Intervista alla seconda linea del Benetton e della Nazionale, che a 25 anni ha vissuto almeno quattro vite.

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Edoardo Iachizzi è una persona che ti comunica tranquillità. Sarà che sorride sempre, sarà che dopo cinque minuti di chiacchere e capisci che ha davvero tante cose da raccontare, sarà che è così grosso che sembra che lo schermo della video-call non sembra riuscire a inquadrarlo per intero. Sarà perché è una persona che nella vita ha girato molto.

Roma-Perpignan, Perpignan-Vannes, Vannes-Treviso…

Il tutto a 25 anni! Questa è una cosa bellissima del giocare a rugby: vivere facendo quello che ti piace di più e allo stesso tempo poter viaggiare e vivere in posti diversi, è qualcosa che bisogna sfruttare al massimo. Dopo 7 anni vissuti in Francia tra croissant, baguette, escargots e fois-gras sono tornato, adesso qui si va a spritz e bigoli al sugo.

CAPITOLO I: ROMA-PERPIGNAN

Parti da Roma dall’Unione Rugby Capitolina. Ho letto che vieni da una famiglia di rugbisti.

La mia passione per il rugby è nata grazie a mio fratello maggiore, Valerio, il quale a sua volta si è appassionato a questo sport tramite nostro zio, Roberto, che è stata una figura importante del Rugby Colleferro. Noi siamo di Roma e in famiglia di rugby se ne è sempre parlato e poi Valerio ha cominciato a giocare da piccolo, per poi andare alla Capitolina. Io ero ancora piccolo e lo accompagnavo agli allenamenti con i miei genitori, poi ai tornei e alle partite, quindi posso dire di essere cresciuto anch’io su un campo da rugby! È stato naturale per me cominciare a giocare all’Unione Capitolina, dove sono rimasto fino a 18 anni. Mio fratello più piccolo, che ormai ha 15 anni, gioca a rugby lì. Anche mia sorella maggiore prima è sempre venuta a vederci giocare e, ovviamente, a un certo punto, anche se non ricordo a che età, ha voluto provare a giocare. Lei si è trasferita in Svizzera per lavoro, ma la passione le è rimasta ed è entrata nella nazionale femminile svizzera di rugby, è stata anche capitana. Sappiamo che in Svizzera il rugby non è lo sport che va per la maggiore (ride), però comunque è una piccola soddisfazione!

Dopodiché a un certo punto a 18 anni fai una scelta che oggi è più comune, ma una volta non lo era per niente: decidi di andare a giocare in Francia.

Sono stato forse il primo il primo ad averlo fatto se non sbaglio, o comunque uno dei pochi in quel periodo. Non era una cosa molto frequente e devo dire che anche parlandone con diversi compagni di squadra è stata una scelta abbastanza insolita, che però rifarei centomila altre volte, perché mi sono trovato benissimo. 

E come hai fatto arrivare a Perpignan? 

Avevamo giocato una partita in Under 18 Italia – Francia a Strasburgo e un paio di giorni dopo ho ricevuto delle chiamate da parte di qualche club e qualche procuratore. Tra questi Perpignan (USAP) sono stati quelli più convinti e hanno insistito per portarmi nel loro centro di formazione in Espoirs, e per me la scelta è stata abbastanza facile da prendere. Ho firmato per due anni e poi rinnovato per altri due. Il primo anno siamo diventati campioni di Francia Espoirs Top 14: adesso la formula dei campionati è un po’ cambiata, ma quando sono arrivato io c’erano il Top 14 Espoirs e il ProD2 Espoirs, con un livello molto, molto alto. Le categorie di età erano più larghe, c’erano più annate di oggi e potevano giocare fino a otto fuori-quota di qualsiasi età, compresi i professionisti. Si giocava con la maglia uguale a quella della prima squadra e mi ricordo l’emozione delle prime amichevoli, un triangolare contro Narbonne e Tolone, e giocare contro ragazzi con la maglia ufficiale di Tolone metteva i brividi. Poi mi ricordo che alla prima partita in assoluto, contro Narbonne, di fronte a me c’era Neemani Tialata, il pilone degli All Blacks, e Il fratello maggiore di Fekitoa. Vedendo Tialata mi sono detto: “Ma guarda, farà l’allenatore degli avanti degli Espoirs”, poi invece lo vedo cambiarsi e cominciare a scaldarsi e per me è stata una scarica di adrenalina incredibile, soprattutto perché avevo voglia di giocare contro lui e il primo placcaggio che ho fatto in partita è stato proprio su di lui. Quando mi sono rialzato ero contentissimo, anche perché la tradizione rugbistica francese è enorme e io non ero abituato a un ambiente del genere.

Giovanissimo in maglia Sang et Or a Perpignan: arriva 18enne e si ferma tre stagioni con sei presenza in prima squadra – quinzemondial.com

A Perpignan ho passato quattro anni magnifici: il primo anno abbiamo vinto il campionato, un secondo anno sempre in Espoirs e il mio esordio con la prima squadra al secondo anno in Prod2. Il Nel terzo e quarto anno sono stato nominato capitano degli Espoirs e se non sbaglio sono stato l’unico capitano straniero di Perpignan, o comunque uno dei pochi, quindi anche un bel riconoscimento da parte del club. Sin dal secondo anno ero stato integrato in prima squadra e mi allenavo sempre con loro per poi giocare il fine settimana con gli Espoirs e ho anche esordito in Challenge Cup. All’epoca non ce n’erano tanti come me e adesso quando vedo tutti questi ragazzi che vanno a giocare all’estero sono davvero contento per loro e per la scelta di vita che hanno fatto, perché comunque è una bella opportunità, sia dal punto di vista sportivo sia dal punto di vista umano. In Francia stavo sempre a stretto contatto con tantissimi ragazzi di nazionalità diverse, quindi ho potuto imparare tanto da tutti loro, da diverse culture e diversi modi di vivere.

In un club come l’USAP che è una delle realtà storiche del rugby francese…

Assolutamente! Io che vengo da Roma dove il rugby non è lo sport principale o lo sport più seguito e ritrovarsi catapultato in questa piccola città, perché alla fine parliamo di una città di 120 mila abitanti, è stato impressionante, perché lì esiste solo l’USAP. Ci sono dappertutto bandiere del club, nei negozi, la gente che passeggia tranquillamente vestita con le polo della squadra, ogni weekend tutta la città si blocca. è un ambiente incredibile nel bene e nel male, perché quando vinci sono tutti euforici, ma quando perdevi era bella tosta, era meglio non uscire a fare un giro dopo la partita.

Anche Ange Capuozzo ci ha raccontato di Grenoble e Tolosa come città dove il tifo si sente

Certo, a volte ci sono stati episodi diciamo…un po’ meno simpatici, dopo le sconfitte. Però trovo che anche questo sia il bello di questa città per un giocatore: il rugby vissuto in modo così viscerale.  Se fai questo mestiere, questo tipo di riconoscimento è bellissimo, soprattutto nel sud della Francia, dove ci sono le città “storiche” del rugby.

CAPITOLO II: PERPIGNAN-VANNES

Nel 2020, invece, decidi di cambiare e preferisci il freddo e la pioggia al sole al mare e te ne vai a Vannes in Bretagna 

Esatto, quasi un altro paese! Avevo terminato il mio percorso con gli Espoirs e ho fatto qualche presenza con la prima squadra all’USAP, però era arrivato un momento in cui avevo bisogno di avere più minutaggio se volevo crescere. C’è stata l’opportunità di andare a Vannes, un ottimo club in PROD2 , e in tre anni che sono stato lì è migliorato in una maniera incredibile. Oggi possiamo dire che è un “club faro” sia per la Bretagna, sia per l’intero nord della Francia, con delle enormi ambizioni (in questo momento Vannes è capolista in ProD2 con 9 vittorie, un pareggio e tre sconfitte in 13 partite, ndr) e devo dire che è stata una scelta giusta per me in quel momento e che, ancora ripensandoci oggi, ne sono molto molto felice. In tre anni in cui sono stato al Vannes ho avuto l’opportunità di giocare due semifinali (barrages per l’accesso al Top 14) e vivere in una città dove il rugby diversi anni fa non era lo sport più seguito, dato che in Bretagna seguono molto il calcio, ma col tempo è diventato in assoluto il primo sport. Adesso il calcio è passato in secondo piano e a Vannes il pubblico segue soprattutto il rugby e c’è un seguito incredibile. Nei tre anni in cui ci ho giocato Vannes ha avuto la miglior affluenza di tifosi di tutto il campionato, organizzano i treni per le trasferte, tanto che nell’ultimo anno hanno ristrutturato la tribuna dello stadio arrivando a quasi 12.000 posti. Durante le partite in casa lo stadio era sempre pieno e giocarci è un’esperienza bellissima e anche lì il rugby è al centro della vita della città

Mi ricordo il primo anno e della semifinale che abbiamo giocato. Purtroppo c’era il covid e il limite di mille spettatori allo stadio, ma lungo il tragitto dall’hotel allo stadio non avevo mai visto una cosa così bella. Il club aveva pubblicato l’itinerario dell’autobus e già due, tre ore prima, fuori dall’hotel c’erano un centinaio di persone che aspettavano che uscissimo: stavamo facendo la merenda pre-partita e sentivi il casino fuori! Quando siamo partiti per tutto il tragitto c’erano persone che ci aspettavano con le bandiere, a ogni rotonda, persone che ci seguivano in macchina per accompagnarci. Lo stadio di Vannes è al centro della città e quando siamo passati per il porto c’erano migliaia di persone che si erano organizzate per vedere la partita, altri che ci salutavano dalle case, altri ancora che si erano preparati il barbecue e bevevano fiumi di birra: tutti là per noi.

In azione contro Grenoble, con la maglia del RC Vannes – ouest-france.fr

Tu hai più di 50 presenze in ProD2: come definiresti quel campionato? 

Una maratona. Quel campionato, lo ripetevamo sempre, è una maratona e lo devi considerare come tale. Se non sbaglio è il campionato più lungo nel mondo del rugby professionistico, sono 30 partite esclusi i play-off, quindi, se vai ai Barrages, sono almeno altre due partite, se non quattro. E’ lungo e faticoso, sia fisicamente, sia mentalmente, ma è un’esperienza che mi è piaciuta molto, perché ci trovi di tutto dentro. Negli ultimi anni anche il livello della qualità del gioco è molto aumentato e ti confronti spesso con giocatori di altissimo livello o ex internazionali da tutti i paesi del mondo, e chi magari non ha subito un’occasione in Top 14 fa tranquillamente un passaggio in ProD2. Anche quest’anno il mercato che hanno fatto certe squadre mostra come certi giocatori che potevano andare a giocare il mondiale hanno preferito il contratto in ProD2, così come tanti giovani nel giro delle nazionali Under. Sotto questo aspetto il livello si è parecchio alzato, poi rispetto all’URC, al Top 14 o a un livello internazionale a livello di ritmo di gioco è ancora un po’ indietro, ma a livello fisico in particolare nei set pieces siamo lì.

Tu consiglieresti a un giovane giocatore di rugby italiano di fare un’esperienza in un club di ProD2 anche solo come step formativo per poi riuscire a fare il “salto”, come nel tuo caso? 

Secondo me è un percorso assolutamente da tenere in considerazione, ma è importante avere la volontà di volerlo fare a fondo. Io sono stato benissimo, però è anche un percorso impegnativo dal punto di vista mentale ed emotivo, perché comunque non è scontato a 18 anni partire lasciando casa, andare in un altro paese dove ci sono altre mentalità, un’altra lingua, magari anche il cibo diverso, che non è da sottovalutare. Se c’è la volontà di dare il meglio di sé e anche la volontà di integrarsi è un percorso che consiglio assolutamente perché sportivamente si ha l’occasione di lavorare a stretto contatto con delle squadre professionistiche in un campionato di ottimo livello. Poi è un’esperienza di vita veramente importante: ho imparato il francese che è diventato la mia seconda lingua, sono riuscito a migliorare il mio inglese a forza di parlare con inglesi, sudafricani e isolani, ho imparato un po’ lo spagnolo insieme ai giocatori argentini e uruguaiani. Soprattutto ho imparato tanto sulle loro culture e da questo punto di vista io lo consiglierei sempre, tenendo in conto che è un percorso impegnativo, ci sono dei momenti difficili, all’inizio magari sei un po’ solo, ma bisogna tenere duro e andare avanti.

Hai avuto un’evoluzione anche a livello tecnico in Francia, passando da flanker a seconda linea, o mi sbaglio? 

…ma non proprio in verità! In realtà ho giocato seconda linea in tutte le nazionali giovanili fino all’Under 20. Quando sono arrivato in Espoir a Perpignan ho continuato a giocare in seconda linea e all’inizio anche in prima squadra mi schieravano lì, poi hanno visto in me un profilo interessante per sviluppare la mia polivalenza e ho iniziato a giocare anche in terza linea, soprattutto in prima squadra. L’esordio in Challenge Cup, per esempio, l’ho fatto in terza linea. Quando poi ho firmato per Vannes i primi due anni sono stato più utilizzato più come terza linea “polivalente” che poteva scalare, spesso, in seconda, mentre la terza stagione ero sempre più spesso in seconda linea. è qualcosa che mi sono sempre portato dietro anche con la nazionale sono stato diciamo inquadrato più seconda linea, che è il mio ruolo con cui sono nato e che mi piace anche un po’ di più, però sempre anche negli allenamenti il tutto oppure passo anche in terza linea, poi comunque aldilà del ruolo conta la strategia generale messa in campo. 

Oggi io sono a Treviso come seconda/terza linea che è un profilo che mi può aiutare a giocare, perché nel rugby di  oggi c’è spesso bisogno di affrontare situazioni diverse durante la stessa partita: a Vannes magari cominciavo flanker e finivo in seconda, o viceversa, a seconda delle esigenze. Però se devo ammetterlo il mio ruolo preferito è la seconda. Poi come ti dicevo dipende dalla partita, dall’equilibrio della squadra, come si combina un giocatore con un altro: magari in un momento devi gestire diversamente la touche e quindi fai scalare una seconda in terza per avere tre saltatori. Il ruolo in campo dipende anche molto dalle circostanze.

Alla conquista di un line-out a Vannes. In primo piano, con la 22, Ange Capuozzo ai tempi di Grenoble – instagram.com

Dalla tua esperienza in Francia, quali sono i club di Top 14 che ti piacciono di più come gioco?

Sicuramente La Rochelle. Io ho un caro amico con cui giocavo a Vannes, Rémi Piquette, che gioca seconda linea allo Stade Rochelais e sono andato a trovarlo e a vedere una partita: un ambiente spettacolare. Bordeaux mi piace, giocano un bel rugby e poi se vedi il loro stadio c’è un clima bellissimo, sempre pieno, a volte giocano nello stadio del calcio perché ha più posti. Magari nella scorsa stagione un po’ meno, ma negli ultimi anni era sempre al top e hanno anche un bellissimo gruppo. E poi dico Bayonne. Poi Tolosa lo guardi e come fa a non piacerti? Perpignan la seguo perché ci sono ancora tutti i miei ex compagni che giocano e io la porto sempre nel cuore.

INTERLUDIO: ESTATE 2023

Al 6 Nazioni 2023 sei entrato nel giro della Nazionale maggiore ed eri entrato nel “gruppone” di preparazione ai Mondiali. Come hai vissuto quel periodo?

Purtroppo per me è stata un’avventura che si è conclusa presto. Durante l’estate avevamo fatto una preparazione importante e non nascondo che c’è stata la delusione di non aver fatto parte del gruppo durante il torneo, però fa parte del gioco. Io cerco sempre di guardare le cose in maniera positiva e i due mesi che ho passato nel gruppo della Nazionale mi sono serviti tantissimo sia a livello di preparazione fisica, sia a testarmi a un livello di gioco internazionale: entrare nei meccanismi della squadra e giocarmela per me è stata una grande opportunità. 

Sono contento di quello che sono riuscito a fare e non ho rimpianti, anche se le scelte dello staff alla fine non mi hanno sorriso per me quella è stata la base degli standard su cui lavorare, migliorare e puntare a un’altra convocazione.

L’esordio in maglia Azzurra contro la Francia, 5 febbraio 2023 – quinzemondial.com

Con la Nazionale ti dai come obiettivo il 6 Nazioni 2024 quindi?

Io preferisco pormi dei piccoli obiettivi. Il mio obiettivo adesso è quello di performare nel migliore dei modi con il Benetton e sono focalizzato al 100% per dare tutto per questa squadra, inserirmi al meglio in un nuovo contesto con un nuovo sistema, dei nuovi compagni, una nuova città. Questo significa essere al massimo in ogni allenamento, e sono convinto che facendo così posso solo migliorare, giorno dopo giorno, e le soddisfazioni più grandi arriveranno.

Ancora due parole sul mondiale: te lo aspettavi questo Sud Africa?

Ci sarebbe molto da dire, ma alla fine il Sudafrica ha vinto contro tutti a parte contro l’Irlanda nel girone, perdendo comunque di pochissimo. Ha vinto contro la Francia, ha vinto contro l’Inghilterra, ha vinto contro Nuova Zelanda, aveva vinto con la Scozia: se fai una cosa del genere hanno dimostrato di essere più forti, e sicuramente i più cinici. Poi io avrei preferito avesse vinto un’altra nazionale con un gioco un po’ più propositivo, avrei preferito la Nuova Zelanda in finale. Il Sudafrica è composto da grandi campioni, ma non giocano un rugby che mi fa impazzire.

Mentre in Francia come l’hanno presa?

Lutto nazionale. L’hanno vissuta abbastanza male poverini. A me sarebbe piaciuto vedere una bella finale europea come Irlanda-Francia, due squadre che proponevano un bel rugby. In ogni caso poi le finali difficilmente sono delle bella partite da vedere e anche Sudafrica-Nuova Zelanda non è stata sicuramente la più bella partita del Mondiale

CAPITOLO III: VANNES-TREVISO

Con la Benetton hai un contratto di tre anni, un investimento forte. Che aspettative hai? 

Per me la scelta di Treviso è stata semplice perché ad oggi per me è arrivato il momento di cercare di dare il massimo in un campionato di primissimo livello come l’URC. Sono cosciente che venendo a Treviso la competizione è tanta, sia in seconda che in terza linea c’è una grande competizione ed è fondamentale per me lavorare sodo per cercare di avere il maggior minutaggio possibile e di crescere come giocatore. Fin dalla prima settimana ho fatto tante cose anche diverse da quelle a cui ero abituato, anche in allenamento, e sento che ci sono tanti margini di crescita. Voglio sempre migliorarmi, qua sono sicuro di poterlo fare e di avere tutti i mezzi per performare al meglio. 

Dopo tre mesi a Treviso, come sta andando? 

Sono contento, la mia esperienza fino adesso è sicuramente molto positiva. Treviso è una città carinissima, si vive bene e questo aiuta anche poi a sentirsi bene al lavoro. Per quanto riguarda il rugby, oggi posso essere soddisfatto perché abbiamo fatto un bel prestagione intenso quindi dove abbiamo lavorato tanto. Nonostante la delusione per non essere andato al mondiale, ho avuto tempo per lavorare di più nel club, sfruttando questo periodo per lavorare molto sulla preparazione fisica, per integrarmi più velocemente con i compagni e con la nuova squadra, sia dal punto di vista tecnico sia sotto l’aspetto umano delle relazioni, che poi influisce sempre anche in campo. Ci sono state le partite amichevoli che ci hanno fatto vedere a che punto stavamo, come ci sentivamo insieme in squadra, per provare diverse cose. 

Adesso siamo entrati nel vivo del campionato iniziando in maniera positiva perché sulle sette partite che abbiamo fatto ci sono state cinque vittorie, un pareggio e una sconfitta fuori casa. Questo è il risultato del tanto lavoro che abbiamo iniziato già quest’estate, ma che stiamo continuando a fare quotidianamente. Durante le partite siamo riusciti a superare dei momenti di difficoltà solo grazie all’attenzione che mettiamo nel lavoro durante la settimana e alla cura dei dettagli. Questo aiuta anche in quelle situazioni dove possiamo trovarci sotto pressione per merito degli avversari. Tutto il lavoro che abbiamo fatto e i risultati che ne sono derivati ci da parecchia fiducia e ci sta aiutando a continuare un trend positivo.

A livello personale poi sono contento, perché fino adesso sono riuscito a trovare continuità, anche confrontandomi con un rugby a livello diverso dal quale ero stato abituato, e perché sento di avere ancora dei margini di miglioramento. Posso alzare ancora l’asticella lavorando duro e perché giocare questo tipo di partite con la consapevolezza di affrontare ogni settimana avversari di questo calibro non può fare altro che migliorarmi.

Quindi quali sono le maggiori differenze che hai trovato dal passaggio dal ProD2 alla URC?

La prima cosa ovviamente è il livello di qualità tecnica dei giocatori, che in URC è sicuramente più importante. Poi sicuramente il livello di intensità, di esecuzione e di velocità di gioco che in URC si mantiene costante per tutti gli 80 minuti, mentre in ProD2 ci sono magari sequenze molto intense, ma l’intensità in generale oscillava nel corso della partita. Qualità dei giocatori e intensità non ti permettono il minimo errore, perché lo paghi caro, e quindi devi avere sempre la massima concentrazione. Si ha la possibilità di confrontarsi con alcuni dei migliori giocatori al mondo, Leinster, Munster, le sudafricane. Per me è un grande stimolo e mi ha aiutato molto a scegliere questo nuovo club. Qui c’è un ottimo progetto, è un club che da diversi anni sta lavorando bene e si sta togliendo diverse soddisfazioni, dove c’è tanta competizione interna che ti aiuta a migliorare come giocatore e dove sai che se performi al meglio in allenamento il premio sarà scendere in campo in partita. E’ un livello che si avvicina molto al livello delle nazionali, anche se quello poi è un ulteriore step verso l’alto.

Com’è il gruppo squadra alla Benetton?

In un primo momento ho avuto l’opportunità di conoscere tutto il gruppo Nazionale lo scorso 6 Nazioni e nel ritiro pre-Mondiale e questo mi ha dato anche un po’ più sicurezza, perché comunque cambiare tutto, arrivare in un nuovo club e sapere che avrai a che fare con persone disponibili e accoglienti aiuta. Ho trovato un gruppo veramente sereno che lavora bene insieme, serio in campo e con tanta voglia di lavorare e di allenarsi bene tutti i giorni. C’è molta cura del dettaglio, di voler fare le cose con attenzione per performare al meglio in campo e questo è molto come dire è molto positivo. Con Michele Lamaro poi giocavamo le partite in Under 8 tra Primavera Rugby e Capitolina e abbiamo fatto tutte le selezioni nazionali insieme.

Quali sono i compagni di squadra che ti hanno maggiormente impressionato in questi mesi?

E’ difficile, perché la competizione interna è davvero alta in tutti i ruoli. Era una cosa che già sapevo, ma venendo qui mi sono reso conto che è davvero impressionante. Pensa ai tallonatori: abbiamo quattro tallonatori molto forti, che potrebbero essere quattro prime scelte. Anche in terza linea. Se ti devo dare dei nomi sicuramente devo dire Izekor: io l’avevo conosciuto giocando con l’Italia A, ma da allora ha fatto bel passo in avanti e sta migliorando partita dopo partita. Un altro nome che ti dico Marco Zanon, che viene da un inizio di stagione molto positivo, ha vinto due Man of the Match. Avevo giocato con lui in Under 20 ed è sempre stato un ottimo giocatore, poi ci eravamo un po’ persi quando sono andato a giocare all’estero. Ha fatto un ottimo prestagione e quando abbiamo cominciato il campionato è cresciuto tantissimo: contro Edimburgo è stato sontuoso e anche con gli Stormers ha fatto una grande partita. Anche Bautista Bernasconi, che non conoscevo, è davvero un bel giocatore, ma la cosa che mi fa più effetto è che ti ho citato questi tre, tre gran giocatori, ma come loro ce ne sono tanti altrettanto bravi. Prima di arrivare a Treviso me lo aspettavo, ma vivendo la quotidianità ti rendi conto di tanti dettagli, conosci meglio le persone e questo mi da sensazioni davvero positive per il futuro.

All’esordio da titolare in Nazionale contro la Scozia – rugbyrama.fr

Ci dicevi di una preparazione molto impegnativa: quali sono stati gli aspetti più sfidanti?

Sicuramente l’intensità degli allenamenti era molto elevata, sia a livello atletico e di corsa sia nel lavoro di dettaglio anche sotto stress per mantenere un certo standard tecnico anche nei momenti di difficoltà. E’ stato molto impegnativo, poi il caldo si è fatto sentire e io, tornando dalla Bretagna, non ero più abituato a quel tipo di caldo! A Vannes durante la preparazione estiva c’erano dei miei compagni che si allenavano con la felpa, per farti capire, quindi allenarsi d’estate a Treviso è stato abbastanza intenso. La cosa positiva però era che nonostante l’intensità si percepiva il miglioramento settimana dopo settimana; io sentivo il mio corpo che col passare del tempo andava sempre meglio e conta anche che è stata una preparazione estiva più lunga del solito a causa del Mondiale. Ritornando a quello che dicevi effettivamente non essere andato al Mondiale mi ha permesso di legare più rapidamente con i compagni rispetto a quello che sarebbe stato se fossi arrivato più tardi. Partecipare al raduno estivo è molto importante nelle dinamiche di squadra e avere avuto più tempo per integrarmi è stato molto utile. Ho avuto la possibilità di stare a contatto quotidianamente con gli allenatori, le loro richieste, il loro modo di vedere il rugby e i ha aiutato a essere più sul pezzo oggi. 

A proposito di allenatori, Bortolami ha detto di te in un podcast che sei quel tipo di giocatore “sporco” che serve in certe partite e che questo deriva dalla tua esperienza nel campionato francese. Ti ci rivedi in questa descrizione?

Si, mi rivedo in quello che dice. Probabilmente l’esperienza che ho potuto vivere in Francia mi ha permesso di crescere sotto questo punto di vista perché, soprattutto in mischia, ci sono situazioni di gioco “sporco” che non si provano spesso a questo livello, ma erano la quotidianità nel ProD2,  quindi è qualcosa che ho potuto testare con un po’ più regolarità. Diciamo che mi piace stare nel mezzo dell’azione di gioco utilizzando anche le mie caratteristiche fisiche e a volte di giocare al limite, cercando sempre di non fare fallo, che poi è la cosa più importante. Poi sai, sono situazioni 50/50 e mi sto sforzando di migliorare la mia capacità di giocare sul filo del rasoio, ed è una cosa sulla quale sono in costante apprendimento.

Fino a oggi qual è stata la partita che ti è rimasta maggiormente in testa?

E’ stata emozionante la prima partita a Cardiff in cui sono partito dalla panchina, perché era per me la prima partita in URC e l’esito della partita è stato ancora più bello perché andare in un campo del genere dove se non sbaglio erano tanti anni che non vincevamo. Quando sono entrato mi sono sentito bene e malgrado in quel momento fossimo in svantaggio, devo essere sincero che ho percepito una certa confidenza in tutto il gruppo, sentivo che l’avremmo portata a casa. Non so dirti perché, avevo delle buone sensazioni e infatti siamo riusciti a rimettere Cardiff sotto pressione e a vincerla. Vincere la prima di campionato fuori casa è un segnale forte, non è stata una squadra facile da battere. Poi ti direi Munster in casa per me è stata importante: era la prima in casa a Treviso per me e forse, ad oggi è quella che mi è piaciuta di più. Giocare a Monigo contro i campioni in carica, anche se poi eravamo tutti delusi per aver solo pareggiato, è stato qualcosa di speciale. Quando ero piccolo era una delle squadre storiche che seguivo, quindi capisci l’emozione di incontrarli da campioni in carica, facendo anche una buona partita a parte per il risultato. Però lo sport purtroppo è così, ma poter dire di aver pareggiato con Munster ed esserne delusi denota una presa di coscienza di noi come squadra e di come siamo pronti a giocarci il nostro campionato e ogni singola partita per vincerla.

…e una partita che stai aspettando particolarmente? Anche solo per affrontare un particolare avversario?

In verità ce l’ho, ma è già passata ed era Edimburgo, perché la mia prima da titolare in Nazionale contro la Scozia è stata in quello stadio. Per una serie di motivi è stata una partita molto dura e impegnativa e mi ha marcato psicologicamente, tanto in negativo quanto in positivo, nel senso che mi sono detto: “Questo è un buon punto da cui ripartire” perché mi ha dato la consapevolezza di una serie di cose che avevo fatto bene e tante altre che dovevo migliorare. Poi una cosa che mi ha fatto effetto parlandone con mio fratello, è che gli ho detto “Io non ho giocato contro la Scozia, io ho giocato contro Schoeman”, il pilone, perché ogni volta che avevo palla capitavo contro di lui, ogni che volta che lui aveva palla c’ero io a difendere. Tutto completamente casuale. Quando dovevamo giocare con Edimburgo mi sono detto “Già ci sta mezza Scozia in campo, e poi c’è Schoeman”, quindi sono arrivato molto concentrato a quella partita. All’inizio Edimburgo ci ha messo sotto pressione però anche quella volta siamo riusciti a rimanere uniti, non ci siamo abbattuti per lo svantaggio e centimetro per centimetro abbiamo raddrizzato la partita. Siamo riusciti a mettergli pressione, abbiamo avuto una buona difesa e malgrado abbiamo subito tanto a inizio partita siamo rimasti sempre vicini nel punteggio e abbiamo vinto. Per questo è un ricordo particolare. 

Pierre Schoeman, il duellante – planetrugby.com

Qualche domanda personale: un libro un film  che consigli?

Un libro letto poco tempo fa,  Air, su Michael Jordan:  io non sono un grande appassionato di basket, però leggendo quella storia non solo di basket, ma è la storia di un uomo e della sua determinazione. Come film ti dico “Il silenzio degli innocenti”.

Un disco invece?

A me piace tutta la musica in generale. Mi piace un sacco la musica degli anni 70, 80 e 90 e uno dei miei cantanti preferiti è Lucio Battisti. Adesso mi sto ascoltando le hit francesi degli anni 80, ho una playlist di Cumbia argentina, hit italiane degli anni 80, 90 e 2000, poi musica americana ti direi Patterson Tupac, i Backstreet Boys. Di tutto.

Come ti vedi tra tre anni

Spero di stare nel più alto livello possibile in un campionato importante con il Benetton. Spero di continuare a poter indossare la maglia azzurra e spero di poter fare dare il più possibile per questo club, anche perché dopo sette anni all’estero direi che non è obbligatorio spostarsi e ci sono tutti i presupposti per trovarsi bene qui a Treviso.

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