Cinque partite, due vittorie, tanti spunti. Il Sei Nazioni 2025 ha detto che l’Italia c’è — ma non ancora dove vorrebbe essere. Il quarto posto finale rappresenta un progresso rispetto al 2024, ma anche la fotografia di una squadra ancora in costruzione. Al di là della classifica, il torneo è stato un banco di prova fondamentale per testare l’evoluzione del progetto tecnico guidato da Fabio Roselli. Un passaggio chiave, perché tra pochi mesi l’Italia volerà in Inghilterra per la Rugby World Cup, dove il livello sarà ancora più alto e gli errori costeranno di più.

La classifica 2025 e il bilancio numerico
Il Sei Nazioni 2025 ha offerto all’Italia un piazzamento più solido e qualche certezza in più. Le Azzurre hanno chiuso al quarto posto, salendo di una posizione rispetto al 2024. Il bilancio complessivo parla di due vittorie e tre sconfitte, un risultato che, preso da solo, potrebbe sembrare modesto. Ma il contesto — e soprattutto il confronto con l’edizione precedente — suggerisce una lettura più positiva.
Nel 2024 l’Italia aveva infatti ottenuto una sola vittoria, contro l’Irlanda, perdendo le altre quattro partite. Quest’anno, invece, ha battuto due concorrenti dirette per il centro classifica: la Scozia in trasferta e il Galles in casa. Il dato più importante non è solo numerico, ma anche gerarchico: l’Italia ha saputo imporsi laddove l’anno scorso aveva mancato, consolidando il proprio profilo come quarta forza stabile, e riducendo lo scarto con l’Irlanda, terza classificata.

Anche i numeri offensivi e difensivi confermano questa progressione. Nel 2025 l’Italia ha segnato 107 punti (contro gli 84 del 2024) e ne ha subiti 155 (contro 181). Il passivo si è ridotto sensibilmente, e allo stesso tempo è aumentata la capacità di andare a segno: 17 mete marcate contro le 13 dell’anno scorso, pur concedendone comunque 24. In termini di punti in classifica, si è passati da 6 a 10, grazie anche a due punti bonus offensivi, uno contro la Scozia e uno contro il Galles. Nessun punto bonus difensivo è stato raccolto, a indicare che nelle sconfitte — tutte nette — non si è mai rimasti sotto i sette punti di scarto.
La collocazione finale in classifica fotografa una realtà ancora spezzata in tre blocchi: l’Inghilterra resta fuori portata (5 vittorie su 5 e 40 mete segnate), la Francia mantiene un livello superiore ma battibile, l’Irlanda è la prima squadra “umana”. L’Italia si pone subito dietro, davanti a Scozia e Galles, e può ora lavorare per agganciare il terzo posto in futuro con basi concrete.

Uno sguardo al calendario rafforza questa lettura. Le Azzurre hanno giocato tre partite in casa (contro Irlanda, Francia e Galles) e due in trasferta (contro Inghilterra e Scozia). Le vittorie sono arrivate una per lato: Parma ha regalato la gioia del successo netto contro il Galles, ma la partita più significativa è forse stata quella di Edimburgo, dove l’Italia ha espugnato il campo di una rivale diretta. In ottica storica, però, è interessante notare che il fattore campo non incide particolarmente: anche nel 2024 l’unica vittoria arrivò fuori casa, a Dublino. Questo può essere letto in due modi: da un lato, segnala una buona capacità della squadra di esprimersi anche lontano da casa; dall’altro, evidenzia che Parma non è ancora una roccaforte, almeno sul piano dei risultati. Un tema su cui riflettere anche in chiave futura, se si vuole costruire un ambiente davvero competitivo.
Le cinque partite: progressi, battute d’arresto, confronti
Un torneo si legge anche nel dettaglio. La posizione in classifica e le statistiche complessive restituiscono un’immagine d’insieme, ma è solo entrando nelle singole partite che si possono riconoscere le traiettorie di crescita, gli snodi critici e le scelte strategiche che hanno fatto la differenza. Per questo vale la pena tornare su ciascuno dei cinque incontri disputati dall’Italia, mettendoli a confronto con quelli del 2024: per capire dove si è migliorato, dove si è perso terreno e in quali situazioni il cambio di passo è stato solo parziale.
Se le partite le avete viste e ve le ricordate, potete andare direttamente alla sezione successiva Italia 2024 vs Italia 2025.
Inghilterra – Italia
2025: Inghilterra 38 – Italia 5
2024: Italia 0 – Inghilterra 48
Contro le campionesse in carica, il confronto tra le due edizioni è meno scontato di quanto il punteggio potrebbe far pensare. Nel 2024, a Parma, l’Italia riuscì a reggere l’urto per oltre mezz’ora, chiudendo il primo tempo sotto solo 0-10 e mostrando una delle migliori mezz’ore difensive del ciclo Raineri, nonostante l’uscita prematura di Sillari e l’inferiorità numerica delle inglesi per il rosso a Beckett. La ripresa fu però un monologo Red Roses, con l’Italia che non riuscì mai a reagire né a risalire il campo, fino al pesantissimo 0-48 finale.
Nel 2025, a York, l’avvio è stato ben più traumatico: due mete subite nei primi sette minuti e il bonus offensivo concesso già alla mezz’ora. Ma le Azzurre hanno segnato — unica differenza rispetto al 2024 — e limitato i danni nella ripresa. La meta di Francesca Sgorbini, nata da una maul ben costruita, ha rotto il digiuno, e il secondo tempo si è chiuso con un parziale di 5-5. Anche se l’Inghilterra ha dominato possesso e territorio, e ha visto ben tre mete annullate dal TMO, l’Italia ha mostrato segnali di organizzazione difensiva migliore nelle fasi statiche e ha avuto qualche spunto interessante da subentrate come Granzotto e Stevanin.
Italia – Irlanda
2025: Italia 12 – Irlanda 54
2024: Irlanda 21 – Italia 27
Il confronto più netto — e più amaro — dell’intero Sei Nazioni. Nel 2024, l’Italia ottenne una storica vittoria a Dublino, la prima in casa dell’Irlanda. Fu una partita piena di svolte: partenza difficile, reazione fisica, tre mete marcate (due da Vecchini, una da Fedrighi) e punto di bonus offensivo sigillato da Aura Muzzo. Ma, soprattutto, una prova di grande tenuta mentale: pur in inferiorità numerica e sotto nel punteggio, le Azzurre seppero ribaltare il risultato con precisione tattica e lucidità nelle fasi decisive, chiudendo 21-27 davanti a oltre 6200 spettatori.
Nel 2025, la situazione si è rovesciata completamente. A Parma, l’Italia è andata subito in difficoltà: cartellino giallo a Fedrighi dopo 30 secondi, meta subita dopo due minuti, e break centrale devastante di Higgins all’8′ che ha portato al 5-14. Le uniche marcature italiane sono arrivate da due giocate individuali: una partenza di Sofia Stefan da prima fase e una furbizia di Beatrice Rigoni che, senza ruck formata, ha schiacciato in meta di rapina. Ma la struttura difensiva è crollata contro il gioco ordinato e fisico dell’Irlanda, che ha marcato 8 mete e chiuso sul 12-54.
A differenza del 2024, dove l’Italia aveva costruito il risultato con drive efficaci e dominio nei punti d’incontro, nel 2025 è mancata disciplina (due cartellini gialli), efficacia in mischia (più falli che conquiste) e velocità di uscita nei ruck (3.49 secondi, tra i peggiori valori del torneo). Anche il possesso è stato largamente a favore delle irlandesi, e la sensazione è che la squadra abbia faticato a ritrovare fiducia dopo la sconfitta con l’Inghilterra.
Una battuta d’arresto netta, che segna un’involuzione rispetto all’anno precedente e rappresenta il punto più basso del torneo 2025. Da qui, il ciclo Roselli ha dovuto ripartire.
Scozia – Italia
2025: Scozia 17 – Italia 25
2024: Italia 10 – Scozia 17
Contro la Scozia si è vista forse la trasformazione più chiara dell’Italia tra un’edizione e l’altra. Nel 2024, a Parma, l’Italia aveva offerto una prestazione piena di buoni spunti ma mal gestita nei momenti decisivi: vantaggio iniziale con meta di Alyssa D’Incà su una splendida azione in offload, pareggio scozzese immediato con Skeldon da maul, e sorpasso nella ripresa con due marcature pesanti di Orr e Rollie. Le Azzurre rimasero aggrappate al match fino alla fine — anche grazie al piazzato di Rigoni — ma gettarono via l’occasione del pareggio con un errore in touche sull’ultima azione. La Scozia festeggiò così la prima vittoria esterna contro l’Italia nella storia del torneo.
Nel 2025, a Edimburgo, è arrivata la rivincita. E non solo: le Azzurre si sono imposte per 17-25 con cinque mete marcate e il punto di bonus offensivo, mostrando un gioco più verticale e aggressivo. La Scozia è stata colpita su ogni fronte: in difesa, per le accelerazioni sull’out di Muzzo (autrice di una tripletta); in attacco, per la pressione costante che ha portato a errori e palle perse. L’Italia ha saputo reagire due volte allo svantaggio, prima con una meta fisica di Sgorbini, poi con il break decisivo di Ostuni Minuzzi, rientrata dopo due turni di assenza. A chiudere i conti è stata D’Incà in bandierina per il bonus, e infine ancora Muzzo per la meta della sicurezza.
Rispetto al 2024, la differenza si è vista soprattutto nella capacità di sfruttare le situazioni favorevoli: nel 2025, ogni ingresso nei 22 scozzesi ha prodotto avanzamento, mentre nel 2024 le occasioni erano rimaste spesso sterili. Il controllo mentale del match, la qualità nei punti d’incontro e la gestione degli ultimi 20 minuti hanno fatto la differenza. Un punto di svolta nella campagna 2025 — e nella gestione Roselli.
Italia – Francia
2025: Italia 21 – Francia 34
2024: Francia 38 – Italia 15
Contro la Francia, il confronto tra le due edizioni del torneo fotografa perfettamente l’evoluzione — e i limiti — dell’Italia. Nel 2024, a Parigi, le Azzurre subirono una sconfitta netta: 6 mete a 2, partita mai realmente in discussione. Dopo un primo tempo a senso unico chiuso sul 26-3, l’Italia trovò due mete nella ripresa con Alyssa D’Incà, ma senza mai dare la sensazione di potersela giocare alla pari. Troppa la differenza nei punti d’incontro, nella gestione del possesso e nella capacità di concretizzare le occasioni.
Nel 2025, al Lanfranchi, la partita è tutta un’altra storia. L’Italia va al riposo in vantaggio 21-12 dopo un primo tempo spettacolare, costruito attorno alla solita arma letale: la maul. Le mete di Vecchini, Muzzo e Turani sono tutte frutto di strutture efficaci e di un attacco organizzato, capace di alternare drive e gioco al largo con buona lettura. Sillari fa 3 su 3 dalla piazzola e la squadra mostra forse il miglior volto del torneo. Anche la difesa è reattiva e ordinata: nel primo tempo solo due marcature subite e tre palloni tenuti alti in area rossa francese.
Ma nella ripresa cambia tutto. La disciplina viene meno (sei falli nei primi 12 minuti), la lucidità cala e la Francia cresce: Menager, Bourgeois e infine Chambon chiudono un parziale di 0-22 che ribalta il punteggio. L’Italia regge in difesa fino al 70′, poi paga il conto fisico e mentale. Le Azzurre provano a rimanere in partita, ma un errore nella comunicazione tra Madia e Rigoni spalanca la strada alla meta del sorpasso decisivo di Marine Menager, e l’ultima marcatura di Chambon spegne definitivamente le speranze.
La differenza rispetto al 2024 c’è: il divario si è ridotto, la competitività è aumentata, e l’Italia ha mostrato capacità di mettere in difficoltà una big del torneo per larghi tratti. Ma il finale dimostra che la gestione dei momenti chiave — specialmente nella ripresa — resta un punto debole. Una partita da cui emergono insieme progressi tecnici e nodi irrisolti.
Italia – Galles
2025: Italia 44 – Galles 12
2024: Galles 22 – Italia 20
Nel 2024, al Principality Stadium, l’Italia perse una partita che avrebbe meritato di vincere. Le Azzurre andarono tre volte in meta (Ostuni Minuzzi, Granzotto e Stevanin), risposero colpo su colpo al gioco gallese, e si presentarono negli ultimi minuti avanti di cinque punti. Ma un’azione insistita nei pressi della linea di meta costò loro la partita: Sisilia Tuipulotu sfondò per la marcatura decisiva, trasformata da Bevan per il 22-20 finale. Un passivo beffardo, maturato nonostante un buon equilibrio tra le fasi di conquista e la capacità di costruire gioco al largo.
Nel 2025, a Parma, la musica cambia completamente. Dopo un primo tempo complicato — chiuso sotto 10-12 — l’Italia domina la ripresa con un parziale di 34-0, marcando sei mete totali e conquistando anche il punto di bonus offensivo. Le marcatrici sono state Stefan, Granzotto (2), Turani, Ostuni Minuzzi e Muzzo, con Sillari precisa dalla piazzola (5/6). Il turning point arriva nella gestione mentale e fisica della partita: l’Italia non solo si riprende subito dallo svantaggio iniziale, ma alza il ritmo nella seconda metà, sfruttando le superiorità numeriche, i calci di punizione e il predominio nei punti d’incontro.
Rispetto al 2024, la differenza è evidente: la squadra è più cinica, più ordinata nelle fasi statiche e con un sistema offensivo finalmente produttivo. L’organizzazione difensiva ha funzionato bene nei momenti caldi — soprattutto nel secondo tempo — e la profondità della rosa ha fatto la differenza, con impatto significativo da parte delle subentrate. Una vittoria che suggella la crescita del gruppo e che chiude il torneo nel miglior modo possibile: con due vittorie, un quarto posto e una consapevolezza nuova in vista della Rugby World Cup.
Italia 2024 vs Italia 2025
Dati collettivi a confronto
Il confronto numerico tra le due edizioni del Sei Nazioni restituisce un quadro netto: l’Italia del 2025 è cresciuta sotto quasi tutti gli aspetti chiave del gioco. Le vittorie raddoppiano (da 1 a 2), i punti segnati aumentano in modo significativo (da 72 a 107), così come le mete (da 10 a 17), i line break (da 17 a 32), gli offload (da 32 a 45) e i passaggi (da 695 a 831). La squadra risulta più produttiva in attacco e più incisiva nella capacità di superare la linea del vantaggio.
I metri guadagnati diminuiscono (da 3435 a 2506), ma ciò è riconducibile a un minor numero di “metri facili” a gara compromessa e non a un’inferiorità nel gioco in avanzamento. Le azzurre salgono infatti dal 6° al 1° posto per numero di carry (da 517 a 714), e migliorano anche in difensori battuti (da 96 a 101) e assist per line break (dato assente nel 2024, ma ben presente nel 2025 con Stevanin, Stefan e Rigoni protagoniste).
Sul piano difensivo si registra una leggera flessione nei placcaggi riusciti: da 862 nel 2024 (1° posto nel torneo) a 794 nel 2025 (2° posto), con una % che cala dall’87,2% all’84,1%. Tuttavia, i placcaggi dominanti aumentano da 70 a 87, sintomo di un atteggiamento più aggressivo nel contatto.
Le fasi statiche segnano progressi importanti: la mischia è perfetta nel 2025 (100% di successo, in coabitazione con Inghilterra e Francia) e la touche migliora in modo netto (dal 75% all’88,6%). L’Italia sale anche nel breakdown offensivo: la velocità media di uscita dalla ruck migliora leggermente (da 3.59″ a 3.49″), pur rimanendo la più lenta del torneo.
Il gioco al piede resta stabile (93 calci nel 2024, 92 nel 2025), ma cala il rendimento complessivo: la percentuale di trasformazioni scende dal 64,3% al 52,6%, complice un alternarsi di calciatrici e alcuni errori pesanti nei momenti chiave.
A completare il quadro, due indicatori strategici evidenziano un cambiamento profondo nel profilo offensivo della squadra:
- Le entrate nei 22 metri avversari aumentano in modo drastico: da una media di 5,4 ingressi a partita nel 2024 (ultimo posto) a oltre 10 ingressi a gara nel 2025 (52 in totale, seconda nel torneo).
- Tuttavia, l’efficienza realizzativa per ingresso cala bruscamente: da 2,33 punti per entrata (pari alla Francia nel 2024) a 2,00 nel 2025, ultimo posto nel torneo.
Una squadra quindi molto più capace di portarsi in zona rossa, ma ancora non sufficientemente cinica per concretizzare quanto costruito.

Dove è migliorata la squadra e dove è peggiorata
Il primo segnale di crescita si legge nella struttura: l’Italia 2025 è una squadra più organizzata, più rapida nel muovere il pallone, più pericolosa nelle situazioni di attacco strutturato. Le 17 mete segnate — ben distribuite tra gioco al largo, drive da touche e azioni multifase — raccontano un attacco finalmente maturo, capace di capitalizzare le occasioni. I due bonus offensivi conquistati (zero nel 2024) sono la conferma aritmetica di una mentalità più verticale.
Altro miglioramento è nella consistenza: l’Italia ha mostrato una migliore capacità di restare in partita nei secondi tempi, reggendo fisicamente e mentalmente anche contro squadre più blasonate. La touche, tallone d’Achille nel 2024 (75% di successo), è stata trasformata in punto di forza (88,6%), mentre la mischia ha mantenuto livelli di eccellenza.
I punti deboli, però, non mancano. La difesa, pur numericamente solida, ha mostrato qualche crepa in termini di efficacia: meno placcaggi totali, calo nella % di successo e minore precisione nel contenere le fasi dinamiche degli avversari. In attacco, la percentuale di calci realizzati è preoccupante (52,6%): troppo bassa per una squadra che punta a scalare il ranking mondiale. Infine, la lentezza nel breakdown — sebbene leggermente migliorata — resta un problema, soprattutto contro difese rapide come quella francese o inglese.
Nel complesso, l’Italia 2025 ha fatto uno scatto in avanti importante: la base tecnica è più solida, la rosa più profonda, e il gioco più vario. Ma il passo verso le big del torneo richiederà maggiore disciplina, più cinismo sotto pressione e un’ulteriore evoluzione del sistema difensivo.

Le protagoniste azzurre
Il Sei Nazioni 2025 ha raccontato un’Italia in evoluzione: nuove certezze, conferme importanti, rientri attesi e volti inediti. Un torneo che ha restituito un gruppo coeso e competitivo, capace di esprimere individualità forti ma anche un’identità collettiva. Dietro i numeri, c’è una storia fatta di costanza, talento, resilienza e voglia di restare (o diventare) protagoniste.
Presenze, impatto e riconoscimenti
Sono state 30 le atlete impiegate nel corso del torneo. Undici di loro hanno collezionato 5 presenze su 5: Aura Muzzo, Alyssa D’Incà, Giordana Duca, Beatrice Veronese, Sara Seye, Silvia Turani, Vittoria Ostuni Minuzzi, Beatrice Rigoni, Gaia Maris, Laura Gurioli e Alia Bitonci, quest’ultima all’esordio assoluto in azzurro.
Fra le più presenti per minuti giocati spiccano D’Incà (345’), Muzzo (391’), Turani (351’) e Ostuni Minuzzi (327’): si tratta anche delle atlete che hanno lasciato il segno in fase offensiva, con le prime tre in testa per carries e metri guadagnati.
Tra tutte, Aura Muzzo è stata senza dubbio la figura chiave: 4 mete, 350 metri guadagnati, 38 difensori battuti, 8 line break e 2 assist. Una costante minaccia per le difese avversarie, celebrata anche dalla scelta nel Team of the Tournament 2025, che ne consacra la stagione. Accanto a lei, Silvia Turani ha rappresentato il volto della solidità: 52 placcaggi completati su 52 tentati (100%), 106 ruck offensive, 2 turnover vinti, 2 mete (contro la Francia e il Galles) e una presenza continua nelle fasi statiche e dinamiche. Anche per lei, l’ingresso nel Team of the Tournament 2025 è un riconoscimento tanto meritato quanto significativo per il rugby di prima linea.
Nel 2024, erano state Beatrice Rigoni e Alyssa D’Inca a guadagnarsi lo stesso onore. Anche nel 2025 le due veterane hanno confermato il loro valore. Rigoni, con 43 corse palla in mano, 119 metri guadagnati, 3 line break e 7 difensori battuti, ha guidato la linea arretrata con intelligenza e capacità di leggere il gioco. D’Inca ha offerto come sempre uno stile incisivo e rapido: 258 metri guadagnati, 5 line break, 6 difensori battuti e 1 meta.
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A brillare di nuova luce è stata Francesca Sgorbini: 62 carries, 246 metri guadagnati, 41 placcaggi e ben 75 ruck offensive, uno dei motori della terza linea azzurra. Al suo fianco, Giordana Duca ha confermato la leadership nel lavoro invisibile: 65 placcaggi completati, 29 ruck offensive, 0 line break concessi e 0 placcaggi mancati.
In prima linea, oltre a Turani, si sono distinte Sara Seye (273 metri guadagnati, 39 placcaggi, 80 ruck offensive) e Gaia Maris, costante e generosa con 41 placcaggi e 41 ruck. Tra le nuove protagoniste, Alia Bitonci ha dimostrato maturità nei breakdown (35 ruck offensive, 17 difensive), mentre Desirée Spinelli, al debutto, si è segnalata per impatto fisico e visione del gioco.
In regia, il mix tra l’esperienza di Sofia Stefan (5 presenze, 2 assist, 3 line break) e la freschezza di Emma Stevanin ha prodotto varietà ed efficacia. La prima ha segnato una meta pregevole contro l’Irlanda, la seconda ha portato vivacità e rapidità nelle fasi d’attacco.
Infine, non può essere trascurato il contributo di Vittoria Ostuni Minuzzi, perfetta come estremo: 307 metri percorsi, 13 difensori battuti, 5 turnover vinti, 92 ruck offensive e 2 mete. Un punto fermo per ogni ripartenza azzurra.

Chi è mancata, chi è rientrata, chi si è fatta notare
Il passaggio generazionale è proseguito con decisione, ma non senza colpi di scena. Grande assente Ilaria Arrighetti, figura simbolo della vecchia guardia, reduce da un problema al bicipite femorale patito con lo Stade Rennais, così come Lucia Gai e Giulia Cavina. Isabella Locatelli ha avuto un ruolo molto marginale, mentre Alessia Pilani, da poco rientrata dopo la frattura del crociato e del collaterale mediale, è stata convocata per le ultime tre partite senza trovare spazio in lista gara.
Nel frattempo, sono emerse nuove certezze: Alia Bitonci, appena ventenne, ha guadagnato la fiducia del ct Roselli e si è rivelata affidabile e già pronta per il livello internazionale. Desirée Spinelli, dopo un percorso di crescita nel campionato italiano, ha saputo imporsi per solidità in chiusa. Vittoria Zanette, classe 2004, ha avuto una prima apparizione nel match contro la Francia, mostrando notevole spirito di iniziativa.
Il rientro in gruppo di Michela Sillari ha garantito equilibrio difensivo e un piede solido anche in seguito alla frattura del setto nasale. Ha ritrovato il campo anche Giada Franco, presente in una sola partita ma ancora elemento da tenere in considerazione in vista del Mondiale.
Nel complesso, 22 delle giocatrici convocate nel 2024 sono state protagoniste anche nel 2025: una base solida, arricchita da esordi e rientri che rafforzano la profondità della rosa.

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Club di provenienza: continuità e concentrazione
La geografia dei club conferma alcune tendenze strutturali e pone interrogativi sul futuro. Valsugana Padova e Villorba Rugby restano le due fabbriche principali di talento: in totale 9 giocatrici (tra titolari e subentrate) provengono da questi due club, che continuano a formare profili di primo livello come Ostuni Minuzzi, Veronese, Vecchini, Bitonci, Capomaggi, Maris, Granzotto, Stecca e Mannini.
Rugby Colorno rappresenta l’altro polo forte, con atlete come Giordano, Madia, Turani, Franco e Locatelli. A Roma, Francesca Granzotto porta visibilità alla Capitolina, mentre a Treviso cresce Desirée Spinelli.
L’esperienza internazionale è l’altro asset in crescita: Silvia Turani (Harlequins), Sara Seye (Ealing Trailfinders), Beatrice Rigoni e Sofia Stefan (Sale Sharks), Francesca Sgorbini (ASM Romagnat), Sara Tounesi (Montpellier) sono solo alcune delle atlete che militano fuori dai confini italiani. La presenza crescente in Premiership e Top14 garantisce un confronto costante con i massimi livelli, accelerando la maturazione delle nostre migliori.

Questa doppia tendenza – radicamento interno e apertura verso l’estero – è una risorsa, ma anche un campanello d’allarme: se il bacino domestico si concentra in pochi club, si rischia un eccesso di dipendenza. Servirà investire sulla diffusione del rugby femminile anche in altre zone d’Italia per ampliare la base, creare competizione e garantire sostenibilità nel medio-lungo periodo.
Il gioco di Roselli: continuità o rottura?
L’arrivo di Fabio Roselli sulla panchina azzurra ha segnato l’inizio di una nuova fase tecnica, non priva di continuità rispetto al lavoro impostato da Giovanni Raineri, ma con chiari segnali di discontinuità. L’impronta dell’ex tecnico delle Zebre si è avvertita in modo crescente nel corso del torneo, sia sul piano strutturale che nella gestione dei momenti-chiave. Il suo approccio ha privilegiato un rugby dinamico, basato sul possesso, sulla pressione territoriale e sulla valorizzazione delle individualità nel gioco rotto.
Caratteristiche offensive: più possesso, più corse, più contatto?
La filosofia offensiva di Roselli si fonda sull’idea di restare padroni del gioco: tenere il pallone, insistere nel multifase, mantenere la difesa avversaria sotto pressione. È una scelta che richiede coraggio e condizione atletica, ma che ha cambiato il volto della squadra. L’Italia 2025 è apparsa più disposta a gestire lunghe sequenze di gioco palla in mano, cercando il contatto non solo come necessità, ma come strumento per creare continuità. L’alternanza tra avanti e trequarti è diventata più fluida, e la trasmissione della palla più dinamica.
La vera novità, però, è la qualità del tempo passato in attacco. Non si tratta solo di corse o fasi, ma di una volontà precisa di far avanzare il gioco con metodo, senza affidarsi solo a fiammate individuali. In questo quadro, giocatrici come Sgorbini, Muzzo e Rigoni sono diventate terminali fondamentali non tanto per i numeri in sé, quanto per il modo in cui hanno interpretato un sistema più partecipato e collettivo.

Ruck, calci, letture di gioco
Una delle trasformazioni più visibili riguarda la velocità e la pulizia del breakdown. L’Italia ha iniziato a uscire dai punti d’incontro con maggiore prontezza, e questo ha fatto la differenza nel disorganizzare le difese. Il merito non è solo delle portatrici, ma di un lavoro più coordinato tra le prime tre giocatrici sul pallone, che ha dato stabilità al ritmo offensivo. Non è raro vedere l’Italia costruire un’azione su tre o quattro fasi rapide, costringendo l’avversario a rincorrere piuttosto che imporsi.
Anche il gioco al piede ha cambiato logica. Non più strumento di liberazione, ma di gestione. Roselli ha chiesto alle sue registe di essere più selettive, usando il piede come un’arma da precisione, soprattutto per cercare spazi scoperti o costringere l’avversario a ripartire da posizioni scomode. Madia, Stevanin e Rigoni hanno interpretato questo principio con efficacia alterna, ma la direzione è chiara: l’Italia vuole essere protagonista, anche senza palla.

Ordine e disordine: la doppia anima dell’attacco azzurro
Uno degli aspetti più interessanti del nuovo corso è l’equilibrio, ancora in costruzione, tra il gioco organizzato e quello di reazione. Roselli non ha rinunciato alla maul o alla disciplina delle fasi statiche, anzi: le mete da drive rimangono un punto fermo. Ma ha aggiunto un nuovo livello: quello della gestione del “caos controllato”. L’Italia è oggi molto più a proprio agio nel gioco rotto, capace di colpire al largo anche su turnover o palloni recuperati.
Questa doppia anima – strategia e istinto – rappresenta la scommessa più affascinante del progetto Roselli. Trovare l’equilibrio tra struttura e creatività sarà cruciale per affrontare le grandi sfide future. Ma se il Sei Nazioni 2025 ha dimostrato qualcosa, è che questa Italia ha finalmente trovato una voce tattica coerente, riconoscibile, e – soprattutto – promettente.

Distanze da Raineri: un sistema più aperto e responsabilizzante
La differenza più marcata rispetto all’era Raineri sta nella gestione dell’imprevisto. Dove prima l’impostazione privilegiava un gioco strutturato e ordinato, oggi si cerca di leggere la situazione in tempo reale, con maggiore libertà di scelta per le portatrici e le mediane. Non è solo un cambiamento tecnico, ma mentale: Roselli chiede alle sue atlete di interpretare il gioco, non di eseguire uno spartito. Le trequarti ricevono più palloni, più avanti vengono coinvolte fuori asse, la linea difensiva è chiamata a salire in modo più aggressivo.
Questa libertà porta con sé anche dei rischi: quando la comunicazione rallenta, o la disciplina viene meno, l’Italia soffre. È successo contro l’Irlanda e in parte contro la Francia. Ma è il prezzo di un progetto che punta alla crescita strutturale della squadra, non solo al risultato immediato.

In vista del Mondiale
Con la qualificazione già in tasca grazie al quarto posto ottenuto nella Rugby World Cup 2021, l’Italia si prepara alla prossima Coppa del Mondo neozelandese del 2025 (rinviata rispetto al ciclo quadriennale classico). Ma se il biglietto è assicurato, la vera domanda è: in che stato ci arriveranno le Azzurre?
L’Italia è già qualificata, ma in quale stato ci arriva?
Il Sei Nazioni 2025 ha fornito segnali incoraggianti per l’Italia: due vittorie, una competitività ritrovata contro le big, e un’identità di gioco che comincia a stabilizzarsi. Il gruppo sembra più maturo, meglio assortito nei ruoli chiave e con una panchina più affidabile. L’ossatura della squadra è definita, il passaggio generazionale ben avviato, e la guida tecnica ha trovato una voce chiara e autorevole.
A livello atletico, l’Italia ha tenuto il passo anche contro formazioni più strutturate fisicamente come l’Inghilterra e la Francia. A livello mentale, il successo in trasferta contro la Scozia e la prova d’orgoglio nel primo tempo contro le Bleues mostrano una squadra che sa combattere e reagire. Tuttavia, per reggere l’urto di una competizione lunga e di livello mondiale, serve qualcosa in più: continuità, disciplina, e soprattutto profondità.

Dove si può costruire?
Il nodo principale è proprio la profondità: alcune sostituzioni forzate hanno messo in evidenza un certo scollamento tra titolari e rincalzi. In particolare, nei ruoli di regia (mediana e apertura) e in prima linea, l’Italia non ha ancora soluzioni equivalenti a quelle di partenza. Se Rigoni, Madia e Stefan sono imprescindibili per gestione ed esperienza, non è ancora chiaro chi possa prenderne il posto a pieno titolo in caso di assenza.
A questo si aggiungono margini di crescita nella gestione delle uscite difensive (troppo spesso in affanno nei primi venti minuti) e nella disciplina nei momenti caldi, dove si pagano ancora care le ingenuità. La transizione tra fasi statiche e gioco aperto funziona bene, ma necessita di rodaggio per essere fluida anche sotto pressione.
Un altro ambito critico è il kicking game, che resta un punto debole strutturale. Il numero complessivo di calci è calato rispetto al 2024, ma il rendimento non ha mostrato un salto qualitativo. L’Italia fatica ancora a usare il piede come vero strumento tattico, sia per uscire in modo ordinato dalla propria metà campo, sia per attaccare la linea difensiva avversaria. Le soluzioni utilizzate – come i cross-kick o i grubber nei 22 – sono state poche e raramente efficaci. Il piede di Sofia Stefan è stato impiegato con prudenza soprattutto in fase di liberazione, ma senza mai diventare un’arma di avanzamento o di pressione. Nel complesso, il gioco al piede delle Azzurre è rimasto funzionale, ma privo della brillantezza e della varietà che servono a livello internazionale.
Costruire su quanto di buono si è visto – le maul efficaci, la qualità dei ruck, la crescita delle trequarti – significa lavorare sui dettagli senza stravolgere l’impianto. E aumentare il livello delle partite preparatorie internazionali sarà fondamentale per testare davvero la tenuta della squadra.

Conclusione: un’Italia più consapevole, non ancora compiuta
Il Sei Nazioni 2025 ha lasciato in eredità all’Italia una certezza e una domanda. La certezza è che il gruppo c’è, è cresciuto tecnicamente e mentalmente, e ha ritrovato un’identità competitiva. La domanda è se questa crescita sia sufficiente per affrontare un Mondiale che non fa sconti.
La strada imboccata da Roselli è chiara: un rugby più ambizioso, più coraggioso, più centrato sulla capacità delle giocatrici di leggere e interpretare il gioco. Non sempre è bastato, ma spesso ha fatto la differenza. Il quarto posto nel Sei Nazioni è una base di partenza, non un punto di arrivo. Servirà continuità, e soprattutto dovrà salire il livello della competizione nella preparazione estiva. Perché a settembre si vola in Inghilterra, e lì ogni errore si paga. Ma ci si arriva con qualcosa che mancava da tempo: la sensazione, finalmente, di poter giocare alla pari.