Questo articolo è una traduzione con aggiunte dalla sua versione in inglese, sempre scritta da noi.

La produzione di giovani talenti di alto livello nel movimento rugbistico italiano è da tempo in mano a una singola accademia nazionale che raduna annualmente i migliori atleti tramite invito. Recentemente, il gettito di giocatori all’apparenza pronti per il professionismo sembra essere aumentato e se ne sono accorti in molti, con un’Italia U20 che performa bene nel Sei Nazioni di categoria e che è persino riuscita a battere l’Inghilterra U20 nell’ultimo incontro. Giocatori come Michele Lamaro, Paolo Garbisi, Tommaso Menoncello e Leonardo Marin sono solo alcuni dei molti giocatori che stanno già vestendo la maglia della nazionale maggiore ad una giovane età, segno che il sistema formativo che li ha prodotti sta lavorando bene e dando risultati dopo anni di investimenti. Tuttavia, in un recente annuncio (17/02/2022), il presidente della FIR Marzio Innocenti ha dichiarato che ci sarà una riforma generale del sistema delle accademie che punta ad aumentare il coinvolgimento dei club nella formazione dei giovani talenti nostrani. Questo ha sollevato alcune preoccupazioni: perché toccare un sistema che sta finalmente iniziando a ingranare? Uno dei dubbi principali su questa riforma è se i club siano effettivamente capaci di formare i giovani atleti allo stesso livello di un’accademia FIR dedicata solo a questo scopo. Secondo il presidente Innocenti, la riforma permetterà alla FIR di risparmiare notevoli somme di denaro che verranno reinvestite nella formazione a livello di club. Su questo il pubblico si divide: gli ottimisti pensano che questa riforma porterà nei club la conoscenza acquisita in molti anni di accademie federali, spingendo in avanti il nostro rugby di base, mentre i pessimisti la considerano una riforma rischiosa che potrebbe cancellare i progressi raggiunti dopo anni di fatiche.

Il documentario sull’accademia FIR rilasciato nel 2016. Li riconoscete tutti?

Uno sguardo alla attuale struttura delle accademie

La struttura del sistema-accademie in vigore fino ad oggi è stata impostata nel 2006. Prevede quattro centri di formazione permanente (CDFP) e un’accademia nazionale partecipante al campionato italiano di Serie A, ossia la seconda serie. I CDFP sono connessi con le scuole superiori del loro territorio, così da permettere agli atleti selezionati di continuare gli studi mentre si allenano. Ad oggi (2022) i CDFP si trovano a Roma, Milano, Prato e Treviso. L’idea dietro i CDFP era di offrire il massimo livello di educazione “rugbistica” a una ristretta elite di atleti selezionati in età adolescenziale che avessero mostrato un sostanziale talento. Ogni anno viene stilata una lista di giovani giocatori che vengono poi invitati a unirsi a un CDFP. Gli atleti più promettenti e che mostrano il maggior sviluppo nella permanenza in un CDFP vengono poi invitati dall’accademia nazionale FIR. Sebbene nel 2016 il sistema sia stato ritenuto un successo, ci è voluto più del previsto perché ingranasse. Nei suoi 16 anni di esistenza, però, l’accademia FIR è diventata un rito di passaggio per tutti i giocatori di interesse nazionale dandogli un ambiente strutturato dove accrescere il proprio talento lontani da inutili pressioni esterne, nonché costantemente monitorati da uno staff di alto livello. Questo sistema era un tentativo di riprodurre un ambiente simile a quello di una scuola inglese, dove gli atleti più promettenti possono cesellare le loro doti sportive rimanendo però adolescenti a tutti gli effetti, cioè andando a scuola e prendendo un titolo di studio. Stando a molti degli atleti transitati per questo sistema, l’accademia FIR gli ha insegnato bene le vie di un atleta professionista: l’importanza del duro lavoro quotidiano, l’attenzione ai dettagli, e lo sviluppo di un piano per la propria carriera sportiva e oltre. Coloro che temono la nuova riforma temono infatti che essa possa sottrarre questa possibilità ai futuri talenti. Secondo il presidente FIR Innocenti, però, la riforma non cambierà tutto ma solo alcuni aspetti chiave del percorso di crescita degli atleti.

Una foto di gruppo all’accademia FIR (ca. 2012).

La novità: coinvolgimento dei clubs e poli di sviluppo

Il problema principale del sistema corrente è stato sempre quello di riuscire a produrre abbastanza giocatori per sostenere un movimento rugbistico in crisi di risultati, come detto dal presidente FIR Innocenti in una conferenza stampa del 2021. Sebbene l’accademia FIR sia capace di produrre ottimi giocatori, si tratta di un numero molto piccolo se rapportato al prodotto annuo delle nazioni europee di Tier 1. La nuova riforma ha infatti l’intento di allargare il pool di talenti selezionabili sia allo stadio di CDFP che a quello dell’accademia. In primis, la riforma prevede la chiusura di due dei quattro CDFP (Treviso e Prato) e la contestuale apertura di dieci poli di sviluppo distribuiti sul territorio nazionale. Questi poli di sviluppo saranno connessi con la loro scena rugbistica locale, raggruppando fino a 10 atleti di interesse per club. Gli atleti selezionati continueranno a giocare per il loro club ma avranno anche allenamenti extra da effettuarsi al polo di sviluppo in maniera congiunta. In questo modo i giovani atleti non verranno rimossi dalle loro famiglie e dal loro sistema di supporto emotivo (amici, partner) prima di compiere 18 anni. Inoltre, in questo modo verrà allargata la base della piramide da cui pescare potenziali talenti con un futuro nel rugby. Un esempio viene offerto dall’accademia di Marca annunciata pochi giorni fa per rimpiazzare il CDFP di Treviso che verrà chiuso dalla riforma. L’accademia radunerà i migliori giocatori di 18 clubs del territorio, dandogli la possibilità di allenarsi nelle strutture dell’accademia dal Lunedì al Giovedì, per poi rientrare nei loro clubs per il fine settimana. Stando alle parole di Antonio Pavanello, “l’obiettivo è quello di creare in Ghirada un centro territoriale che possa consentire tanto ai giovani giocatori, quanto allo staff tecnico e sanitario di stare a contatto con l’alto livello per migliorare dal punto di vista tecnico, fisico e psicologico”. In più di 15 anni di sistema-accademie si sono imparate molte cose e potrebbe essere arrivato il momento, secondo molti, di riportare questo sapere acquisito ai club e ai loro allenatori, molti dei quali faticano ad adeguarsi agli standard del professionismo. Come detto dal presidente FIR Innocenti, questa mossa nasce con l’intento di portare nel rugby di base quanto appreso con le accademie e i CDFP, per aiutarlo a crescere assieme alla cima della piramide.

Un’immagine dalla vittoria in trasferta ottenuta dall’Italia U18 ai danni dell’Inghilterra U18 nel 2021. Alcuni di questi giocatori batteranno l’Inghilterra di nuovo in U20 nel Febbraio 2022 durante il Sei Nazioni di categoria in un risultato storico.

Due accademie legate alle franchigie

L’accademia FIR per come è adesso si concentra nello sviluppare al massimo il talento di un ristretto numero di giocatori. Questa strategia non ha prodotto un sufficiente numero di giocatori di livello tale da alzare l’asticella dell’intero movimento. La nuova riforma vedrà l’apertura di una nuova accademia legata al Benetton Treviso, e lo spostamento di quella attualmente a Parma sotto il controllo delle Zebre Rugby. Questa decisione è arrivata dopo aver visto negli anni quanto bene abbia fatto a certi giocatori allenarsi quotidianamente in un contesto totalmente professionistico. Confrontandosi con le altre cinque del Sei Nazioni, la situazione in Italia in termini di coinvolgimento dei giovani in una squadra professionistica è arretrata. In Inghilterra il 75% dei giocatori della stessa fascia di età dei nostri atleti dell’accademia è già coinvolto in una squadra professionistica. In Francia la cifra si attesta attorno al 45%, mentre in Italia solo al 5% (fonte: OnRugby). Nella nuova riforma, i giocatori che entrano nelle accademie delle franchigie avranno un contratto nazionale FIR della durata di tre anni, qualcosa che già esiste nel sistema federale corrente. Si alleneranno fianco a fianco con gli atleti professionisti della prima squadra, giocheranno minuti importanti in URC, e più regolarmente nel campionato domestico con una formula simile a quella del permit player ad oggi in vigore, ma ribaltandone la direzione: invece di avere un giovane legato ad un club di Top10 che viene convocato da una franchigia per una partita, il giocatore fa parte a tutti gli effetti dell’academy della franchigia e viene dato al club di Top10 per delle partite. La natura di questa associazione fra franchigie URC e club di Top10 non è, tuttavia, ancora stata chiarita dalla federazione.

Tommaso Menoncello (nato a Treviso, 2002), il talento più chiacchierato dell’ultima tornata di atleti di interesse nazionale. Ha segnato una meta sia al suo debutto in URC che al suo debutto al Sei Nazioni.

Il nuovo flusso del talento

Questa riforma ristruttura profondamente il flusso del talento fra i 16 e i 20 anni di età. Al momento, un giocatore talentuoso viene invitato ad unirsi a un CDFP, portandolo distante da casa e costringendolo a scambiare gli affetti personali per una migliore educazione sportiva. Non a tutti gli adolescenti questo sembra allettante, in quanto a quell’età non si è necessariamente consapevoli dei costi e dei benefici di alcune scelte. La nuova riforma mira infatti a lasciare i giocatori nel loro “sistema di supporto” (sia emotivo che formativo) fino ai 18 anni di età, lavorando sulle loro abilità e il loro potenziale nel club di appartenenza e nel corrispondente polo di sviluppo territoriale. Se fatto bene, questo potrebbe allargare significativamente la base di giocatori che, all’età di 16 anni, rimane coinvolta nel rugby invece di uscirne per mancanza di stimoli o di possibilità. In più, il fatto di lasciare aperti i CDFP di Roma e Milano garantisce una certa continuità al sistema corrente e uno sbocco potenziale per atleti promettenti di zone non ricche di club, o il cui polo di sviluppo si trova comunque molto distante. Come mostrato in un nostro precedente articolo, infatti, il nostro movimento rugbistico perde tanto talento attorno ai 14 anni e attorno ai 20 anni di età. Compiuti 18 anni e con un titolo di studio in mano, sarà per loro possibile unirsi alle accademi di Benetton e Zebre continuando a inseguire il sogno di diventare un giorno dei giocatori professionisti. Ci sono, però, alcuni importanti fattori di rischio associati. In primis, questi benefici non si vedranno prima di 5-6 anni da adesso, quando il sistema si sarà oliato e i primi giocatori raccolti a 16 anni dai poli di sviluppo saranno diventati professionisti. In secondo luogo, il successo di questa riforma dipenderà notevolmente dalla qualità con cui saranno portate a termine le misure previste. Fare una semplice operazione di facciata non servirebbe a nulla, assegnando dei luoghi ai poli di sviluppo e selezionando un paio di allenatori. Serve pianificazione, servono investimenti, servono allenatori stranieri e idee diverse da portare dentro il nostro movimento, servono sessioni formative anche per gli allenatori e non solo per i giocatori, se si vuole che tutto questo funzioni. Se ci sarà questo tipo di dedizione da parte della FIR, potremmo aver trovato una soluzione ad almeno alcuni dei problemi che ci hanno colpito in questa decade di scarsi risultati.

Autore

  • Matteo Schiavinato

    Sono laureato in Biologia Molecolare a Padova, ho un Dottorato in Bioinformatica a Vienna, lavoro in Università a Barcellona e mi chiedo tutti i giorni se non dovevo fare l'ISEF quella volta e studiare sport. Nel tempo libero dal lavoro mi vesto di biancoverde, conduco il podcast "Leoni Fuori", scrivo articoli sul rugby, suono vari strumenti musicali e scrivo di film d'azione.

4 pensieri riguardo “Riforma delle accademie: un rischio o una chance?

  1. Non fa una grinza! Analisi attenta e precisa. Io sono per quanto propone Marzio. Ho avuto (sono docente di ed fisica) allievi che erano nell’accademia di Prato, che hanno avuto un flop rugbistico e scolastico. Per cui questa variazione fel movimento è molto utile. Grazie

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