi. La faccia dei ragazzi è cambiata completamente, sembravano imbestialiti, assatanati e lui ha chiuso con “fatemi vedere una bella partita!” ci ha dato una pacca a tutti e via. È durato tutto 10 secondi, ma in quei 10 secondi li ha completamente trasformati, siamo tornati in campo e quella partita l’abbiamo portata a casa.
Carmine: Io ricordo quella volta che siamo andati a fare i playoff in Sicilia, lui è sceso con l’aereo a Bari, ha preso una macchina a noleggio, ha lasciato un’intervista a TeleNorba, un’emittente del Sud Italia, si è caricato 4 giocatori che non potevano partire la mattina per il lavoro e ha guidato lui fino a Catania alle due di notte, perché alle 11 avevamo la partita il giorno dopo.
Ti faccio un paio di domande per quanto riguardo il progetto sud, spesso sui social e sui blog quello che si legge è che il rugby nel meridione sia abbandonato, questo da dirigente di un club del Sud come ti fa sentire?
Carmine: questo mi fa sentire molto male, perché è incontrovertibile che se guardiamo chi gioca tra le franchigie e la nazionale, sono veramente pochi i giocatori con origini del Sud. Qualcosa va rivisto, qualcosa non ha funzionato anche per quanto riguarda le accademie. Il discorso dei campi da gioco è stata una mazzata tremenda in Puglia, non abbiamo fatto a tempo a riprenderci dal Covid che già era stato adottato questo provvedimento sull’abolizione dei campi in erba sintetica. Raccogliamo lamentele di molte società che si sentono abbandonate dalla federazione. Dal punto di vista dirigenziale della società il Sud è un passo indietro, ma non perché non ci sia impegno, noi siamo risuciti ad entrare in un sacco di scuole che è quello che ci dice di fare la FIR, ma poi la nazionale non tira e ci sono sempre pochi tesserati. Abbiamo avuto 4 nuovi iscritti su un bacino di 6000 bambini, lo abbiamo vissuto come un fallimento, ma non è dipeso da noi perché i tecnici erano molto qualificati e i bambini erano molto contenti con feedback positivi dei professori. Però tira di più il basket o il tennis, perchè vogliono emulare i loro idoli e quindi paghiamo questa cosa.

Fammi capire meglio questa cosa dei campi in erba sintetica, cosa è successo?
Carmine: L’international board ha imposto un’omologazione particolare, per l’utilizzo dei campi sintetici al rugby serve un’imbottitura di un determinato spessore e materiale sotto il manto erboso. I campi da calcio che per la FGC sono utilizzabili, non sono utilizzabili per la FIR. Siccome i campi comunali, nella provincia di Bari, ma anche in tutta la Puglia sono stati fatti sulla scorta di quei campi, non trovano l’omologazione e non possono essere utilizzati per le partite di rugby. Penso che sia un problema in tutto il Sud, so che gli amici del rugby Palermo hanno avuto difficoltà proprio perché non riuscivano a trovare un campo adatto per poter giocare. Noi ci riteniamo fortunati, perché oltre ad avere lo “stadio della Vittoria” che è tenuto piuttosto bene, a seguito del bando “Coni per le periferie”, è stata recuperata una struttura a Catino che sarà utilizzata per il rugby e per il football americano. Ci auguriamo un domani di ospitare una nazionale anche lì, come abbiamo già fatto a Bari con un 6N U20 allo stadio della Vittoria dove abbiamo battuto la Scozia, è stata una bellissima esperienza.
Ho chiesto sia a Catania con il Massimino, sia a Napoli con il Maradona. Secondo te una nazionale di rugby che viene a giocare al San Nicola, lo stadio lo riempie?
Carmine: non so se questa domanda te l’eri preparata, perché c’è nell’aria una partita della nazionale al San Nicola a Bari, che siccome è ancora coperto non possiamo esporci, soprattutto i componenti del consiglio regionale. Se si dovesse portare una nazionale che tira, io penso che il San Nicola si potrebbe riempire. Bari sta avendo un’importante risonanza mediatica e utilizzare il turismo sportivo non sarebbe male. Lo stadio è da 60 mila posti, è stato ristrutturaro con un nuovo impianto di illuminazione e seggiolini. Dovremmo combattere con le resistenze calcistiche, perché la partita di rugby potrebbe rovinare il manto erboso per la partita di calcio. Abbiamo avuto questo problema quando abbiamo ospitato il Galles femminile nel 2019 al via del mare di Lecce. Fino alla settimana prima c’era molta resistenza da parte del mondo calcistico di Lecce, perché il Lecce calcio lottava per i playoff della serie A e avevano paura per il manto erboso. Io e Grazio Menga, ex presidente del comitato regionale ci mettemmo in macchina e andammo a sederci al tavolino per discutere i termini per la concessione dello stadio, perché fino al giorno prima la partita del 6N Italia vs Galles stava per saltare. Avremmo rischiato una bruttissima figura a livello internazionale. Andammo a contrattare la fideiussone con il comune sui possibili danni del manto erboso perché doveva giocare il Lecce calcio. Fino al sabato prima della partita non ci diedero il permesso e difatti non ci fu il captain’s run e i pali furono montati la notte prima della partita. Questo è per raccontarti le difficoltà del Sud di fronte all’imperialismo calcistico.

Cosa ha fatto di concreto l’attuale presidenza per il progetto sud e per la Puglia in particolare?
Carmine: la sede centrale ha stanziato dei fondi per il progetto sud che vanno ad aggiungersi a quelli già previsti a bilancio per tutte le società a livello nazionale. Inoltre ha incaricato un tecnico regionale (Stefano Raffin) che si è aggiunto a quelli già esistenti per un maggior supporto tecnico. C’è stato un progetto con le Fiamme Oro che hanno preparato dei tecnici locali della polizia di stato che sono andati nelle scuole per esporre il progetto e avvicinare i ragazzi al rugby. Il comitato regionale pugliese è sempre stato a supporto di tutte le iniziative che venivano dai club.
Cosa manca alla Puglia e a Bari per fare il salto di qualità a livello rugbystico?
Carmine: alla Puglia mancano le strutture, la maggior parte dei campi da gioco in erba sintetica non possono essere utilizzati. Le poche strutture disponibili vengono sciacallate da quelle del calcio. È stato difficile anche per il Bisceglie, squadra di serie A femminile, riuscire ad ottenere il campo “Ventura”, un campo in erba vera dove gioca anche il calcio. A Bari per fare il salto serve una maggiore cultura rugbystica generale per poter avvicinare sempre nuovi ragazzi e ragazze al nostro sport.
Un pensiero riguardo “Tigri Bari Rugby: con Bergamasco la mentalità giusta per la serie B”