Svegliarsi presto in un giorno festivo è sempre difficilissimo, ma questa volta la forza di alzarmi mi è stata data dalla smania di arrivare al casello di Parma per partire per una nuova avventura transalpina. Per una zingarata come questa servono poche cose: un mezzo di trasporto che ci porti là, un letto in cui dormire, qualche euro per mangiare. Ah, e ovviamente, un gruppo di amici. Nicola arriva col suo placido camper, perfetta soluzione per trasporto e giaciglio, accompagnato dai fidati Pietro ed Edoardo. La compagnia si è riunita, ancora una volta, per un altro viaggio ovale.

Prima tappa: Parma – Grenoble
Ci muoviamo in direzione nord-ovest, verso il traforo del Frejus. Le ore corrono veloci come i tratti bianchi delle strisce in autostrada, interrotte solo da una pausa colazione in autogrill. L’atmosfera è rilassata, la musica esce distrattamente da una piccola cassa bluetooth, e tutti stiamo segretamente aspettando con ansia il primo momento in cui qualcosa andrà storto.
Ma perché un gruppo di quattro italiani dovrebbe prendere un camper per andare in Francia durante un ponte festivo? Se si è malati di rugby come noi, la risposta è scontata.
La Francia non offre solo bei paesaggi, formaggi e vino: è anche uno dei paesi più “ovali” al mondo. Parliamo di 361.704 tesserati nel 2024, numeri che fanno impallidire quelli italiani, che non riescono ad arrivare a 70.000 unità.
Oltre al numero di tesserati, la Francia ha anche il campionato di rugby più ricco al mondo (il Top14, che nella stagione 2024/25 ha totalizzato un budget complessivo di oltre 470 milioni di euro, in cui singoli club hanno a disposizione più risorse dell’intera Federazione Italiana Rugby. Il rugby in Francia è seguitissimo, con quasi 2,8 milioni di spettatori presenti allo stadio nella stagione 2023/24. In Francia anche la seconda serie, il ProD2, è interamente professionale e con un grande seguito di pubblico, e così è anche per la terza divisione. Insomma, un vero paradiso per un gruppo di appassionati di rugby, che erano curiosi di vedere come questo sport possa essere vissuto al massimo della propria espressione.

Per questo abbiamo programmato un viaggio in due tappe: la prima destinazione sarà Grenoble, per la partita di ProD2 tra Grenoble e Oyonnax; mentre la seconda sarà Clermont-Ferrand, per Clermont-Lyon, un derby molto caldo di Top14.
Per giungere a Grenoble dobbiamo prima attraversare le Alpi, però, non prima di avere imboccato una strada troppo stretta per il nostro camper, e di aver sentito il povero Nicola alla guida maledire ogni santo del calendario mentre tentava azzardate manovre millimetriche. Dopo un sostanzioso pasto in una trattoria alpina, troviamo la strada per il Frejus e Grenoble.
Grenoble: i legami con l’Italia e la partita contro Oyonnax
Giunti nella città francese, dopo aver parcheggiato il nostro fedele destriero nel camping che ci farà da riparo questa notte, ci muoviamo verso lo Stade des Alpes, impazienti di sederci a vedere la partita. Nonostante Grenoble sia una città con una forte presenza italiana (il 25% degli abitanti sono di origine nostrana), non ci saremmo aspettati di trovare sul tram in direzione dello stadio un gruppo di ragazzi modenesi in tenuta rugbistica. Scopriamo così che la società aveva organizzato un viaggio per la loro U16 proprio a Grenoble, dove i ragazzi si sarebbero potuti allenare e confrontare contro i pari età francesi. Spesso i club italiani, quando hanno la possibilità di far fare dei viaggi all’estero alle proprie squadre giovanili, scelgono la Francia, sia per una maggior vicinanza geografica, sia per l’enorme qualità diffusa delle strutture sportive dedicate al rugby. Società come Tolosa, Perpignan, Tolone e molte altre di Top14 e ProD2 spesso hanno contatti diretti con le società italiane, e organizzano questi scambi che, oltre ad aumentare la connessione tra le due nazioni ovali, lascia anche ai ragazzi che partecipano memorie indelebili che porteranno con sé per sempre.
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Allo Stade des Alpes ci accoglie una vera folla di persone. Sapevamo che ci sarebbe stata gente, ma non pensavamo così tanta per una partita di regular season nella seconda serie nazionale. Lo stadio da ventimila posti è quasi sold-out, e i tifosi riempiono in fretta gli spalti.
A Grenoble il rugby è praticato e seguito da più di un secolo: il club è stato fondato nel 1892, rendendolo uno dei club più antichi del paese, e ha militato per buona parte della sua esistenza nella massima divisione francese, vincendo anche due titoli nazionali. La storia del club è anche legata a due figure di massima importanza per il rugby italiano: Sergio Lanfranchi, bandiera del rugby italiano e storico giocatore del Grenoble degli anni ‘50, a cui è stato intitolato lo stadio delle Zebre a Parma; e la stella azzurra Ange Capuozzo, che ha mosso qui i suoi primi passi da professionista sportivo prima di approdare nella corazzata di Tolosa.
Grenoble è cara ai rugbisti italiani anche per una partita in particolare: nel 1997 si tenne proprio qui la finale della coppa FIRA (la competizione di rugby europeo tra nazionali non presenti nell’allora 5 Nazioni), tra Italia e Francia. In quegli anni infatti l’Italia sgomitava per essere accettata tra le “grandi” dell’europa ovale, reclamando un posto nel 5 Nazioni. La Francia, invece, usava la coppa FIRA per sviluppare giovani prospetti e allargare la base dei propri giocatori internazionali. In questo panorama, la Francia si presentò con la squadra migliore che potesse schierare, riconoscendo il match come “ufficiale” e non come un test per una seconda selezione. Questa Francia aveva vinto una settimana prima il 5 Nazioni con tanto di Grande Slam, arrivando quindi a giocare la partita di Grenoble da super-favorita. Nonostante i pronostici, gli Azzurri si imposero per 40-32, ottenendo non solo la prima vittoria contro la massima selezione francese, ma anche un titolo sportivo che sarà fondamentale per l’ingresso dell’Italia nel Sei Nazioni tre anni più tardi.
Ma torniamo ai giorni nostri. La partita nello stadio gremito giunge al termine con la vittoria di Grenoble dopo 80 minuti emozionanti e divertenti. Il resto della serata si perde tra alcol, tacos improbabili e chiacchiere da bar sui massimi sistemi. Non avrei voluto nulla di meglio.

Seconda tappa: Grenoble – Clermont-Ferrand
La mattina successiva è dedicata a raggiungere Clermont per la partita di grido tra la squadra di casa e Lione. Arriviamo con un buon anticipo e ci dirigiamo allo stadio, notando subito l’atmosfera elettrica attorno a questo evento. Passeggiando per il centro storico della cittadina, risulta evidente il suo legame con la palla ovale: insegne, cartelloni e nomi di locali sono spesso legati alla squadra di casa. Lo stadio sorge proprio a fianco degli impianti della Michelin, la marca di pneumatici. Questa nasce proprio qui, a Clermont, e il figlio del fondatore ha realizzato i campi sportivi vicino alla fabbrica per dare un dopo-lavoro ai propri operai. È proprio così che nasce la squadra di Clermont o, per meglio dire, l’Association Sportive Montferrandaise Clermont Auvergne (abbreviata in ASM Clermont, o tradizionalmente Montferrand), nel 1911. La squadra ha da sempre rappresentato un’eccellenza del rugby francese, competendo ai massimi livelli sin dall’inizio della sua storia. Nonostante la caparbietà, la squadra per ben 10 volte arrivò alla finale per il titolo nazionale, perdendo. La maledizione si interruppe nel 2010, nel centesimo anniversario della società, quando Clermont riuscì finalmente a conquistare il Bouclier de Brennus. L’evento fu così significativo che il club commissionò una statua da collocare di fronte all’ingresso del proprio stadio per commemorare la vittoria.
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La partita: ASM Clermont vs Lyon Olympique Universitaire
La partita a cui stavamo per assistere era straordinariamente importante sia per la squadra gialloblu che per i rossoneri. L’accesso ai playoff è infatti conteso proprio tra questi e il Lione, grande rivale anche per la vicinanza geografica tra le due città, insomma un vero e proprio derby. Lo spirito dei tifosi è più che gioviale: già dai parcheggi ci accolgono gruppi di persone intente a imbandire tavoli di cibo e vino, per un riscaldamento degno di questo nome prima di entrare nell’arena.
Giunti ai cancelli dell’imponente stadio Marcel-Michelin, ci accoglie il nostro Virgilio di giornata, la gioviale Pauline. La responsabile comunicazione di Clermont ci presenta le strutture e l’organizzazione dello stadio, facendoci subito sentire a casa. L’edificio è impressionante: un vero e proprio tempio del rugby, con tanto di museo, area giochi per i bambini, negozio di merchandise ufficiale, area DJ e ogni tipo di fast food da stadio. Nell’aria c’è una vera sensazione di festa, i tifosi di entrambe le squadre chiacchierano insieme, ridono, c’è una banda che suona e un biliardino aperto a chiunque. Mano a mano che ci avviciniamo all’inizio della partita, la folla aumenta, rendendo difficile spostarsi da un punto a un altro. A bordo campo scorgiamo un volto segnato dal tempo, ma ben conosciuto: Aurélien Rougerie, ex capitano della nazionale francese e bandiera di Clermont, ritirato da diversi anni, ci sorride e accetta di fare una foto ricordo. Sia lo staff che i tifosi sono molto cordiali con noi, ci sentiamo davvero accolti e immersi nell’aria di festa, nonostante la concentrazione del personale coinvolto sia massima.
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Ci rechiamo all’ingresso per l’arrivo dei giocatori, che per tradizione entrano allo stadio a piedi dal cancello principale. Qua si è radunata una vera e propria folla, in molti alzano sciarpe e bandiere gialloblu, la mascotte della squadra (un giocatore di pezza con un elmo cornuto) saluta e abbraccia i tifosi. A un tratto, un uomo che si è arrampicato su un bidone dei rifiuti accende i fumogeni: stanno arrivando. La folla si stringe attorno ai loro beniamini, che regalano pochi sorrisi e attenzioni al pubblico, completamente concentrati sulla partita che devono giocare. Non c’è tempo per saluti, autografi o altro: quello arriverà dopo. La squadra va dritta negli spogliatoi per l’ultimo riscaldamento prima della partita, e ne approfittiamo per raggiungere i nostri posti in tribuna.
L’atmosfera è sempre più intensa, con i tifosi che riempiono lo stadio con quasi 20.000 persone. Ancora prima del fischio d’inizio, i cori invadono il campo da gioco, accompagnati da tamburi e da mille bandiere gialle e blu. Ici, ici, c’est Montferrand! cantano a più riprese, facendo tremare le tribune. La partita è davvero pirotecnica (anche letteralmente, con fuochi d’artificio a ogni meta), con in campo campioni francesi, sudamericani, isolani e da tutto il mondo ovale, tra cui Semi Radradra, Tomas Lavanini e Benjamin Urdapilleta. Il pubblico è roboante e segue attento la partita, sottolineando [come?] ogni momento saliente, esortando i propri beniamini. La partita finisce a favore della squadra di casa con il punteggio di 39-31, con una pioggia di mete per il piacere dei tifosi presenti.
Post-partita e ritorno a casa
Finito il match, la gente riprende le cose dove le aveva lasciate, tra risate e galette-saucisse (una crepes salata che avvolge una salsiccia, condita con formaggi e guarnizioni varie), quasi come se la partita sia stato un gradito intermezzo a qualcosa di più grande, a una intera giornata di festa. Nonostante la partita accesa, i tifosi di entrambe le squadre danno fondo alle birre e ai canti, senza dare spazio a musi lunghi o a rabbia sportiva.
Lasciamo lo stadio per intraprendere la lunga via del ritorno. Mentre fermiamo il camper in un autogrill, per dormire qualche ora prima di ripartire, penso alle due giornate di puro rugby appena passate. A volte si è portati a pensare che il rugby sia fatto dai grandi giocatori, quelli che vediamo in televisione al 6 Nazioni o al Mondiale, quando invece è l’esatto contrario. Il rugby è uno sport che permea il tessuto culturale della società come delle radici di un albero nella terra. Ogni piccolo club, ogni bambino che corre con un pallone troppo grande in mano, ogni mamma che lava per l’ennesima volta i vestiti incrostati di fango, ogni papà che mette una mano sulla spalla al figlio dopo una sconfitta dolorosa, ognuna di queste cose è il sostegno del rugby. Andando a vedere il rugby in Francia, l’aspetto che emerge di più è la pervasività di questo sport nella vita dei tifosi, la connessione tra giovanissimi e prima squadra, l’eredità culturale e sportiva che ogni club coltiva e con la quale fa crescere giocatori e seguaci appassionati. Le partite e le grandi stelle di questo sport, che in Francia pullulano, sono solo l’apice diamantino di una piramide con una base molto larga e solida, fatta di festa, impegno e collettività. Chiaramente, tutto questo è sostenuto da un vasto tessuto economico che sostiene il rugby in un modo impensabile in Italia, ma questa è una conseguenza dell’importanza che la popolazione dà alla palla ovale. Clermont-Ferrand è una città delle dimensioni di Cagliari, molto più piccola delle grandi metropoli europee, ma questo non le impedisce di essere un cuore pulsante del rugby, con budget plurimilionari e un palmares di tutto rispetto.
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Il camper arranca stanco nella pianura padana. L’occhio, ormai abituato in terra francese, si stupisce quasi di vedere di nuovo campi pieni di porte rettangolari e non di pali ad H. Dopo avere salutato i miei compagni di avventura, mi trascino verso casa, il peso del viaggio che arriva tutto di colpo. È un peso leggero, di quelli che porti volentieri, come quando spingi sulle gambe con un avversario attaccato alla vita per guadagnare gli ultimi metri per segnare la meta.